Il bellinzonese Matteo Gervasoni torna sulla medaglia di bronzo vinta con la selezione rossocrociata ai Mondiali U19 di Zurigo
È un bronzo che sa tanto di oro quello messo al collo dalla Svizzera negli scorsi giorni ai Campionati del mondo U19 di unihockey. Perché quel terzo posto con cui i rossocrociati hanno chiuso la ‘loro’ rassegna iridata, andata in scena a Zurigo, è un risultato al di là di tutto notevole. Merito, anche, dell’ottima prestazione di un ticinese: Matteo Gervasoni, fra gli artefici prima del pareggio per 4-4 contro la Lettonia che ha assicurato ai rossocrociati il ticket per le semifinali (del bellinzonese i punti dei momentanei 2-0 e 3-0) e poi del successo sulla Svezia ai rigori nella piccola finale, nella quale ha fornito due assist. Prestazioni, queste, che sono poi valse a Matteo Gervasoni l’inserimento nell’All Star del torneo, completata dai cechi Mikeš Motejzík e Michael Wertheimv, e dai finlandesi, neocampioni del mondo, Ilmo Leino, Aapo Seppälä e Aatu Knuuti.
«Questo Campionato del mondo è stato un’esperienza bellissima sia dal lato sportivo, sia da quello umano – premette il fresco 18enne bellinzonese –. Il fatto di essere l’unico ticinese della squadra non mi ha pesato affatto, anche perché bene o male questo è un gruppo costruito già tre anni fa, e dunque cresciuto assieme con la maglia della Nazionale, con nel mirino proprio l’appuntamento iridato di Zurigo». Dove il pubblico, sull’arco dell’intera manifestazione, ha risposto in forma massiccia: con ben 35’290 spettatori complessivi, l’affluenza è stata quasi doppia rispetto ai Mondiali U19 del 2023 in Danimarca: «Sì, sugli spalti c’era davvero una cornice di pubblico spettacolare. Ad assisterci nella semifinale e nella finale per la medaglia di bronzo c’erano cinquemila persone: giocare davanti a così tanta gente è qualcosa di incredibile! Roba da farti venire la pelle d’oca per l’emozione, ma che al tempo stesso ci rende fieri di tutto il lavoro che abbiamo svolto come squadra per arrivare fino a lì». Un percorso non evidente, soprattutto considerato che Matteo Gervasoni era uno dei tre soli giocatori della selezione rossocrociata a militare nel campionato cadetto (con il Ticino Unihockey), mentre la stragrande maggioranza degli altri scende regolarmente in campo in Lega nazionale A (o nel massimo campionato U21). «A livello personale non posso che essere soddisfatto di com’è andata, sia al Mondiale, sia per tutto il percorso che ho fatto con questo gruppo. È stata una bellissima esperienza che spero possa avere un seguito. La mia designazione nell’All Star Team del torneo? Sinceramente non me l’aspettavo. Tuttavia, analizzando tutto il mio percorso meno a caldo, sono però persuaso che per come sono andate le cose me la sono meritata. Per me è stata la ciliegina sulla torta di una settimana da favola: un momento di cui serberò un ricordo indelebile».
Parliamo del livello delle avversarie, e in particolare delle prime due classificate: Finlandia e Cechia erano davvero fuori dalla vostra portata? «In passato abbiamo incontrato diverse volte la Finlandia, ma non siamo mai riusciti a batterla, pur andandoci vicino, capitolando un paio di volte ai rigori. La Cechia, per contro, l’avevamo già battuta due volte. Ma stavolta, in semifinale, abbiamo ricevuto da loro una bella lezione (2-8, ndr), al termine però di un confronto in cui la fortuna ci ha un po’ girato le spalle. Va pur detto che fra noi e loro, sul piano fisico c’era un divario non indifferente. Siamo comunque stati bravi a chiudere in bellezza agguantando la medaglia di bronzo. Vinta per giunta battendo la Svezia, che nell’unihockey dà parecchio filo da torcere a tutti gli avversari, tanto al maschile quanto al femminile. Basti pensare che, bene o male, da ogni torneo iridato, giovanile o fra gli attivi, rientrano a casa con una medaglia nel loro bagaglio. Stavolta però son dovuti tornare a Nord a mani vuote…».
Memorabile, per Matteo Gervasoni è però stata anche la stagione appena andata agli archivi con la maglia del Ticino Unihockey, arrivato fino alla finale per l’ascesa nel massimo campionato: «In tutta onestà, considerato come era andata la stagione regolare, in pochi ci davano grandi chance di fare strada nei playoff. Ma nella post-season abbiamo davvero innestato la marcia superiore, spinti dal fatto che potevamo giocare liberi da ogni assillo e senza particolari pressioni. E questo ci ha portati a giocarci il salto di categoria, cosa che non capita certo tutti i giorni per il Ticino Unihockey. Per cui, a bocce ferme, non posso che essere contento del risultato».
Come e soprattutto dove proseguirà il tuo percorso sportivo? «A giugno finisco il terzo anno di Liceo qui a Bellinzona, per cui fino al termine degli studi vestirò la maglia del Tiuh. Poi, se tutto va bene, tenterò l’avventura in Lna, cercando una sistemazione in una squadra oltre San Gottardo».