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Dove si consuma più sanità in Ticino e quanto ci costa

I ticinesi vanno più spesso dallo specialista; per anziani, bambini, fisioterapia e psicoterapia si spende di più che nel resto della Svizzera

I ticinesi vanno più spesso dallo specialista; per anziani, bambini, fisioterapia e psicoterapia si spende di più che nel resto della Svizzera

26 luglio 2025
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I premi di cassa malati in autunno andranno ancora su – le stime parlano di un aumento tra il 4 e il 6% – una nuova batosta in una realtà dove già una persona su 3 riceve un aiuto sociale per pagare l’assicurazione malattia. Quando i costi della sanità salgono, i premi seguono a ruota. Dunque, come è messa la spesa sanitaria da noi? Cerchiamo di fare una radiografia, settore per settore, considerando anche l’elevato numero di anziani nel Cantone, la fascia di età che di regola necessita di più cure sanitarie. La demografia comunque non spiega tutto in un sistema perverso dove l’offerta genera la domanda. Ecco la diagnosi: un’alta densità di fornitori e operatori sanitari che, accoppiata a una vigilanza non sempre efficace delle casse malati, favorisce un elevato numero di trattamenti non sempre strettamente necessari. I costi salgono e lo stesso fanno i premi.
Le cifre sono lì da vedere: in Ticino, rispetto al resto della Svizzera, si va più spesso dallo specialista e ci si resta più a lungo. Il risultato? Una spesa sanitaria individuale – coperta dalla LAMal – nettamente superiore alla media nazionale, soprattutto tra i più giovani (0-18 anni) e gli anziani (86-90 anni). In queste fasce, il costo per paziente può arrivare fino al 18% in più rispetto al resto del Paese (vedi tabella). Un 86enne ticinese pesa sul sistema molto di più di un suo coetaneo a Ginevra o Zurigo. Un approccio culturale diverso alla malattia può spiegare solo in parte differenze così elevate. Non è certo colpa dei pazienti. Qui la medicalizzazione eccessiva sembra giocare un ruolo. A non funzionare, ha ribadito il direttore del Dipartimento sanità e socialità, Raffaele De Rosa, durante un incontro coi media sui costi della salute, è il sistema che non frena, ma favorisce la spesa. Il sistema LAMal, per il ministro va rivisto: è tempo di una cassa malati unica, pubblica o privata.

Chi spende di più e perché

Milione per milione, ecco (vedi grafica) la mappa della spesa sanitaria in Ticino dove quattro categorie assorbono gran parte delle risorse: in cima c’è il settore medico – ambulatoriale e laboratori – che da solo assorbe 463 milioni di franchi (22% del totale). Seguono i medicamenti con 376 milioni (18%), i trattamenti ambulatoriali ospedalieri con 358 milioni (17%), infine i ricoveri stazionari che rappresentano 333 milioni (16%). Quest’ultima voce è stabile grazie alla Pianificazione ospedaliera, uno dei pochi margini d’azione del Cantone per intervenire sulla spesa. Strumento utile ma con poteri limitati: non permette ad esempio di chiudere strutture. Più contenuta l’incidenza sui costi per case di cura (7%, 150 milioni), servizi Spitex (5%, 93 milioni), fisioterapia (5%, 102 milioni) e laboratori (3%, 60 milioni).

Si fa più fisioterapia che nel resto del Paese

La fotografia (vedi torta) dei costi per categoria assume un senso quando la paragoniamo alla spesa sanitaria elvetica, osservando la crescita dei costi per categoria negli ultimi 5 anni. Per cosa spendiamo di più? Ma soprattutto perché? Puntiamo il laser su due voci di spesa che pur essendo fette minoritarie in termini percentuali, crescono parecchio e sono monitorate con attenzione dall’autorità cantonale: la fisioterapia (5% del totale della spesa) e la psicoterapia (7%). Ticinesi campioni di fisioterapia come dimostra l’analisi dell’Ufficio federale della sanità pubblica: nell’ultimo decennio (vedi grafica) la spesa media pro capite è stata in Ticino del 60% superiore al resto della Svizzera. Nel 2024 la spesa media per persona era di 181 franchi per gli elvetici contro i 307 franchi per noi latini. A Sud delle Alpi si prescrivono molti esercizi, forse per scongiurare più costosi interventi? Potrebbe essere una spiegazione, ma la differenza col resto della Svizzera è davvero importante.

