L’aggettivo coniato per descriverli, e spesso sfotterli, adesso è anche sinonimo di vittoria. Cronaca di una stagione folle, e di un successo indefinibile
La partita con cui il Tottenham ha vinto l’Europa League, e più in generale l’andamento di una stagione grottescamente allucinante fino a mercoledì sera e poi diventata d’incanto trionfale, permettono di capire alla perfezione un concetto presentissimo nel gergo inglese ma che qui si conosce poco: “Spursy”. Già, perché gli Spurs sono riusciti a far creare un aggettivo a loro immagine e somiglianza.
È “Spursy” sconfiggere a domicilio il Manchester City sembrando l’Olanda del 1974 per poi perdere in casa contro l’Ipswich regalandogli la prima vittoria in campionato; è “Spursy” avere uno degli attacchi più prolifici della Premier League ma collezionare disastri perché se vinci una partita 4-0 e ne perdi tre 1-2 di reti ne fai, ma di punti no. Soprattutto, e siamo al capolavoro dadaista, è “Spursy” essere 17esimi in campionato, un posto sopra la relegazione, e coronare la stagione con più sconfitte in campionato della propria storia con la qualificazione alla prossima Champions League attraverso, appunto, la vittoria dell’Europa League ponendo fine a un digiuno che a livello continentale durava da oltre quarant’anni.
E ancora, è completamente “Spursy” l’allenatore: quell’Ange Postecoglou presentatosi con un accento australiano sensazionale, il suo finire quasi ogni dichiarazione e anche le prese per il culo con il colloquialissimo “mate” (amico, ndr), un calcio più che offensivo e velocissimo, una linea difensiva incomprensibile nonostante ogni buona volontà che, per i primi tre mesi della scorsa stagione, la sua prima in panchina al Tottenham, ha fatto faville. Primi in classifica, calcio champagne, tabloid entusiasti, tifoseria impazzita che sulle note di “Angel” di Robbie Williams cantava “I love Big Ange instead”. Poi succede che gli infortuni si moltiplicano, perché si può essere atleti finché si vuole ma a correre così ogni partita e ogni allenamento finisce male: gli Spurs hanno superato il record planetario di stiramenti in questi due anni. Poi succede anche che gli avversari, in Premier League non sono stupidi, capiscono come si gioca, cosa sia l’“Ange-Ball” e la festa finisce. Postecoglou, cocciuto e convinto, tira dritto alternando successi, pochi, a figure imbarazzanti, molte. Messo sotto pressione dai tabloid – quelli che se non hai un mental coach di quelli seri possono farti svalvolare malissimo – e dalla tifoseria – che dopo una delle mille oscenità cui ha dovuto assistere quest’anno, la sconfitta in casa del Bournemouth, con molta eleganza gli ha dato del grassone –, ti crea il capolavoro. Vincere l’Europa League contro il Manchester United, con una partita zozza e maleducatissima, brutta e rognosa, con 48 minuti di gioco effettivo sui 100 disputati recuperi compresi, con un gol inguardabile a decidere una finale e un catenaccio che non si vedeva dal bel calcio di provincia dei tempi che furono.
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‘La seconda stagione vinco sempre un trofeo’
Nei momenti di maggiore tensione, Ange ha sempre detto che al secondo anno sulla panchina di una squadra vince sempre un trofeo. E giù sberleffi a ogni eliminazione, soprattutto quelle da Fa Cup e League Cup contro Aston Villa e Liverpool nel giro di quattro giorni. Ora eccolo lì, dopo aver quasi urlato di non essere un clown nella conferenza stampa prepartita, a festeggiare una coppa vinta mettendo in secondo piano il proprio gioco e le proprie idee ma mostrando proprio quando doveva un senso pratico degno e caratteristica di ogni grande allenatore. Che ora, indipendentemente dal futuro, che venga cacciato o no, sarà quello che ha fatto tornare a vincere gli Spurs dopo la League Cup del 2008. E sì, sarebbe molto “Spursy” anche licenziare uno che porta a un successo europeo contro ogni pronostico. Ma tanto ormai...
Completamente e assolutamente “Spursy” è vincere una finale dove, infortunati – ma guarda un po’ – quasi tutti i giocatori di talento e fantasia, a vincerla son stati i fabbri ferrai tra difesa e centrocampo, con Romero e Bentancur di una cattiveria sportiva (e non) commovente e Van De Ven a fare un salvataggio indescrivibile sulla linea.
Ma, e qui siamo al momento lacrime, definitivamente “Spursy” è pensare a che coppia siano stati Harry Kane e Heung-Min Son per un decennio. A quanto, perché questi due campioni alzassero un trofeo, si siano dovuti separare per vedere, nel giro di un paio di settimane, Kane tutto felice col suo primo campionato vinto in carriera col Bayern Monaco, e Son mercoledì alzare la coppa facendo esplodere Bilbao e il salotto di ogni tifoso.
Adesso “Spursy” vuol dire anche vincere.