L’allarme di Acsi per la diffusione di tali metodi di finanziamento: ‘Si perde facilmente il controllo e possono subentrare costi aggiuntivi esorbitanti’
“Compra ora, paga dopo”: è sufficiente digitare su un motore di ricerca online queste quattro parole per rendersi conto di quanto sia ormai diffuso il relativo sistema di pagamento che promette allettanti vantaggi: “Paghi solo ciò che tieni”; “puoi provare la merce a casa in tutta tranquillità”; “semplicissimo”; “zero commissioni, zero interessi”; “per uno shopping in relax”. Tuttavia, al pari della sua crescente popolarità, stanno aumentando i casi in cui si rivela il proverbiale lupo travestito da agnello, anche alle nostre latitudini: «È un sistema ben oliato per adescare il consumatore, indurlo a fare tanti acquisti e fargli perdere il controllo. Dopodiché arrivano le agenzie di incasso col braccio di ferro» commenta Antonella Crüzer, segretaria generale dell’Associazione consumatrici e consumatori della Svizzera italiana (Acsi). Noto anche con la denominazione inglese “Buy now, pay later”, Bnpl è un metodo di finanziamento che permette di acquistare beni o servizi immediatamente e di pagarli in un secondo momento, anche a rate. In pratica il fornitore del servizio di Bnpl anticipa l’intero importo al commerciante, e il cliente rimborsa poi tale importo al fornitore secondo un piano di pagamento concordato. Crüzer manifesta preoccupazione perché «con l’aumento generale delle possibilità di posticipare i propri impegni finanziari derivanti da acquisti di beni e servizi stanno aumentando anche i casi di indebitamento e sovraindebitamento dei consumatori».
Un esempio di nota piattaforma che offre questa possibilità è Zalando, indica Micaela Rossi, responsabile di InfoConsumi, il servizio di consulenza per controversie relative ad acquisti e contratti dell’Acsi: «Dopo aver scelto la merce si può optare per la ricezione della fattura un mese dopo, cliccando sull’accattivante pulsante rosa “paga con Klarna”». Klarna è una società fintech svedese che fornisce servizi finanziari online, nota in special modo per i pagamenti rateizzati post acquisti e per il pagamento Bnpl. Con tali sistemi digitali, annota la consulente, è purtroppo facile che le richieste di pagamento si perdano nello spam della posta elettronica o che vengano dimenticate. «Una signora che sotto le feste ha comprato su internet un cappello da 40 euro, si è ritrovata a febbraio con richieste da parte della società d’incasso per una somma che era già lievitata a 250».
Da qualche tempo a questa parte anche l’utilizzatissima applicazione per pagamenti svizzera Twint ha introdotto la funzione “pagare dopo”. Si tratta di un’offerta proposta in collaborazione con Swissbilling, un marchio di CembraPay Sa. E proprio questa entità terza è all’origine di grande confusione, specifica Rossi: «Swissbilling anticipa i soldi per gli acquisti tacitando il commerciante che ha fornito la merce e 30 giorni dopo nell’app o via e-mail manda al cliente la richiesta di pagamento. Il problema è che spesso il consumatore non sa cosa sia Swissbilling perché l’acquisto lo ha fatto con “Twint pagare dopo”, e così pensa si tratti di un illecito e non versa i soldi dovuti. A questo punto però la fattura prende a gonfiarsi a dismisura a causa degli interessi, delle spese di sollecito, degli oneri aggiuntivi esorbitanti delle ditte di incasso». «Ho seguito un socio che ha comprato i dati per navigare su internet all’estero per 50 franchi, pensava gli fossero stati addebitati automaticamente in quanto l’operatore telefonico gli confermava di non avere pretese verso di lui ma alla fine si è ritrovato a dover gestire una fattura lievitata a più di 300 franchi – esemplifica Rossi –. Inoltre bisogna considerare che “Twint pagare dopo” non è gratis come Twint: le sue condizioni generali prevedono piccole tasse per i pagamenti e in caso di ritardo, ingenti spese di sollecito e d’incasso».
