‘Troveremo una soluzione per tutti i collaboratori’. Tra ristrutturazioni e proteste in Ticino, il numero uno delle Ffs spiega le trasformazioni in corso
Dalla dolorosa ristrutturazione del Cargo alle proteste in Ticino per i posti persi. Dal “troveremo una soluzione per tutti” promesso dal Ceo Vincent Ducrot ai nuovi treni notturni. Presto viaggiare di notte sarà normale, come volare. Parola del numero uno delle Ffs, incontrato a Bellinzona.
La chiusura di otto terminal merci, tra cui Cadenazzo e Lugano-Vedeggio, con la perdita di 65 posti di lavoro (40 in Ticino), mostra la scarsa volontà di rafforzare il settore cargo. Quale futuro lo attende?
Trent’anni fa, la politica decise di liberalizzare il mercato del trasporto merci. Oggi, in tutta Europa, assistiamo a una riduzione dei volumi sia su strada che su ferrovia: c’è troppa capacità rispetto alla domanda. La conseguenza è una forte perdita di redditività per il settore, che ci impone una riorganizzazione: è una necessità economica, dettata dai cambiamenti del mercato. Tuttavia, possiamo auspicare un intervento dello Stato per correggere alcune distorsioni del sistema. È in questa direzione che va ad esempio la riorganizzazione del traffico a carri isolati: a partire dal 2026, grazie al sostegno statale, metteremo in atto un nuovo modello operativo. Vorrei anche precisare che il terminale Cargo di Cadenazzo continuerà a funzionare. A partire dal prossimo anno, sarà La Posta a gestirne le attività. Attualmente, ogni giorno vengono caricati e scaricati quattro treni postali; dal gennaio 2026 diventeranno cinque.
E una parola per i collaboratori direttamente toccati da questa misura?
Comprendiamo le preoccupazioni e ci impegniamo con responsabilità a informare, accompagnare e sostenere i dipendenti coinvolti. Per circa due terzi è già stata trovata una soluzione; per il restante terzo stiamo lavorando per individuare le migliori alternative. Questa decisione s’inscrive in una logica globale e non mette in alcun modo in discussione l’importanza del Ticino per le Ffs. La trasformazione di Cargo è necessaria: dobbiamo garantire l’autofinanziamento, come previsto dalle nuove regole concordate con l’Ue. Questo contesto ci obbliga ad accelerare il cambiamento.
Lei avrebbe riferito di ‘teste calde’ in Ticino... Il dialogo funziona davvero?
Non l’ho detto. Non facciamo distinzioni tra Ticino, Zurigo o Vallese: ogni regione ha le sue specificità, e ogni collaboratore ha lo stesso valore. Per ciascuno di loro, come previsto dal nostro contratto sociale, troveremo una soluzione. È una mia responsabilità. Nei prossimi anni affronteremo una grande ondata di pensionamenti, tra 800 e 1’000 collaboratori l’anno. Questo aprirà opportunità concrete per chi oggi è chiamato a compiere uno sforzo e accettare un cambiamento. A queste persone daremo la priorità, permettendo loro di scegliere il settore che preferiscono.
Non riuscite a essere più competitivi e redditizi, nonostante la crisi del settore Cargo?
Purtroppo no, e il motivo è che il sistema è molto complesso. Oggi, mettere un container su un treno costa più che caricarlo su un camion. Detto questo, nel traffico merci su rotaia restiamo molto competitivi quando si tratta di grandi volumi: è un ambito che funziona bene e che stiamo sviluppando.
La ristrutturazione di Cargo non rischia di compromettere gli sforzi per spostare le merci sulla rotaia?
Sì, il rischio esiste. Non per la parte dove siamo competitivi: i grandi convogli merci.
Per concentrare i volumi, sposterete il traffico merci sulla direttrice nord-sud, Dietikon-Stabio: l’infrastruttura reggerà?
Serviranno terminali più grandi e moderni, per treni più lunghi.
Se non funziona, c’è un piano B?
I volumi ci sono, non ho dubbi: funzionerà!
Nel primo semestre 2025 avete raggiunto 1,41 milioni di viaggiatori al giorno. Con l’aumento delle e-bike manca spazio nei picchi: quali soluzioni?
Quando abbiamo acquistato l’attuale generazione di treni, andavano di moda le biciclette superleggere. Per questo motivo abbiamo installato ganci pensati per quel tipo di bici, che però oggi non sono più adatti alle e-bike, molto più pesanti. Nelle revisioni dei treni stiamo intervenendo su questo punto: stiamo creando spazi multifunzionali, adatti per le biciclette elettriche. Nei nuovi treni, queste soluzioni sono già previste. Sappiamo di dover migliorare, e ci stiamo lavorando.
Passiamo ai treni del futuro: i macchinisti verranno sostituiti da convogli a guida autonoma?
No, non credo. Forse, a livello tecnico, sarà possibile in futuro. Ma a bordo di un treno servirà sempre una persona in grado di intervenire immediatamente in caso di problemi. Sulla rete nazionale gestiamo ogni giorno circa 850 perturbazioni: può trattarsi di una porta che non si apre o di una barriera che non scende correttamente. Sono situazioni che vanno risolte rapidamente e sul posto, perché anche un piccolo guasto può avere un impatto su tutto il sistema.
Lei viene dall’informatica: in quali ambiti state già usando l’Intelligenza artificiale?
In vari settori, ma sempre più nella gestione dei malfunzionamenti. Mentre un essere umano può esaminare in qualche minuto 4-5 scenari, l’IA ne analizza migliaia e suggerisce le soluzioni migliori a chi deve decidere. Ci permette di essere più efficaci e veloci.
