Pro Infirmis sta conducendo un progetto per meglio coordinare i soggiorni per persone con disabilità e favorirne la sopravvivenza. Sabato giornata studio
Si tratta, per coloro che ne prendono parte, di preziose occasioni per vivere momenti di benessere, socialità e scoperta; per sperimentare relazioni, ruoli, responsabilità e appartenenze; per acquisire competenze e autonomia. Sono tutto questo e molto di più le esperienze di vacanza per persone con disabilità. Sono uno sgravio per i familiari curanti, spesso mamma e papà. Sono un contributo alla costruzione di una società più inclusiva. Esperienze spesso invisibili eppure essenziali, ma sempre più difficili da proporre e garantire per varie ragioni. È partendo da queste constatazioni che Pro Infirmis Ticino, sotto mandato della Divisione dell’azione sociale e delle famiglie del Dipartimento sanità e socialità (Dss), sta svolgendo un progetto sul tema finalizzato a meglio capire come è oggi organizzato il settore nel nostro cantone e per favorire dei miglioramenti soprattutto a livello di coordinamento.
«Il progetto è nato un anno e mezzo fa con l’intento di conoscere meglio la situazione delle colonie integrate, quelle rivolte contemporaneamente a bambini con e senza disabilità, per poi estendersi in generale alle esperienze di vacanza per persone con disabilità», spiega Michela Luraschi, collaboratrice di Pro Infirmis. Come accennato, varie sono le ragioni per cui è sempre più difficile garantire queste offerte: «Sono ragioni organizzative, relative alla sicurezza e ad alcune competenze educative o infermieristiche necessarie per accompagnare determinati gruppi o persone che hanno bisogno di sostegni più importanti, economiche, legate alla ricerca sempre più difficile dei volontari, e alla grande frammentazione del settore – specifica Luraschi –. Una frammentazione che è anche finanziaria per via delle varie leggi che regolano questo aspetto: quella giovani e quella colonie, quella sull’integrazione degli invalidi, quella sull’assistenza e cure a domicilio. Per giunta è un finanziamento che non copre tutti i costi e soprattutto non copre il coordinamento degli enti che organizzano queste attività». Lo scopo è insomma di provare a vedere se esistano dei modi per rendere il settore più fluido e semplice, e per assicurarne l’esistenza, «perché ci si rende conto che sta affrontando un periodo di crisi per i diversi motivi elencati», commenta Luraschi.
Concretamente, il progetto prevede varie fasi. «Siamo partiti con una mappatura per rilevare quali e quante sono le offerte che rispondono a una serie di caratteristiche che abbiamo identificato all’inizio del progetto. Vale a dire – illustra la responsabile di Pro Infirmis –: esperienze destinate a persone con disabilità riconosciute e sussidiate dall’ente pubblico, con attività chiaramente di inclusione, di svago, di sgravio e comunitarie, organizzate durante un periodo di vacanza, accompagnate prevalentemente da persone non professioniste, cioè volontari, e con una dimensione educativa». Con questi criteri nel 2023 sono state repertoriate 53 esperienze di vacanza proposte per persone con disabilità, suddivise in centri estivi diurni, colonie residenziali e campi residenziali. Alcune sono rivolte unicamente a persone con disabilità, altre sono invece integrate. Sempre nel 2023 le persone coinvolte sono state circa 1’400; hanno preso parte a questo tipo di proposte 549 persone con disabilità, divise in 245 minorenni e 304 maggiorenni, e 191 minorenni normodotati, accompagnati da 702 volontari.
Un altro compito previsto dal mandato assunto da Pro Infirmis è quello di raccogliere la voce di tutti gli attori del settore coinvolti. «Lo abbiamo fatto attraverso modi diversi – dice Luraschi –, con questionari o interviste dirette, dialogando con l’utenza con disabilità, con i minorenni senza disabilità, con le famiglie, con gli enti organizzatori, e pure con gli istituti, perché anche loro sono parte in causa in quanto diverse persone loro ospiti partecipano a questo tipo di proposte che hanno anche proprio l’intento di offrire un contesto di vita diverso, esterno alla quotidianità istituzionale, almeno per una settimana all’anno».
Del progetto fa parte anche una giornata di studio in agenda sabato prossimo, 10 maggio, intitolata “Esperienze di vacanza e qualità di vita. Le vacanze per e con persone con disabilità: un laboratorio di cittadinanza attiva”. L’evento –che avrà luogo a Spazio Aperto a Bellinzona dalle 9.30 alle 16 ed è rivolto a operatrici e operatori del settore, volontari, enti organizzatori di soggiorni e a tutte le persone interessate a promuovere l’inclusione anche nel tempo libero – nasce dalla volontà di riconoscere e valorizzare il settore e di riflettere sull’impatto che le esperienze di vacanza possono avere su tutte le persone coinvolte.
Alla giornata interverranno Paolo Bernasconi (Cemea), che aiuterà a ripercorrere il significato e la storia di campi, colonie e soggiorni. Carolina Ferrari-Rossini (Pro Infirmis) offrirà una panoramica sull’attuale offerta di esperienze di vacanza per persone con disabilità in Ticino, mentre il sociologo Sandro Cattacin (Università di Ginevra) metterà in luce il valore delle esperienze condivise come spazi di cittadinanza e inclusione. Donatella Oggier-Fusi (Supsi) affronterà infine il tema della qualità della vita delle persone con disabilità. Nel pomeriggio, la testimonianza personale di Frida Fanciullo offrirà uno sguardo diretto sull’esperienza di vacanza, seguita da lavori a gruppi sui temi del benessere, dell’indipendenza e della partecipazione sociale.