A saltare all’occhio è anche la voce della categoria “altro”, in forte aumento rispetto al resto della Svizzera soprattutto a causa della presa a carico da parte della LAMal delle prestazioni di psicoterapia, che in precedenza erano fatturate da un medico: «Stiamo monitorando tutti questi costi con attenzione», ha detto De Rosa.

In sintesi, il Ticino è il Cantone con più consultazioni per paziente e tra i minutaggi più alti. A questo si sommano un’alta densità di fornitori e un volume di prestazioni ben superiore alla media nazionale soprattutto tra giovani e anziani, per fisioterapia, psicoterapia, cure ambulatoriali.

Moratorie e sforzi, ma risultati esigui

Il Cantone, pur avendo margini ridotti di manovra, negli ultimi anni ha sfruttato ogni possibilità data dalla legge per contenere le spese, introducendo ad esempio moratorie sul numero di medici, intervenendo sui criteri di qualità per Spitex e infermieri. Dal 2012 al 2013 con la fine della moratoria federale, in Ticino i medici esteri sono aumentati del 30%, soprattutto specialisti in un settore dove l’offerta genera la domanda. Questo ha causato un netto salto nella crescita della spesa. Per contenerla, il Cantone ha introdotto una moratoria sull’apertura di nuovi studi in otto specialità. Con la Legge sulle attrezzature cerca poi di contenere le spese per macchinari e tecnologie. Infine, per Spitex e infermieri indipendenti, sono stati alzati i criteri qualitativi: «Abbiamo già visto effetti concreti, infatti circa cento professionisti hanno rinunciato al contratto col Cantone». Grandi sforzi, ma risultati esigui nel frenare l’impennata dei premi. «Non fare nulla, però, non è la soluzione», ha ribadito De Rosa.

Invertire la rotta è possibile, secondo De Rosa, ma servono misure incisive sul piano nazionale. Come controllare le prestazioni ambulatoriali, che crescono a ritmi importanti; evitare sovramedicalizzazione e trattamenti superflui; ma anche ridurre la spesa farmaceutica, raddoppiata in 10 anni. Al riguardo il Dss ha presentato due iniziative cantonali. Inoltre va sfruttato il potenziale della digitalizzazione, dalla cartella informatizzata del paziente all’estensione della telemedicina.

Il sistema, che andrebbe gestito con maggiore trasparenza e vigilanza, è basato su incentivi sbagliati: più si propongono trattamenti, più l’operatore sanitario fattura e guadagna. Puntando invece su remunerazioni a forfait – che disincentivano il moltiplicarsi di consulti e cure anche inutili – si toglierebbe – secondo il direttore del Dss – questo incentivo legato alla quantità. Ha funzionato con la pianificazione ospedaliera, dove il Cantone contratta i volumi di prestazione con gli ospedali, contendo così la crescita della spesa.

La proposta della cassa malati unica

‘È sulla LAMal che occorre intervenire’