Sono previste novità per il Ticino con il piano orario 2026?
Abbiamo ancora buchi nell’orario – soprattutto da Chiasso verso la Svizzera tedesca – che vogliamo sistemare. Avremo due treni supplementari verso Milano e prolungheremo un IC2, in modo tale che ci sarà la cadenza oraria. Siamo contenti dei risultati in Ticino dove il traffico regionale è aumentato quest’anno del 6%. Altra novità in cantiere è il collegamento Zurigo-Milano-Roma: non sarà per il 2026 ma ci stiamo lavorando. Il nodo da risolvere sono le tracce, ossia la possibilità di percorrere una tratta.
Il piano di risanamento delle stazioni toccherà anche quelle più piccole, come ad esempio Airolo? Quali le prossime tappe in Ticino?
La stazione di Airolo sarà completamente rinnovata nel 2026. È parte del nostro impegno per rendere tutte le stazioni in Svizzera accessibili anche alle persone con mobilità ridotta e agli anziani. Siamo in ritardo: secondo i piani iniziali, avremmo dovuto completare l’adattamento entro inizio 2024. Tuttavia, sia le limitazioni delle finanze pubbliche sia la capacità effettiva di costruzione non ce lo hanno permesso. Ora puntiamo a concludere i lavori entro metà 2030. Restano da adeguare ancora circa 250 stazioni.
La rete ferroviaria svizzera è in crescita, ma mancano 14 miliardi per la tappa 2025-2035 di sviluppo. Si rinuncerà a progetti in Ticino?
Non saranno le Ffs a decidere. Entro ottobre sarà completato il rapporto del Politecnico federale di Zurigo, incaricato dal Datec di analizzare e stabilire le priorità per i progetti di ampliamento previsti per tutti i vettori di trasporto. Il Consiglio federale ha appena deciso di sostenere un postulato volto ad aumentare i mezzi per il Fondo per il finanziamento dell’infrastruttura ferroviaria. Quale progetto verrà realizzato sarà quindi una scelta politica. Per quanto riguarda il Ticino, le priorità infrastrutturali sono chiare: poter accogliere treni più lunghi, aumentare i collegamenti sia verso l’Italia sia verso la Svizzera tedesca.
Prevedete nuove riduzioni di personale?
Negli ultimi anni abbiamo creato oltre duemila nuovi posti di lavoro, non mi attendo una riduzione, ma dobbiamo essere più efficienti, soprattutto nell’amministrazione.
Avete annunciato un nuovo treno notturno Basilea–Copenaghen/Malmö dal 2026: qual è la vostra visione sui collegamenti notturni?
Il treno notturno con vagoni letto è un mercato di nicchia: offre circa 250 posti, mentre un treno diurno può trasportare fino a 800 passeggeri. In futuro, mi aspetto che un numero maggiore di treni “normali” – senza vagoni letto – attraversi l’Europa anche durante la notte. Del resto, siamo già abituati a viaggiare di notte in aereo, quindi perché non farlo anche in treno? Magari con sedili più comodi. Il prossimo anno testeremo in Svizzera una rete notturna, oggi ancora poco utilizzata. Questo ci permetterà di sfruttare meglio la capacità dei treni e offrire nuove possibilità di viaggio.
Entro il 2030 prenderete in leasing 40 convogli ad alta velocità per collegamenti internazionali. Ma il treno resta poco competitivo rispetto all’aereo: perché investire?
L’aereo spesso costa meno perché può effettuare molte tratte al giorno, ottimizzando così i costi. Lo stesso principio vale per i treni: più sono utilizzati, più il costo del biglietto può diminuire. Ad esempio, in Francia è stato introdotto un Tgv low cost, che parte a diversi orari e offre tariffe più basse proprio grazie a un uso più intensivo delle linee.
Le Ffs compiranno 125 anni nel 2027: quali obiettivi vi ponete per questo traguardo?
Vorrei dimostrare che le ferrovie hanno un ruolo fondamentale, non solo oggi ma anche in futuro. Per il finanziamento delle infrastrutture si andrà verso una votazione, che sarà un’importante occasione per mostrare quanto abbiamo già realizzato e continuiamo a fare. I progressi in Ticino, dai tunnel alla nuova centrale elettrica del Ritom, sono davvero straordinari. Voglio inoltre esprimere tutta la mia ammirazione per i collaboratori delle Ffs, che ogni giorno svolgono un lavoro eccellente e che si impegnano per la mobilità della Svizzera.
Vincent Ducrot, 62 anni, originario di Châtel-Saint-Denis (Canton Friburgo) guida le Ffs dal 2020. Ingegnere elettrotecnico di formazione, sposato e con una famiglia di 7 figli, ha fatto carriera tra informatica e trasporti pubblici. Dal 1993 al 2011 ha ricoperto diversi ruoli dirigenziali alle Ffs, prima di diventare Ceo. La passione per i treni lo accompagna dall’infanzia, quando giocava col trenino elettrico. «Un ricordo indelebile è il viaggio con mio zio sul Trans Europ Express, un treno di lusso, veloce e confortevole, in uso tra gli anni 60 e 80. La sensazione di velocità e la tecnologia mi hanno affascinato allora, e quell’entusiasmo non mi ha mai abbandonato». Oggi utilizza spesso la mobilità combinata e dice: «Amo viaggiare in treno, un entusiasmo che vedo condiviso anche dai giovani».