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Svizzera: un modello solo sulla carta

La Svizzera è da anni presentata come esempio nella tutela dell’infanzia. Eppure, la realtà sul campo racconta un’altra storia. Lo ha rilevato anche il Comitato Onu per i Diritti del Fanciullo nel suo ultimo rapporto, denunciando gravi lacune nella formazione dei professionisti, nella qualità delle perizie psicogiuridiche, e nella protezione effettiva dei minori. Nonostante ciò, la narrazione ufficiale non cambia. Ne è prova il recente Mooc federale, lanciato nel 2025 con il sostegno delle autorità: un corso che dipinge la Svizzera come un “modello” nell’attuazione della Convenzione Onu sui Diritti dell’Infanzia (Crc). Ma il contrasto tra immagine e realtà è ormai insostenibile. Operatori privi di strumenti psicologici, medici ed educativi adeguati. Bambini inascoltati, o ascoltati da chi non è formato per comprenderli. Genitori che denunciano violenze o negligenze, delegittimati. Istituzioni chiuse in automatismi procedurali che diventano copertura sistemica. Serve un cambio di rotta. I minori non sono solo oggetto di protezione: sono titolari di diritti, come stabilito dalla Crc. Un sistema che non riconosce questo principio non è solo inadeguato: è obsoleto. Occorre ripensare le fondamenta. Ispirarsi a modelli come Inspire (Oms-Unicef). Costruire una giustizia davvero a misura di minore, che metta al centro ascolto, competenza e trasparenza. La neutralità svizzera non può più essere un alibi per chiudere gli occhi su ciò che accade all’interno dei propri confini. I bambini non possono più aspettare.