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Salah e le mezze verità dell’Uefa

L’omaggio al campione palestinese Al-Obeid morto a Gaza sotto le bombe, ometteva i motivi del decesso. Il giocatore del Liverpool ne ha chiesto conto

In sintesi:
  • “Come, dove, perché?”, è la legittima richiesta dell’attaccante egiziano davanti all’ennesima uscita ipocrita dell’organo di governo del calcio europeo, con sede in Svizzera
  • Dire solo il pezzo di verità che conviene è un esercizio diffuso, Marco Travaglio cita sempre le bombe Nato sulla Serbia glissando sulle colpe dei serbi, come se fosse un dettaglio
Momo Salah
(Keystone)
14 agosto 2025
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La prima risposta è: “Ucciso dalle bombe israeliane”. La seconda: “Gaza”. Facile. La terza, sempre che non si decida – come va di moda – di tagliare tutto con l’accetta, è un po’ più complicata. Nell’immediato, e non è certo sbagliato, si potrebbe dire “per l’inarrestabile furia omicida dei governanti israeliani, Netanyahu in testa”. Ci sono tante altre alternative, volendo, a seconda della sensibilità, delle appartenenze e del rispetto che si nutre per gli altri, per sé stessi e per la verità. Una risposta altrettanto giusta sarebbe: “Per niente”. Perché sempre per niente alla fine si muore se il motivo è una guerra, visto che non ce n’è e mai ce ne sarà una che possa meritare anche una sola vittima.

Le tre domande erano queste: “Potete dirci come è morto Suleiman al-Obeid, dove e perché?”. Le ha fatte Momo Salah, attaccante egiziano del Liverpool. Uno di quelli che, come si dice, ha il cervello nei piedi e – raro caso tra i campioni del suo sport – perfino uno dentro la scatola cranica. Dettaglio non trascurabile: non ha paura di mostrare al mondo di essere capace di usarlo. Sembra scontato, ma non lo è, in un macrocosmo, come quello del calcio, che – si tratti di guerre, razzismo, omofobia o qualsiasi altro argomento sensibile – fa dell’omertà un vanto, del nascondere la testa sotto la sabbia un’abitudine, dell’ignavia una bandiera.

Le domande, inviate via X, Salah le ha rivolte all’Uefa, che – ipocritamente – ha pensato di omaggiare in modo ambiguo un ex calciatore morto mentre era in cerca di cibo con suo figlio sotto le bombe che Israele continua a lanciare su Gaza nella convinzione che non ci sia niente di male nell’uccidere uno, dieci, cento, mille palestinesi per stanare un terrorista.

X
Salah risponde all’Uefa

Il messaggio dell’Uefa, corredato da una foto del calciatore, dice così: “Addio al Pelé palestinese, un talento che ha dato speranza a innumerevoli bambini anche nei tempi più bui”. Tutto giusto, eppure – come fa notare Salah – tutto sbagliato. Perché non dire come è morto, dove e perché? Per come l’ha messa l’Uefa, Al-Obeid poteva essere morto d’infarto o suicida. Alla Mecca come a Las Vegas. E invece era a Gaza a provare a sfamare i suoi figli.

Insomma, la verità fa paura all’Uefa come a chiunque abbia qualcosa da nascondere. O da guadagnarci. Tagliarla a metà, o farla a pezzetti, esponendo solo la parte che torna utile, è subdolo, forse peggio che mentire. O tacere. Gli esempi sono, ahinoi, infiniti. Pochi giorni fa l’agenzia Ansa, in un titolo, ha trasformato i coloni invasati che hanno accompagnato Ben-Gvir sulla Spianata delle Moschee (irritando perfino molti conservatori) in innocenti e non meglio specificati “pellegrini”.

Keystone
Ben-Gvir sulla Spianata delle moschee

Marco Travaglio – col suo sorrisetto da primo della classe che spiega la lezione al professore, fisica a Einstein, semiotica a Eco e filosofia a Socrate – per sostenere il suo assioma infantile “Putin-buono/Occidente-cattivo” va avanti da tempo con la mezza verità del bombardamento Nato su Belgrado. Mai, in questi talk show figli della commedia dell’arte – in cui a ciascuno viene assegnata una parte e guai a uscire dal canovaccio prestabilito (e poi, a telecamere spente, tutti a cena insieme) – qualcuno che si prenda la briga di chiedergli perché la Nato lo fece. Non certo perché avesse delle bombe che scadevano in frigo e spiaceva non usarle, fino a sorteggiare un bersaglio a caso sul mappamondo. Travaglio occulta le colpe dei serbi, l’assedio di Sarajevo, Srebrenica, la guerra in Kosovo (e anche qui i distinguo sono una faccenda più lunga e complicata di un tweet). Troppo facile così, troppo comodo. Talmente comodo che ormai lo fanno in tanti. Troppi. Vero, Uefa?