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La maternità non ha più fretta in Ticino, culle semivuote

Primo figlio sempre più tardi anche per conciliare carriera e difficoltà economiche: un solo stipendio raramente basta. Da 40 anni mai così poche nascite

Primo figlio sempre più tardi anche per conciliare carriera e difficoltà economiche: un solo stipendio raramente basta. Da 40 anni mai così poche nascite

21 luglio 2025
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Conciliare lavoro e famiglia è diventato sempre più difficile. Lo sanno bene i giovani adulti, soprattutto quelli che si trovano nella fase della vita in cui – almeno sulla carta – sarebbe più naturale mettere su famiglia. Ma oggi, tra precarietà lavorativa, ritmi professionali intensi e mancanza di servizi adeguati (asili nido, orari flessibili), il desiderio di diventare genitori si scontra spesso con ostacoli concreti.

Crescere un figlio richiede tempo, energie e, soprattutto, risorse economiche. Lasciare due figli all’asilo nido, per chi lo trova, può costare 2’000 franchi al mese: chi se lo può permettere? In un contesto in cui il costo della vita continua a salire – tra affitti alle stelle, prezzi dei beni di prima necessità in aumento e politiche sociali in cura dimagrante – molti giovani rimandano l’idea della genitorialità. È così che, in tutta Europa, le nascite calano drasticamente. Si fanno figli sempre più tardi, e se ne fanno sempre meno. Un trend preoccupante e inarrestabile. E il Ticino, in questo scenario, sta collezionando record negativi che pongono il Cantone di fronte a una realtà sempre più allarmante: la popolazione che invecchia; salari troppo bassi e problemi occupazionali che spingono i giovani a emigrare o rinviare la genitorialità, e il saldo naturale – la differenza tra nascite e decessi – che continua a essere negativo.

USTAT/Elaborazione EV/Depositphotos

Meno 21% di nascite rispetto al 2015

Da 40 anni non c’erano mai state così poche nascite a Sud delle Alpi come mostrano i recenti dati pubblicati dall’Ufficio di statistica del Cantone (Ustat) sul «movimento naturale della popolazione» aggiornati alla fine del 2024. Inoltre per la generazione Z, l’incertezza verso il futuro – tra crisi climatiche, economiche, geopolitiche e guerre – alimenta ansia: avere un figlio, per molti, è ormai un gesto quasi eroico.

Elio Venturelli, per trent’anni direttore dell’Ufficio cantonale di statistica (Ustat), ci aiuta a leggere queste cifre, mettendole in un contesto più ampio, una questione non più solo demografica, ma sociale con implicazioni enormi: dall’equilibrio del sistema pensionistico alla sostenibilità dei servizi pubblici.

Guardiamo le cifre più da vicino. In base ai recenti dati Ustat, nel 2024 il numero di nati in Ticino è stato il più basso degli ultimi 40 anni: 2’319 nascite, in diminuzione di 71 unità (pari al 3%) rispetto a quanto osservato nel 2023 (2’390 nascite). «Una diminuzione relativamente modesta. Però se la si inserisce nella tendenza sul medio-lungo periodo il discorso cambia. Rispetto al 2015 il calo è stato di ben 638 unità, pari al 21,6%», precisa Venturelli.

Essendo le nascite il motore della crescita di una popolazione, il confronto con la curva dei decessi non porta a una nota di ottimismo. Infatti, continua Venturelli, il bilancio naturale, cioè la differenza tra nascite e decessi è negativo da diversi anni (figura 1). Il che significa che, senza un apporto esterno, la popolazione del Ticino sarebbe in continuo calo.

Considerando separatamente la situazione dei residenti svizzeri e quella dei residenti stranieri, il bilancio è ancora più preoccupante.

Il ruolo fondamentale degli stranieri

Da quasi mezzo secolo il saldo naturale dei residenti svizzeri è negativo (figura 2), registrando un peggioramento marcato negli ultimi anni. L’eccedenza dei decessi sulle nascite si è aggirata sulle 14’000 unità durante questo periodo. È solo grazie ai residenti stranieri (figura 3) che si è riusciti a neutralizzare complessivamente, almeno fino al 2000, il saldo naturale negativo degli svizzeri. Va però detto che questo apporto è diminuito negli ultimi anni fino ad arrivare ad azzerarsi di recente.