Tornando in modo più dettagliato sull’impatto che queste esperienze di vacanza possono avere sulla qualità di vita, Luraschi tiene a metterne in risalto la loro importanza per i familiari curanti. «Soprattutto quando le persone con disabilità vivono al domicilio, questi momenti di vacanza permettono ai genitori di staccare per un po’ e dedicarsi ad altro: a una loro vacanza, a differenti attività, ad altri familiari. Inoltre dai genitori viene molto apprezzato che il loro figlio o figlia possa avere l’occasione di sperimentare un viaggio o un’esperienza fuori da casa senza di loro, conoscere dinamiche diverse, stare con un nuovo gruppo, che è ciò che succede nella crescita di ogni giovane. Tuttavia questa dinamica per le persone con disabilità, a dipendenza dei bisogni di accompagnamento e del grado di autonomia, non sempre avviene facilmente, per cui simili occasioni sono a maggior ragione fondamentali».
Specularmente, dice Luraschi, «anche per le persone con disabilità si tratta di importanti possibilità per staccarsi dai propri affetti ordinari, per concedersi delle libertà, per sperimentare l’autodeterminazione in un contesto spensierato. Ma pure per prendere coraggio, avere cura di sé, conoscere qualcosa che esula dalla quotidianità. Anche qui va considerato che le occasioni di esperienze diverse dalla routine di tutti i giorni per le persone con disabilità sono molto inferiori rispetto a quelle di una persona con maggiore autonomia. Un altro aspetto è che queste vacanze rispondono anche a quel sentimento un po’ di norma perseguito pure dalle persone con disabilità che desiderano fare quello che fanno gli altri, come andare al mare, in montagna, in piscina, alla sagra di paese. Queste esperienze sono infatti anche molto orientate a creare occasioni di socializzazione e confronto frequentando il contesto in cui si organizza il soggiorno».
Luraschi rileva infine anche il benefico impatto sui volontari e le volontarie che partecipano a queste attività: «A contatto con le diversità imparano ad esempio a riconoscere le difficoltà e potranno seminare in giro i valori legati all’inclusione sociale e al fatto che chiunque ha il diritto di partecipare alla vita collettiva con le proprie peculiarità».
«La prima volta è stato un po’ difficile separarci per una settimana intera da Lisa. Quando ha iniziato ad andare in colonia aveva 7-8 anni e parlava ancora pochissimo, quindi eravamo un po’ in apprensione. Però sentivamo il bisogno che facesse qualcosa di diverso, al di fuori della routine della famiglia e della scuola. E ora, dopo tanti anni, anche se è un’avventura che in parte continua a essere un po’ faticosa ci dispiacerebbe enormemente dover rinunciare a queste esperienze». Lisa ha la sindrome di Down, ora ha 37 anni e queste parole sono di sua mamma Marisa, con cui vive in casa, assieme al papà.
«Da allora abbiamo saltato le colonie o i campi di vacanza forse solo un paio d’anni per qualche problema di salute – racconta la mamma –. A dire il vero per Lisa è sempre stata abbastanza dura affrontare il momento della partenza, ma non abbiamo mai mollato, nella speranza che si abituasse. Dire che si è abituata a partire è forse un po’ eccessivo, però è sempre tornata a casa serena e contenta, e si è sempre molto affezionata a qualche persona di riferimento durante la vacanza».
Un aspetto da tenere in considerazione, rileva Marisa, è che «noi scegliamo liberamente dove e con chi andare in vacanza, invece a persone come mia figlia è qualcosa che viene un po’ imposto. Anche se l’offerta è ampia, non hanno la possibilità di decidere esattamente dove andare, i posti spesso cambiano, come cambiano i monitori e i compagni. Quest’anno però Lisa potrà tornare nel luogo in cui era già stata l’anno scorso, c’era questa possibilità, e ciò la rassicura molto. Difatti è tranquilla, lo nomina spesso, dice che vuole andarci».
Lisa ha frequentato soprattutto colonie unicamente per persone con disabilità, ma in qualche occasione ha partecipato anche a quelle integrate. «Penso – dice Marisa rispetto a queste ultime – che si tratti di un grande valore aggiunto anche per i bambini “normodotati” poter entrare in contatto diretto con un differente modo di vivere. Aiuta a togliere la paura del diverso, una paura comprensibile, perché magari davanti a certe problematiche non si sa come comportarsi. Queste sono sicuramente ottime occasioni per imparare come approcciarsi e relazionarsi adeguatamente».
Quanto agli effetti sui genitori, «per noi – testimonia Marisa – avere una settimana per “tirare il fiato” è sempre stato fondamentale. Sia quando Lisa era una bambina molto vivace. Sia adesso visto che il passare degli anni inizia a farsi sentire. Di giorno lei va al laboratorio della Fondazione Diamante, ma alle cinque del pomeriggio è a casa. Si tratta di un impegno quotidiano, specie ora che i suoi fratelli non sono più a casa, che i nonni sono invecchiati e non ci sono più. Insomma, ben venga questa offerta. Spesso il giorno prima di partire Lisa va in crisi e ne combina di tutti i colori, però una volta che sale sul pulmino sappiamo che sta bene e pure noi riusciamo a rilassarci, talvolta anche a concederci di andare da qualche parte. È solo una settimana durante l’estate – dichiara Marisa –, ma è davvero preziosa».