Di fronte allo scempio muore la nostra anima, di noi spettatori, e anche quella del nostro Paese, così assente, incapace di un sussulto di dignità
Egregio signor consigliere federale, immagino che non le dica nulla il nome di Janan Saleh. Era un bimbo di due anni morto l’altro ieri di fame e disidratazione a Gaza. Anche il nome di Ahmed Mansour verosimilmente non le suonerà familiare: era un reporter immortalato da un video mentre veniva divorato dalle fiamme, trasformato in una torcia umana dalle bombe incendiarie mentre si trovava in una tenda davanti all’ospedale di Khan Yunis. Mahmoud Ajour, un ragazzino, è forse un po’ più noto, perché alla foto che lo ritrae senza le braccia strappategli da una bomba, è stato conferito un premio internazionale. In risposta alla carneficina terroristica del 7 ottobre 2023 Israele ha inflitto uno stillicidio di altri 7 ottobre alla popolazione palestinese. Lei ha già sentito parlare forse però di Moshe Saad, deputato del Likud, che ha caldeggiato la morte per fame dell’intera popolazione palestinese, e conosce certamente Itamar Ben-Gvir, ministro della sicurezza nazionale, che ha chiesto il bombardamento dei depositi alimentari a Gaza.
Ho personalmente seguito come giornalista diversi conflitti: Iraq, Siria e Afghanistan. Ma mai ho assistito a un accanimento tanto estremo quanto quello scatenato dal governo Netanyahu. Il 18 marzo Israele ha rotto unilateralmente il cessate il fuoco, dal 3 marzo a Gaza non entra neppure uno spillo. Niente cibo, acqua, farmaci. Per il giornale israeliano Haaretz non siamo di fronte a una guerra, ma a un massacro di civili. Si rincorrono le più truci definizioni: apocalisse (Msf), genocidio (da Amnesty o B’Tselem allo storico dell’Olocausto Amos Goldberg), campo di sterminio (Antonio Guterres). Eccidio in diretta, live, sotto le bombe o per fame, malattie: il tutto quotidianamente davanti ai nostri occhi. Muoiono i civili, muore anche il diritto internazionale, calpestato da 57 anni con l’occupazione dei territori palestinesi (Corte internazionale di giustizia) o con il recente bombardamento in acque internazionali di una nave di aiuti d’urgenza. Si spegne il diritto umanitario, di cui la Svizzera è depositaria. La morte “dentro” la vivono quegli ebrei fedeli alla grande tradizione dell’umanesimo e dei lumi che ha contributo all’emancipazione di tutta la nostra cultura, quelli che in Italia o in Inghilterra chiedono la “fine della pulizia etnica”.
Di fronte allo scempio muore pure la nostra anima, di noi spettatori, e anche quella del nostro Paese, così assente, incapace di un gesto forte, di un sussulto di dignità. Ci si chiede dove sia finito l’Ignazio Cassis che abbiamo visto agguerrito in prima fila nell’indignazione e nell’azione di fronte all’invasione russa in Ucraina. La neutralità pressoché silente del Consiglio federale allunga un’ombra sulla nostra Storia. Risuonano le parole di Desmond Tutu, protagonista della lotta anti-apartheid: “Se siete neutrali in situazioni di ingiustizia, avete scelto la parte dell’oppressore”. In questi giorni la strage di tanti bimbi ha riportato alla mia memoria i versi di Trilussa, così pregnanti nel suo vivido romanesco, che da piccolo mi recitava mio nonno, veterano della Grande Guerra: “Ninna nanna, tu nun senti/ li sospiri e li lamenti/ de la gente che se scanna/ per un matto che commanna;/ che se scanna e che s’ammazza/ a vantaggio de la razza”.
Signor consigliere federale, da quella terra senza più oscurità da cui si alzano ininterrotte nuvole di fuoco, giunge un urlo silenzioso. È rivolto anche a Lei.