Meno figli e sempre più tardi

Nel contesto europeo della denatalità, il Ticino presenta dinamiche peculiari. L’età media al primo parto è salita da 31,9 anni nel 2015 a 32,9 nel 2024. Sempre più donne scelgono di avere pochi o nessun figlio, spesso in età avanzata, anche per conciliare carriera e difficoltà economiche: un solo stipendio raramente basta.

Ancora Venturelli: «Nel 1970 sulle 3’747 nascite registrate, 2’389 erano da madri con meno di 30 anni, cioè il 64%. Nel 2023, sulle 2’390 nascite solo il 20% era di madri in questa fascia di età (vedi figura 4). Ritardare sempre più l’età di procreazione ha come conseguenza un calo della fertilità. Un calo che la procreazione assistita fatica a contrastare».

Inoltre il Ticino detiene il tasso di fecondità complessivo (svizzeri e stranieri) più basso della Svizzera: nel 2023 era di 1,21 figli per donna, contro 1,33 a livello nazionale. Un dato che, su scala internazionale, trova un parallelo solo con l’Italia (1,23 nel 2023).

La fuga dei cervelli in età da famiglia

L’esperto collega questo dato a tendenze demografiche più ampie: la piramide dell’età (figura 5 Svizzeri) mostra un forte squilibrio generazionale, con sempre più anziani e sempre meno giovani attivi, potenzialmente in età da famiglia. «La popolazione anziana, con l’entrata in questa fascia di età dei nati nel baby boom, predomina e aumenterà di importanza ancora per diversi anni. La popolazione attiva è caratterizzata da un forte restringimento nella fascia 20-60 anni, dovuta al cosiddetto esodo dei giovani. Si tratta della fascia d’età feconda».

Ustat/Elaborazione EV

Squilibri che ovviamente vanno a impattare sulla natalità, aggravando ulteriormente una situazione di crisi di una popolazione residente con sempre meno figli. Mentre la piramide della popolazione straniera (figura 5 Stranieri), prosegue Venturelli, mostra una struttura opposta: pochi anziani e una forte presenza nella fascia attiva. Tuttavia, il loro numero non è sufficiente a riequilibrare l’insieme, anche perché anche tra i residenti stranieri la natalità è in calo.

Le misure

Investire per evitare un inverno demografico

La politica è consapevole degli squilibri demografici: meno figli, meno residenti significano meno entrate fiscali, carenza di manodopera e crescenti difficoltà nel sostenere pensioni e prestazioni sociali. A settembre si voterà in Gran Consiglio il poker di iniziative del Centro per risollevare la natalità. Nel concreto, le proposte (firmatari Claudio Isabella e Alessandro Corti) prevedono: aumentare il sostegno economico alle famiglie con figli; implementare le iniziative per conciliare lavoro e famiglia; ridurre la tassa del registro fondiario e quella sull’emissione delle cartelle ipotecarie per i giovani che vogliono acquistare casa; infine attribuire il tema dello sviluppo demografico a un singolo Dipartimento. Quest’ultima è l’unica proposta, quella a costo zero, che ha trovato l’accordo della maggioranza della commissione parlamentare Sanità e sicurezza sociale.

Venturelli: «Andrebbero valutati gli effetti reali di questi interventi già adottati da altri Paesi, così da implementare le strategie vincenti e adeguate alla nostra realtà». Alla radice del problema c’è la partenza di circa 800 giovani l’anno. Serve agire sul mercato del lavoro per incentivarne il rientro. I bassi salari – circa il 15% in meno rispetto al resto della Svizzera – riflettono un’economia a basso valore aggiunto. «Aumentarli senza rischi di delocalizzazione è difficile. Un’analisi seria del mercato del lavoro ticinese è urgente, ma i risultati non saranno immediati. Intanto, volenti o nolenti, la natalità dipenderà sempre più dai flussi migratori, soprattutto dall’Italia».