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Abolizione del valore locativo: una riforma equa

13 settembre 2025
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La riforma in votazione il 28 settembre migliora l’equità fiscale e la parità di trattamento di chi vive in un’abitazione propria e degli inquilini. I proprietari non potranno più dedurre né gli interessi ipotecari, né le spese di manutenzione. Oggi lo possono ed è un privilegio: perché gli inquilini pagano anch’essi interessi e spese, inclusi nella pigione, ma questa non è fiscalmente deducibile.

Oggi questa ingiustizia è corretta tramite il marchingegno del “valore locativo”: per neutralizzare le deduzioni concesse solo ai proprietari viene aggiunto al loro reddito l’importo della pigione che pagherebbero se dovessero prendere in affitto la loro abitazione. Il sistema ha la sua logica. Il valore locativo è considerato un “reddito in natura”: godimento della casa senza pagare affitti; interessi e costi di manutenzione sono “spese per il conseguimento del reddito” deducibili come lo sono quelle per conseguire altri redditi.

Tutto bene quindi? Non proprio, perché la legge tributaria computa il valore di quel reddito in natura solo per il 60-70%. Gli inquilini pagano dunque più imposte dei proprietari con redditi e sostanza equivalenti: perché il reddito in danaro della loro sostanza (non investita nell’abitazione) è tassato interamente mentre quello “in natura” dei proprietari lo è solo parzialmente. La situazione attuale è poi inutilmente complicata: per ottenere una parità di trattamento incompleta fra inquilini e proprietari si computa per costoro un reddito difficile da capire e da quantificare (il valore locativo), mentre basterebbe non autorizzare le deduzioni non concesse agli inquilini.

È ciò che fa la riforma in votazione: cancella il valore locativo e sopprime le deduzioni. È vero, nella riforma rimane un vantaggio per certi proprietari, ma solo temporaneo: chi investe nell’abitazione primaria beneficia per dieci anni di una deduzione limitata degli interessi sul debito. È un incoraggiamento all’accesso alla proprietà. Può piacere o meno, ma è un obiettivo iscritto nella Costituzione federale. Certo, il proprietario che prima di costruirsi la casa otteneva dai suoi capitali interessi o dividendi su cui pagava imposte, oggi ne paga meno perché ha venduto i suoi titoli per investire nella casa. Ma anche se li avesse liquidati per acquistare auto di lusso e yacht pagherebbe ora meno imposte.

Per finire: la riforma merita sostegno perché migliora l’equità fiscale. Spiace che il Ps, che ha contribuito a quel buon risultato, la combatta ora perché comporterà una modesta riduzione del gettito fiscale di Confederazione, Cantoni e Comuni: 1,8 miliardi su 210, meno dell’1 per cento.