Il metaforico “veleno nascosto nel panino” si trova anche nella sbandierata rateizzazione a finanziamento zero. «Abbiamo trattato il caso di una signora che ha eseguito degli interventi per sistemare i denti con un costo stimato sui 3mila franchi e che si è avvalsa della possibilità di pagare a rate a tasso zero con MF Group – espone Rossi –. Versava 80 franchi al mese e inizialmente andava tutto bene, fino a quando ha accumulato alcuni ritardi e si è trovata confrontata con delle nuove rate da 200 franchi sommate ad altri importi, come un tasso di interesse del 14,9%, i solleciti di rispettivamente 18, 28 e 38 franchi, i costi di trasferimento all’ufficio di incasso di 50 franchi, altri costi generali di 100 franchi. Un ammontare che non riusciva a pagare e di cui peraltro non capiva l’origine. Insomma è stata travolta da una valanga di richieste di denaro». Richieste tutte lecite, evidenzia la responsabile di InfoConsumi, «perché da condizioni generali, MF Group a partire dalla terza rata non saldata può cambiare totalmente i presupposti dell’accordo a suo piacimento».
A favore di MF Group, precisa Rossi, «va detto che presenta condizioni generali molto chiare, con evidenziati in grassetto gli elementi più critici come le conseguenze in caso di non rispetto delle tempistiche, cosa per nulla scontata». Solitamente, sottolinea da parte sua Crüzer, «queste criticità sono nascoste in una sfilza di condizioni generali chilometriche scritte in piccolissimo che sfavoriscono la lettura e la comprensione. Malauguratamente è troppo facile scaricare tutta questa complessità sul consumatore senza avere un obbligo anche di presa a carico in seguito. Sono infatti rari i casi in cui chi offre questi servizi è ben organizzato con servizi alla clientela a cui ci si può rivolgere se qualcosa non va. Con la maggior parte di loro si fa veramente fatica. E la legge lo permette». Tuttavia anche leggere e comprendere per filo e per segno le condizioni generali di questi sistemi potrebbe non essere sufficiente per i consumatori, per avere piena cognizione del loro funzionamento. «Sono andata a guardare il regolamento per i commercianti di HeyLight – altro sistema di pagamento a credito – che pubblicizza rateizzazioni a tasso zero: ebbene, la commissione viene caricata sul prezzo d’acquisto, quindi non è vero che danno questa possibilità a costo zero, il costo è nascosto nel prezzo», lamenta Rossi.
Un altro strumento di pagamento di cui le nostre interlocutrici fanno notare le possibili insidie è Paycard, carta di credito a circuito chiuso proposta da una serie di negozianti – tra cui Coop, Jumbo, Interdiscount, Fust – riunitisi intorno a un fornitore di servizi di pagamenti che permette di fare acquisti in diversi punti vendita – 1’200 in totale in Svizzera – ricevendo un’unica fattura. «C’è un limite di credito, c’è l’estratto conto, si può pagare a rate, ma ci sono delle spese amministrative per ogni fattura, dei costi per i ritardi e per le fatture perse, degli interessi di mora del 12%. E anche in questo caso se non si paga per tempo subentrano molto velocemente le ditte di incasso».
Il marketing su cui evidentemente i promotori di questi sistemi di finanziamento stanno spendendo moltissimo non stupisce le nostre interlocutrici: «C’è un’enorme concorrenza e ognuno cerca di attirare i clienti dalla propria parte». Tra le ultime trovate pubblicitarie si annovera quella di una banca che sfrutta il tamtam tra clienti regalando 25 franchi su Twint sia a chi fornisce un nuovo contatto sia a chi apre un nuovo conto corrente gratuito. I nuovi clienti usufruiscono anche della carta di debito gratuita e di cashback sugli acquisti in tutti i principali negozi. Ogni commerciante ha infatti negoziato un ritorno di un importo fisso (ad esempio 5 franchi per ogni acquisto) o una % sulla spesa. «L’altro giorno sul bus c’era un ragazzo che diceva di aver già raccolto in questo modo 100 franchi, ma mi chiedo se abbia ben capito le implicazioni – si interroga Rossi –. Il conto è sì a costo zero, ma poi i soldi bisogna metterli».
Un altro aspetto controverso risiede nel fatto che se da una parte, grazie alla Legge federale sul credito al consumo, i giovani non possono possedere una carta di credito, per contro possono usare molti dei sistemi citati. In generale per l’associazione che tutela i consumatori «questo proliferare di offerte apparentemente semplici e vantaggiose costituisce un incentivo eccessivo al consumo e all’indebitamento – afferma Crüzer –. Tutto ciò è molto rischioso perché spinge i consumatori a fare scelte spesso inconsapevoli, che possono avere ripercussioni gravi anche a livello di società. Quando l’indebitamento si inserisce in un quadro caratterizzato dalla costante perdita di potere di acquisto, data dall’eccessivo rialzo dei premi di cassa malati, dal ristagno dei salari, dall’aumento degli affitti e dei costi legati alla mobilità, il pericolo è di dover far capo all’assistenza». La posta in gioco è alta, avverte la segretaria generale dell’Acsi, «il rischio di un’emergenza sociale dettata dall’aumento del debito e dalla vulnerabilità dei cittadini è più che mai concreto».
