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Lo spot di Swisscom che svaluta gli artisti

La nuova campagna pubblicitaria di Swisscom, “La principessa mostro”, ha suscitato in me un grande disappunto. Lo spot vuole emozionare, presentando l’IA come uno strumento al servizio della fantasia. Ma dietro la patina commovente, il messaggio che trasmette è profondamente sbagliato per l’etica e per il lavoro creativo. Nel video il padre non crea nulla: parte da uno spunto e delega totalmente alla macchina di dare voce a un racconto per soddisfare la figlia. Il padre non scrive, non disegna, non inventa nulla: si limita a premere un tasto. Implicitamente lo spot disprezza chi crea per mestiere. Scrittori, illustratori e narratori vengono sostituiti da un algoritmo.

Doverosa è anche una riflessione sulla violazione del diritto d’autore. Le intelligenze artificiali vengono addestrate su database che contengono opere di autori senza consenso né compenso. La macchina che illustra la storia per la bambina ha “imparato” da disegnatori reali, i cui stili sono stati assorbiti, analizzati e riprodotti senza alcun riconoscimento. È un furto culturale travestito da progresso.
Lo spot, invece di spiegare questi meccanismi e le relative implicazioni sociali, presenta l’IA come un innocuo giocattolo. Ma la creatività umana è esperienza, emozione e relazione: nessuna IA potrà mai sostituirla.

Forse, se Swisscom avesse chiesto all’IA un parere critico sullo spot, prima di realizzarlo, essa avrebbe detto che il messaggio non era per nulla etico nei confronti della categoria dei creativi… oppure come spesso succede, quando interpellata, l’avrebbe lodata per la genialità. Chi può dare un’opinione irreprensibile: un umano con esperienza e senso critico o una macchina?