Episodi recenti ci indicano quanto l’intelligenza di un noto politico locale sia paragonabile a quella di un criceto. Anzi no, a quella di Bart Simpson
Lisa Simpson era indignata. Suo fratello Bart le aveva appena rovinato il progetto di ricerca con cui non solo avrebbe potuto vincere il concorso scolastico di scienze, ma che le avrebbe addirittura consentito di mettere fine alla fame nel mondo. Ecco allora la sua vendetta: dimostrare a tutti, attraverso semplici esperimenti, quanto Bart fosse più stupido di un criceto.
Di recente, qualche altro episodio ci indica quanto l’intelligenza di un noto esponente politico locale sia paragonabile a quella del criceto. Anzi no, a quella di Bart. Che poi questo personaggio non sia un unicum, ma soltanto un esemplare particolarmente in evidenza di una specifica “corrente di pensiero” parecchio diffusa all’interno della nostra società, rende il tutto ancora più significativo da un punto di vista epistemologico.
Andiamo a ritroso. L’ultima “trappola” è stata tesa dall’Ail. Ci si riferisce all’immagine della campagna di reclutamento apprendisti raffigurante una (vera) ragazza in formazione con in testa uno scialle grigio chiaro, oggetto di critiche xenofobe da parte del domenicale diretto dal municipale luganese e consigliere nazionale Lorenzo Quadri: “Promozione del velo islamico, simbolo di mancata integrazione”, tuona Il Mattino. Una specie di “provocazione” di Ail, osserva il sindaco di Lugano Michele Foletti. Campagna e successive polemiche che per pura “coincidenza” hanno preceduto di poco il licenziamento della responsabile della comunicazione aziendale. Ma il vero problema di quell’immagine, secondo Quadri, “è il messaggio e quel che rappresenta”. Nulla di illegale – sembra vogliano dire i due leghisti all’unisono –, ma di sicuro inopportuno.
Nulla di illegale, ma di sicuro inopportuno… Altra foto, altra trappola, forse un po’ meno involontaria. A cascarci sempre lo stesso personaggio, questa volta ben accompagnato da un notevole numero di persone facenti parte delle istituzioni e dei media. Due giudici destituiti in discoteca, una donna e un uomo, una serata di svago, entrambi indossano abiti femminili. Se c’è qualche aggettivo non attribuibile ai magistrati Siro Quadri e Francesca Verda Chiocchetti sarebbe quello di ingenui. Anche i due giudici, come Lisa Simpson, hanno una proposizione da comprovare: quanto l’idiosincrasia predominante in Ticino possa essere considerata retrograda, in netto contrasto con le libertà garantite dalla Costituzione. Talmente retrograda da spingere diversi soggetti ad affermare pubblicamente – nel 2025 – che una persona non sarebbe idonea a esercitare la sua funzione a causa delle sue scelte di vestiario; talmente maschilista da ritenere “goliardico” e addirittura paragonabile il gesto del presidente di un tribunale (uomo) che invia un’immagine sconcia a una sua subalterna (donna), che evidentemente non sperava di ricevere tale messaggio. C’è da chiedersi se l’avvenuta verifica del grado di involuzione culturale ottenuta da Verda Chiocchetti e Quadri inciderà o meno sul giudizio che emetteranno i membri del Tf, ultimi (anzi, primi) garanti delle nostre libertà costituzionali, al momento di pronunciarsi sul ricorso contro la sentenza di destituzione emanata dal Consiglio della magistratura.
Resta il fatto, come diceva Agatha Christie, che “un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova”. Agli episodi dello scialle e della gonna ne andrebbe infatti aggiunto un terzo, per poter ritenere applicabile al nostro il teorema di Lisa. Corbezzoli! La lista sarebbe davvero lunga: come tralasciare però l’abietto sfogo prematuro di quella tragica domenica mattina contro le “allerte farlocche”?