laR+ IL COMMENTO

Non conta la sentenza ma la televendita delle pentole

Come mostra l’ultimo atto del processo a Salvini andato in scena, gli attuali protagonisti del governo italiano si sono formati su ‘Forum’

In sintesi:
  • È una democrazia da cortile: carta-forbice-sasso, chi vince regna e gli altri zitti
  • Fuori onda resta il dibattito che per mancanza di una classe politica matura non si è potuto fare
  • L’accoglienza è una scelta politica o un dovere universale?
(Keystone)
23 dicembre 2024
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“In attesa della sentenza, Salvini lascia l’aula bunker in cerca di un centro commerciale”. Questa velina, uscita venerdì pomeriggio sul quotidiano ‘la Repubblica’, pare la sintesi perfetta dell’attualità di un Paese che da sempre danza volentieri sul filo teso tra farsa e tragedia, con in più un elemento di novità: l’Italia è stata spesso governata da avvocaticchi, azzeccagarbugli e tribuni, ma gli attuali protagonisti sono imbattibili perché si sono formati su “Forum”, e sanno che non conta davvero la sentenza, conta la televendita delle pentole. Le cronache non riportano se il ministro delle Infrastrutture abbia poi optato per l’antiaderente o per la ghisa, sappiamo invece che qualche ora dopo il tribunale lo ha assolto, perché il fatto non sussiste, dalle accuse di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio in relazione al mancato sbarco di 147 migranti a bordo della nave umanitaria “Open Arms”, nel 2019. Grande delusione per chi sperava in uno speciale natalizio della più longeva serie Tv italiana, lo scontro tra magistratura e politica, che come Beautiful ha pian piano perso quasi tutto il cast originale per ragioni di età, ma non un pubblico affezionatissimo. Così la notizia è subito scivolata in fondo alle home page dei giornali e alla periferia dell’algoritmo dei social. Perfino nella curva del ministro l’esultanza è stata insolitamente sobria. Può darsi che c’entri un po’ di nostalgia: in fondo la vicenda “Open Arms” riportava agli anni d’oro del salvinismo, quella del governo gialloverde, la primavera del sovranismo e l’estate del Papeete, che ancora non si sapeva sarebbe stata seguita da un devastante hangover. Il periodo in cui Salvini poteva farsi chiamare “Capitano” come un giocatore di biliardino al bar, e subito dopo senza posare lo spritz andare a chiedere “pieni poteri” al presidente della Repubblica.

Ma soprattutto con l’assoluzione al governo italiano è venuta meno l’opportunità di portare alle estreme conseguenze quella che pare la sua unica vera ossessione programmatica: un’insofferenza violenta per tutte quelle istituzioni “che non ha eletto nessuno”, ma che costituiscono il vero sistema circolatorio della democrazia, e che si permettono di mettergli di continuo i bastoni tra le ruote: la magistratura, la Corte di giustizia europea, le istituzioni umanitarie, gli intellettuali ai quali, quando osano attraversare la soglia del dissenso, come nel Far West prima si fa assaggiare il piombo delle querele e poi si chiede cosa vogliono. È la “democrazia illiberale” teorizzata e praticata da Orbán in Ungheria, che potremmo anche definire democrazia da cortile: carta-forbice-sasso, chi vince regna e gli altri zitti. La presenza in aula a Palermo del ministro Valditara, il Jesse James delle sopracitate querele, e di altri maggiorenti del governo, la linea difensiva di Salvini tutta volta non a dimostrare la propria innocenza nel merito ma a rivendicare la supremazia della politica sul diritto, suggeriscono il genere di pentole che il governo avrebbe voluto vendere, se i giudici gli avessero procurato il coperchio.

Fuori onda resta il dibattito in cui una classe politica matura, al di là della colpevolezza o innocenza del singolo, avrebbe forse coinvolto l’opinione pubblica e la società civile italiane: l’accoglienza è una scelta politica o un dovere universale? Il governo dell’immigrazione è gestione dell’ordine pubblico o una delle posture fondamentali che ci definiscono come civiltà? Niente: tutto quel che questa vicenda anche drammatica in fondo lascia è l’immagine del ministro che esce dall’aula bunker in cerca di un centro commerciale, e in sottofondo rumore di pentole.