È davvero un delicato equilibrismo: contenere la spesa sanitaria di un sistema basato su incentivi sbagliati (più si propongono trattamenti, più l’operatore sanitario fattura e guadagna) evitando allo stesso tempo problemi di approvvigionamento medico per garantire anche in futuro cure a tutti di qualità e quantità necessarie. Puntando su un modello nazionale a forfait, che disincentiva consulti e cure inutili, si eliminerebbe l’incentivo alla quantità. Un approccio che ha aiutato a contenere i costi nell’ambito ospedaliero stazionario di fronte all’esplosione delle cure ambulatoriali. Anche le moratorie hanno un’efficacia contenuta perché il Cantone può intervenire solo sulle nuove autorizzazioni e perché si limita il numero degli operatori sanitari, ma non la quantità di prestazioni erogate. Siamo vittime di un sistema che non frena, ma anzi favorisce la spesa. Tutti ne paghiamo le conseguenze coi premi che continuano a salire. Il sistema LAMal, per il ministro De Rosa va rivisto: «È tempo di valutare la fattibilità di una cassa malati unica, pubblica o privata, per la parte obbligatoria dell’assicurazione». La cassa malati unica non dovrà necessariamente essere pubblica e nemmeno per forza finanziata proporzionalmente al reddito. Oggi la concorrenza tra una quarantina di casse malati è fittizia – ha ribadito il consigliere di Stato – infatti il catalogo delle prestazioni, definite in modo identico dalla legge, è uguale per tutti. Non ha senso mantenere un costoso sistema concorrenziale. Meno concorrenza significherebbe anche più vigilanza sugli assicurati senza timore di perderli. Il tema è già stato affrontato sia in governo, sia tra i colleghi a livello federale. Secondo De Rosa, una cassa malati unica sarebbe più economica ed efficiente: «C’è un interessante potenziale di risparmio sia finanziario, ma soprattutto in termini di trasparenza del sistema». Inoltre, ha ribadito, «si potrebbero evitare onerosi effetti perversi di natura amministrativa, legati al cambio di cassa da parte di assicurati». Una cosa è certa, ha ribadito più volte il ministro, «è sulla LAMal che occorre intervenire».

Come finanziare il sistema

Squilibri generazionali tra chi paga e chi usa

La buona sanità costa, certo si deve risparmiare dove possibile, ma l’investimento elvetico per cure di qualità non è tanto diverso da altri Paesi europei. Il punto è come finanziare tutto ciò evitando l’acuirsi di squilibri sociali. Una persona su tre riceve un aiuto statale per pagare il premio di cassa malati. E sempre in Ticino, il 35% della popolazione non usa la LAMal ma finanzia l’intero sistema.

L’invecchiamento della popolazione sta accentuando lo squilibrio tra la generazione che paga i premi e quella che ne beneficia. Con l’età aumentano quelle malattie croniche (problemi cardiovascolari, diabete, demenze, tumori…) che nella quarta età non sono un rischio, ma una forte probabilità. La LAMal si basa sul rischio di ammalarsi, poggiando su un patto di solidarietà tra assicurati sani e malati. Funziona tra i 25 e i 65/75 anni. Oltre gli 80, questa logica tende a non reggere più. Al riguardo la Confederazione è stata sollecitata più volte a studiare un modello di finanziamento alternativo per questa fascia di età.

La classe dei Senior

Il dibattito è sul tavolo. Di recente il consigliere nazionale Philippe Nantermod (PLR) ha chiesto con un’interpellanza al Consiglio federale «quale impatto avrebbe l’introduzione di una classe di età ‘senior’ nella LAMal?». Ipotizzando in sostanza di far pagare agli anziani un premio più elevato per sgravare i giovani. Un’ipotesi che non piace per nulla al governo, anche perché contraria al principio di solidarietà. I 65enni – spiega il governo nella sua risposta – chiamati a coprire personalmente e interamente i loro costi, vedrebbero raddoppiare il loro premio. Tutto ciò – mette in guardia l’Esecutivo – rischia di accrescere il rischio di povertà delle persone anziane, che non hanno sostanzialmente alcuna possibilità di cambiare la loro situazione reddituale. Il punto è trovare soluzioni innovative per un sistema ormai al collasso. Senza ovviamente aumentare i premi per gli anziani, si potrebbero ipotizzare altre forme di finanziamento per questa fascia d’età, che non rischia ma ha quasi certamente bisogno di cure sanitarie. Il nodo è economico: come finanziare questa nuova spesa? In ogni caso, sarebbe un grande sollievo per chi fatica a pagare i premi.