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Mauro Lustrinelli, umile profeta in terra... altrui

Da poco capace di conquistare la promozione, questa sera il Thun sarà ospite di quel Bellinzona che sogna da tre stagioni la Super League

(Keystone)
16 maggio 2025
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Il cronometro segna meno dieci alla fine delle ostilità. Quel piccolo granello di sabbia rimasto nella clessidra lascia però ben sperare il trepidante pubblico. E, quando la sfera capita sui piedi di Franz-Ethan Meichtry in zona sedici metri, circa 10mila spettatori chiudono le palpebre. Un millesimo di secondo che sembra un’eternità, come quei cinque anni passati nella serie cadetta. L’urlo è liberatorio, il sogno finalmente realtà. Sì, perché il Thun si ‘appresta’ a tornare fra le grandi. Un’emozione incredibile, tant’è che Mauro Lustrinelli non riesce a trattenere qualche lacrimuccia. Il bellinzonese si lascia cadere fra le braccia di giocatori e staff, tutti artefici di questa splendida promozione. «È stata una serata perfetta: siamo riusciti a offrirci questa possibilità di chiudere i conti a quattro giornate dal termine del campionato. C’era una fame di Super League da parte di tutta la piazza, abbiamo percepito l’entusiasmo del pubblico. Quel sentimento di realizzare qualcosa d’importante», presente anche fra le strade della città. Fuori dalla Stockhorn Arena, insomma. Il 2-1 firmato proprio da un prodotto del settore giovanile «è stata la ciliegina sulla torta. Un simbolo della nostra politica, ossia una rosa infarcita di giovani della zona».

Giovani che necessitano tuttavia d’incamerare maggior esperienza, macinare chilometri. È stato dunque rischioso salutare la Nazionale rossocrociata U21, in cui si era fatto una reputazione, accettando l’offerta del Thun. Lustrinelli si è messo alla prova, fuori dalla sua zona di comfort, cercando di maturare come persona e allenatore. «Il direttore sportivo e il presidente mi hanno presentato questo progetto fondato su tre punti cardine, che ho sposato fin da subito». Un calcio d’intensità, offensivo e verticale (che rispecchia le sue caratteristiche di quand’era giocatore), identificazione... e offrire una possibilità «a ragazzi della zona. Non abbiamo mai smarrito la bussola, pazientando e rimanendo uniti». I bernesi l’anno scorso hanno collezionato numeri da record, eppure quel sogno promozione si è infranto durante i minuti finali dello spareggio. Una sconfitta difficile, anzi difficilissima, da smaltire. Una sconfitta che ha tuttavia spronato ulteriormente la squadra e il calore dei tifosi. Consapevole delle sue capacità e di aver imboccato la strada corretta, il Thun è ripartito senza esitare. «È stato un cammino lungo, ma siamo riusciti a trovare continuità. Non abbiamo infatti mai conosciuto una serie di risultati negativi». Dopo il 3-0 subìto a fine marzo sul campo dello Stade Losanna, ad esempio, la compagine di Mauro Lustrinelli ha conquistato ben cinque partite di fila, realizzando sedici reti e raccogliendo la sfera dal sacco una sola volta. Il ticinese si è confermato audace, effettuando una scelta piuttosto sorprendente. Sì, perché dal rovescio in terra romanda ha cambiato il portiere affidando di nuovo il ruolo di titolare a Niklas Steffen.

