Non è sempre facile capire il presente e il mondo politico come l’agire di chi governa i grandi Paesi. Sembra di assistere sempre più a protagonismi e a decisioni che fanno scivolare la democrazia e le sue leggi in sentieri che sminuiscono quanto è stato costruito con le lotte e le rivoluzioni popolari contro i poteri assoluti. Si riportano indietro le lancette della storia.
L’arrocco dei due consiglieri leghisti non ha solo il sapore di autoritarismo ma, quello che appare grave, di disprezzo per le istituzioni. Si iscrive nella scia che vede scomparire il diritto e privatizza la politica.
Scivola nell’arroganza che non ha più limiti o che cerca di superare i limiti. Ignora le regole della nostra realtà politica dove non vi è una maggioranza che governa ma la ricerca di un consenso.
Ma quello che appare ancora più grave, oltre alla modalità, sono gli argomenti che vengono portati a giustificazione della scelta: una pennellata di “interesse per il Ticino” che porta mancanza di rispetto per le cittadine e i cittadini.
La prepotenza dei due consiglieri leghisti, oltre che a essere fedeli al neo-liberismo al quale il Ticino non sfugge, rappresenta un bruttissimo segnale che fa pensare alla privatizzazione della politica, intesa come personale o di partito.
Si perdonano una bambina o un bambino che hanno rubato la marmellata ma non si può certo tacere di fronte a una simile sfrontatezza di un consigliere di Stato capo del Dipartimento Istituzioni!