Il governo svizzero ha rifiutato parole definitive di condanna per chi ha brutalmente violato i diritti umani e la dignità delle persone
Lo scopo della buona politica è il benessere condiviso e, per giungervi, la missione di ogni governante dovrebbe essere l’esercizio della ragione (intesa come fiducia nella razionalità umana che orienta verso il meglio). Oggi è un’utopia: siamo circondati dall’irragionevolezza, da egoici irresponsabili, da narcisisti malefici, da turpi autocrati e aspiranti tali. La politica coincide con l’arroganza del potere che comanda e il vuoto morale è assoluto. A guardare i personaggi che popolano i vertici di parecchi governi, direi che i principi etici sono inversamente proporzionali alle loro brame.
Mi vien da pensare, e mi rivolgo ai devoti convinti, che il Padreterno, onnisciente fin che si vuole, un errore l’ha pure commesso: ha peccato di ottimismo concedendo agli umani il libero arbitrio. Gli umani troppe volte hanno usato la religione per benedire la guerra e non per consacrare la pacifica convivenza raccomandata dai Vangeli: il Dio invocato ha il colore della propria bandiera e baciare il rosario più che un atto di fede è un calcolo elettorale di bassa politica. Il “Gott mit uns” compariva sulle cinture dei soldati della Wehrmacht e le intenzioni non erano pacifiche. Recentemente il patriarca Cirillo I ha assicurato a Putin che l’Operazione speciale, ossia l’aggressione brutale di un popolo, è legittimata da Dio. Netanyahu, il criminale della mattanza di innocenti, è sollecitato da esponenti dell’ultradestra religiosa e dai coloni a insistere. Il ministro della Sicurezza Ben-Gvir alimenta l’odio, elogia la politica di sterminio, ritiene utile la deportazione dei palestinesi e raccomanda di “finire il lavoro”. Mi viene in mente l’abate cistercense Arnaud Amaury che nel 1209, nel Sud della Francia, incapace di distinguere fra eretici e buoni cristiani, consigliava di massacrarli tutti, senza distinzione: ci avrebbe poi pensato Dio, nell’aldilà, a separare i buoni dai cattivi. Netanyahu, ottocento anni dopo, ha raccolto il consiglio: impossibile individuare quelli di Hamas e allora uccidiamoli tutti. L’ex premier israeliano Olmert non ha dubbi: siamo al cospetto di crimini di guerra.
A me, laico, razionalista cocciuto e di scarsa propensione alla fede, non resta che constatare che la selezione naturale della specie non contempla un pari sviluppo delle doti morali e del rispetto reciproco fra gli individui: sono state piuttosto l’aggressività e la legge del più forte a regolare le vicende umane. Dopo il 1945, i nostri predecessori cercarono di contenere la violenza e i conflitti latenti in una gabbia istituzionale fatta di regole e norme condivise: inventarono una serie di organismi internazionali, una legge internazionale, dei tribunali internazionali per regolare pacificamente le contese. Oggi tutto sta crollando e la violenza come strumento della politica ha ripreso il sopravvento: inutile dire che la ragione è ignota ai leader che fanno della prepotenza prevaricatrice la pratica quotidiana della loro azione (Putin, Netanyahu, Trump docent!) .
Il filosofo ci ammonisce: la pace non deve essere intesa come una pausa, una tregua momentanea e perfino innaturale che interrompe la normalità delle guerre. La pace deve essere un valore positivo fondato sul diritto, sulla giustizia, sulla libertà e sul rispetto reciproco (N. Bobbio, ‘Il problema della guerra e le vie della pace’, 1979). La pace deve essere la normalità e non l’eccezione. Ma così non è: oggi sono i “valori divisivi” a imporsi nelle destre populiste che avanzano ovunque: universalità dei diritti e rispetto della dignità umana sono piuttosto fuori moda. L’immagine più orrenda, che condensa il peggio della degenerazione umana è Gaza: i palestinesi fatti a pezzi, mutilati, affamati in nome ci dicono i carnefici (Il governo israeliano e Hamas) di un futuro migliore. Altrettanto orrendi sono stati però il nostro silenzio e la nostra indifferenza. Il direttore del Cicr ci avverte: “La nostra umanità è in gioco: non potremo dire non lo sapevamo”. Non lo potremo dire noi e non lo potrà dire il governo svizzero che ha rifiutato parole definitive di condanna per chi brutalmente ha violato i diritti umani e la dignità delle persone: tanti cittadini, signor Cassis, si stanno vergognando.