Una mentalità di squadra

Nelle ultime due stagioni, fra le squadre di Super e Challenge League, il Thun ha inoltre le «migliori statistiche in termini di successi, punti nonché gol fatti e subiti». Un ruolino di marcia impressionante, da ricondurre soprattutto alla forza del collettivo. «Era importante avere questa mentalità di squadra. Come ben ci ha insegnato la storia del club, qui si possono raggiungere determinati risultati solo grazie all’unità e remando tutti nella medesima direzione. Non è facile trovare qualcuno che recepisca e sposi questo messaggio». Lustrinelli si lascia scappare un sorriso pensando alla lista dei migliori dieci marcatori della seria cadetta, senza giocatori della capolista. Niente paura, però, le marcature firmate Thun sono infatti «sparpagliate fra più elementi. Questo permette alla squadra di essere più imprevedibile. Ognuno è in grado di segnare, anche chi è chiamato a subentrare dalla panchina è spesso determinante. E questo suscita maggior consapevolezza nella rosa». Una rosa che (ri)ammireremo la prossima stagione o, giocoforza, bisognerà puntare su elementi di esperienza? Il 49enne chiarisce subito la sua posizione. «È importante la continuità, ma sicuramente dovremo rinforzare ogni reparto così da riuscire a militare in Super League. Lo zoccolo duro rimarrà comunque formato da questi ragazzi». Chiusa la carriera di giocatore, abbozzata quella di head coach. E, ora, il massimo campionato. Il tutto sempre in quel di Thun. «Ho ancora qualche sogno che spero, e desidero, realizzare. L’intento è di continuare a migliorare, cercando di tornare a calcare palcoscenici europei o internazionali». Che sia la musichetta della Champions o il salmo elvetico. La memoria corre subito a Dortmund: appena subentrato a Frei, Lustrinelli ‘illumina’ il cammino di Barnetta, che realizza il raddoppio sul Togo nella fase a gironi dei Mondiali del 2006. «Ho trascorso cinque anni sulla panchina della selezione U21, conquistando per ben due volte l’accesso alla rassegna continentale. Dunque, sì, prossimamente mi piacerebbe allenare la Nazionale maggiore». Finora tutto quello che ha toccato si è trasformato in oro, «m’impegnerò a fondo affinché sia così anche in futuro», ride.

‘Non c’è unità d’intenti’

Il ticinese ha intrapreso la strada del professionismo tardi, all’età di 23 anni, firmando per il Bellinzona in modo da finanziare una laurea in economia. E, nella capitale, si è distinto per tenacia, intelligenza e capacità di concentrarsi sull’essenziale. Tutte qualità utili a diventare una bandiera dell’Acb. Quell’Acb che affronterà stasera e che, tralasciate le ultime settimane, ormai da qualche anno sembra barcamenarsi a fatica. «L’impressione (dall’esterno) è che non ci sia questa unità d’intenti. Qui a Thun remiamo tutti nella stessa direzione: da chi elargisce i finanziamenti a chi si occupa della squadra. È difficile trovare la medesima situazione altrove... Siamo un’eccezione». Un esempio di efficienza, come affermato da Jetmir Krasniqi. Il terzino sopracenerino ha infatti esaltato l’impostazione della società bernese, capace di mettersi alle spalle un periodo abbastanza complicato. «Per i giocatori credo sia importante sentirsi parte di qualcosa di più grande, essere sostenuti dalla propria tifoseria. Questo affetto si è perso a Bellinzona, almeno è la sensazione da fuori. I principi a cui è stata ‘abituata’ la piazza sono altri». Tutto il contrario di quanto succede a Thun. Un club di piccole dimensioni, che non rischia più delle sue risorse. «Siamo umili, ma pure ambiziosi. Il presidente Andreas Gerber, il direttore sportivo Dominik Albrecht e numerose altre persone dello staff hanno trascorso un decennio in seno alla società. Una continuità di persone, oggi difficile» da reperire altrove, basata su idee comuni. Il Thun è sostenuto da un imprenditore locale, ma non è sicuramente la norma. Basta pensare alla Serie A italiana, «in cui la maggior parte dei proprietari sono di origini cinesi o statunitensi. E, questo, rischia di compromettere il senso d’identificazione. I tifosi hanno l’impressione di non essere ascoltati, sono delusi, non bazzicano più lo stadio. Credo sia necessario fare affidamento su determinati personaggi».

A lungo rimasto nello specchietto del Thun, l’Aarau si è invece chiamato fuori dalla corsa promozione nel giro di poche settimane. «Non hanno conosciuto la nostra stessa costanza di rendimento. Hanno faticato a carburare, inanellando una serie impressionante nel mese di marzo, prima di cedere definitivamente il passo» della capolista. E così Fazliu e compagni si giocheranno la possibilità di affrontare lo spareggio in terra romanda. Chi ha più benzina? «Non saprei, forse mentalmente l’Étoile. Anch’io sono curioso di scoprire il risultato della sfida di stasera, come di conoscere finalmente chi scenderà dalla Super».