Per cercare di scongiurare tale pericolo l’Acsi fa opera di prevenzione con il servizio “Il franco in tasca” del Dss e con la rete Rebus – Rete Budget Sostenibile – offrendo corsi nelle scuole, informazione e consulenza domestica. Per casi invece già conclamati di indebitamento, Caritas Ticino e Sos Debiti si adoperano per cercare di affrontare il problema alla radice.
Altro aspetto che allarma sempre più l’Associazione consumatrici e consumatori è quello delle piattaforme ingannevoli: «Abbiamo notato che sono spuntati come funghi siti che si fingono svizzeri e in cui i consumatori ripongono fiducia per quanto concerne la sicurezza e la qualità della merce. Ma il ‘.ch’ non significa “tutto in regola” – mette in guardia Rossi – perché qualsiasi persona in qualsiasi parte del mondo può acquistare un dominio ‘.ch’. Inoltre da questi siti si può comperare merce che nel nostro Paese è illegale». Alcuni casi sono arrivati anche al servizio InfoConsumi: «I più classici riguardano gli integratori. Ma abbiamo anche seguito un signore che ha inavvertitamente comprato un mirino per fucile da tiro al piattello vietato in Svizzera, che gli è stato sequestrato una volta arrivato in dogana, mentre lui è stato denunciato per contravvenzione alla legislazione sul porto d’armi. Ha cercato di difendersi dicendo che il ‘.ch’ lo aveva indotto a credere che la merce arrivava direttamente dalla Svizzera e che non gli era nemmeno passato per la testa che potesse essere illegale. Tuttavia la responsabilità di sapere se gli oggetti acquistati sono ammessi nel Paese è sempre del consumatore, mentre la piattaforma può vendere quello che vuole a chiunque, anche laddove quella merce non è lecita né sicura».
I casi di consumatori caduti nella rete di piattaforme ingannevoli sono numerosi e vari, testimonia Rossi: «Recentemente si è rivolta a noi una signora che ha cercato su Google un albergo a Basilea ed è finita su una piattaforma intermediaria che a un dato momento le ha fatto credere di trovarsi sul sito dell’hotel. Da lì ha eseguito l’acquisto, ma poi quando ha dovuto procedere a dei cambiamenti, la piattaforma in questione se n’è lavata le mani in quanto semplice punto di incontro tra domanda e offerta, mentre l’albergo ha cercato di scaricare la responsabilità sulla piattaforma». Molte situazioni analoghe riguardano l’ambito dei biglietti aerei: «Anche in questo settore alcune piattaforme fanno credere che si stia acquistando il biglietto di una tale compagnia sul sito di quella compagnia. Invece no, si tratta di un rivenditore esterno – puntualizza Rossi –. Ci ha appena chiamati una signora che ha comprato dei biglietti aerei che non le sono mai arrivati. Noi consigliamo di visitare queste piattaforme per farsi un’idea dei prezzi ma poi di acquistare i biglietti accedendo direttamente ai siti delle compagnie. Non è vero che le piattaforme hanno offerte più vantaggiose. Inoltre nei casi in cui succede qualcosa, e non sono pochi, interloquire con loro è un’impresa ardua se non impossibile, nel migliore dei casi c’è una chatbox».
Crüzer conclude con un’amara constatazione: «Da un lato la politica e il mondo economico ci chiedono di rafforzare nei consumatori la sensibilità verso gli acquisti sul territorio e i prodotti locali. Dall’altra però il consumatore ha pochissima tutela e un’enorme responsabilità individuale. Ora, per giunta, il Consiglio nazionale vuole ammorbidire la legge sui cartelli, ciò che aprirebbe ancora di più le porte a quel tipo di e-commercio caratterizzato da mancanza di trasparenza, truffe, ricadute negative anche sull’ambiente e la salute, che già sta facendo soffrire le piccole e medie imprese locali oltre che i consumatori». Sono segnali molto inquietanti, afferma la segretaria generale dell’Acsi, «perché fanno capire che non c’è la reale volontà e non c’è neanche l’ascolto politico per migliorare le condizioni quadro in Svizzera e per favorire un consumo consapevole, sostenibile e sicuro».