laR+ IL COMMENTO

Lo scricchiolio del (cripto)paradiso

Per ottenere un prestito dall’Fmi, El Salvador ha fatto retromarcia sui Bitcoin: l’estrema apertura di Bukele alle criptovalute si è dimostrata un azzardo

In sintesi:
  • Una delle controindicazioni della più nota delle criptovalute è la volatilità
  • Per Steve Bannon ‘Bitcoin farà parte di una rivolta populista’
Friends to be friends
(Keystone)
5 marzo 2025
|

Scricchiola il paradiso virtuale delle criptovalute. Intendiamoci, paradiso per quelli che ci hanno guadagnato, inferno per tutti coloro che sono stati abbindolati con la complicità di quel presidente innamorato delle motoseghe. Una vicenda che ha comportato una perdita stimata in almeno 4 miliardi di dollari per circa 40mila risparmiatori, come abbiamo già scritto su questo giornale. Se nel caso argentino, con la $LIBRA, siamo in presenza di una truffa, altro discorso vale per il Bitcoin su cui sta puntando molto il sindaco di Lugano, Michele Foletti. Grazie al progetto di Foletti, chi possiede Bitcoin può, volendo, non solo fare acquisti negli esercizi commerciali che lo accettano – per la verità non moltissimi – ma pure pagare le tasse.

Una delle controindicazioni della più nota delle criptovalute è la volatilità. Nell’agosto scorso valeva 50mila franchi, in gennaio ha toccato i 95mila franchi e, nel giro di un mese, è scesa sotto gli 85mila. Si può dire che questo sia uno dei principali motivi per cui le istituzioni finanziarie tradizionali per il momento non mostrano particolare fiducia nei confronti delle valute virtuali. Questo nonostante l’entusiasmo con il quale le stanno spingendo sia Donald Trump che Elon Musk, sul cui interesse per il bene del prossimo pensiamo sia lecito nutrire qualche dubbio. Non a caso anche Trump ha creato la sua criptovaluta, denominata $Trump, con la quale lui ha guadagnato, mentre gli investitori hanno perso 800 milioni di dollari.

Si diceva della diffidenza delle istituzioni finanziarie per le criptovalute. Al riguardo è emblematico l’esempio del Salvador. Nel 2021 il giovane presidente Nayib Bukele, lo stesso che ha dichiarato una guerra senza quartiere alle gang di trafficanti di droga locali, rinchiudendone in carcere 60mila, aveva deciso di introdurre il Bitcoin come moneta nazionale. Primo e unico caso al mondo. Nel dicembre scorso, tuttavia, per ottenere un prestito di 1,4 miliardi di dollari dal Fondo Monetario Internazionale ha dovuto fare retromarcia, rinnegando la sua politica di estrema apertura alla criptovaluta. Che, si è scoperto nel frattempo, è stata un azzardo estremo, in un Paese di contadini dove solo il 35% della popolazione possiede un conto in banca. Quindi, di conseguenza, un Paese non in grado, per evidenti motivi, di trasformarsi nella Bitcoin Country sognata da Bukele.

Eppure poco prima che il presidente Bukele si arrendesse all’intimazione dell’Fmi, Paolo Ardoino, amministratore delegato di Tether – la piattaforma informatica che, anche a Lugano, agevola l’impiego delle criptovalute – aveva elogiato El Salvador del Bitcoin, in un’intervista realizzata per un’altra testata giornalistica. “El Salvador – affermò tra l’altro Ardoino – rappresenta un modello affascinante di come l’innovazione possa contribuire alla trasformazione di un Paese”. Per poi aggiungere che “stiamo vedendo, infatti, un aumento significativo degli investimenti nel Paese, nuove imprese che vi si stabiliscono e una crescente fiducia nel sistema e nella sua solidità”. In realtà solo il 12% dei salvadoregni utilizzava il Bitcoin. Insomma, un flop che può costituire un segnale per il futuro. Alla faccia di quell’ex galeotto di Steve Bannon, a detta del quale “Bitcoin farà parte di una rivolta populista globale”.

Leggi anche: