Il rapporto della commissione parlamentare sulla situazione difficile in cui versano le strutture detentive ticinesi. Gobbi glissa. Zali non risponde
Lunedì dell’altra settimana alla cerimonia di apertura dell’anno giudiziario 2025-2026 volevamo domandare a Claudio Zali, proprio perché presentatosi ai magistrati quale futuro direttore del Dipartimento istituzioni, come intendesse risolvere – in caso di (infausto) suggello governativo all’arrocco dei due Dipartimenti in mano al Movimento di via Monte Boglia – il problema del sovraffollamento delle carceri ticinesi. Dopo però l’invito del ministro leghista a farci un giro, questo quesito (come altri) è rimasto tale. Ma nemmeno dall’attuale titolare del Dipartimento, Norman Gobbi, sono giunte ieri sera in occasione del dibattito in Gran Consiglio sul rapporto della commissione parlamentare che controlla le condizioni di detenzione – un dibattito che considerata l’importanza del tema (sicurezza e risocializzazione della persona condannata) avrebbe meritato ben altra collocazione oraria – indicazioni chiare sul presente e il futuro delle prigioni cantonali.
E questo nonostante tutti i membri della commissione abbiano parlato in aula di persistente sovraoccupazione delle carceri, di prigioni fatiscenti, di carenza di personale, di crescente aumento dei reclusi con disturbi psichici, anche acuti, e invocato quindi interventi urgenti. Altrimenti il sistema rischia “davvero” il collasso, per citare il relatore Patrick Rusconi. Non solo. È stata evidenziata anche la necessità di un nuovo penitenziario, di cui si legge e si scrive da molti anni, ma che per il momento è solo un progetto, peraltro vago. Eppure su tutto questo Gobbi ha glissato. Ha già la testa al Territorio? Insomma, viene da chiedersi se lo scambio dei Dipartimenti a conduzione Lega non sia di fatto cosa già decisa nelle ovattate stanze del Consiglio di Stato. Zali allora sa e saprà benissimo, da ex giudice, che anche le carceri fanno parte della cosiddetta catena penale.
In Ticino le strutture detentive presentano una serie di problemi che vanno concretamente e in breve tempo risolti nell’interesse della sicurezza collettiva. Per intenderci: non c’è solo la “spoliticizzazione” delle nomine dei magistrati (sai poi che novità)...
Certo, quello delle carceri è un argomento impopolare e dunque politicamente arduo da gestire. Ma va gestito. A meno di riempire le celle sul modello asiatico. È questo che vogliamo in uno stato di diritto?