L’italiano Di Chirico si racconta nell’autobiografia ‘Sempre, ovunque, contro chiunque’, uno sguardo dall’interno nel mondo delle arti marziali miste
Ecco un estratto del libro “Sempre, ovunque, contro chiunque. Vita di un fighter di Mma”. Nell’estratto scelto siamo nel bel mezzo dell’azione. Di Chirico sta per combattere il secondo round contro il russo Roman Koylov, a Parigi, nel settembre del 2022. Un incontro durissimo al termine del quale Di Chirico deciderà di ritirarsi.
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Il libro di Alessio di Chirico e Daniele Manusia
In questo sport ci vuole un po’ di masochismo. Devi volerti punire… contro Kopylov non stavo bene di testa. Ho sbagliato la strategia. Forse mi ero messo troppo in discussione, sempre, ho sofferto critiche che non dovevano toccarmi, sono stato troppo umile». Tra primo e secondo round Verginelli e Del Monte gli danno consigli sul pugilato.
Gli chiedono di incrociare il sinistro di Kopylov con il suo destro, di lavorare più con i colpi dritti, meno con i ganci. «Capito? Non rimanere passivo» gli dicono quando si è già rialzato e sta per ricominciare il combattimento. Di Chirico ha la faccia esausta, sbatte le palpebre e sembra faticare a tenere gli occhi aperti. Pensa: «Da quella distanza non ci scambio più. Vado dentro». A un pugile come Kopylov gli puoi andare dentro solo in un modo: «Con coraggio».
Subito, quando Kopylov lo colpisce con il jab Alessio si copre la faccia con le mani e si butta in avanti. Entra nella guardia di Kopylov, ma lo fa ancora con colpi larghi, tre ganci, sinistro-destro-sinistro: il primo va a vuoto sopra la testa di Kopylov, il secondo finisce sulla spalla che l’altro ha ruotato per parare, il terzo invece lo raggiunge al mento, ma è scarico. Non avrà fatto grandi danni, ma almeno Di Chirico ha visto che può spingere Kopylov verso l’esterno della gabbia. Sulla maschera di Kopylov affiora l’ombra di un sorriso che può voler dire tutto e il contrario di tutto.
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Di Chirico sanguinante durante un incontro
Quando tornano al centro dell’ottagono e ricominciano a scambiare, è chiaro che Alessio non ha la minima intenzione di indietreggiare. È più coperto, nasconde il viso con le mani e muove il busto cercando di sfuggire ai jab e ai diretti di Kopylov. Incassa parzialmente un calcio sinistro tra collo e braccio e va a vuoto con un nuovo gancio, ma è ancora Kopylov ad andare all’indietro (a volte il combattimento tra due uomini si riduce a centimetri da difendere, a centimetri da non cedere). Per aprirgli la guardia Kopylov raddoppia il jab, come se stesse bussando a una porta, e appena Alessio si affaccia, scoprendo una porzione di volto, ci infila il pugno mancino. «Il suo diretto sinistro era una scheggia» conferma Alessio in tono di ammirazione.
Dopo un minuto del secondo round Di Chirico ha difeso la sua posizione ma sembra anche avere meno riserve di Kopylov. «Volevo farlo partire per primo, parare o schivare per poi rientrare». Ma quando Kopylov non colpisce Alessio sta fermo ad aspettare, ed è lui che sta perdendo l’incontro.
Deve fare qualcosa. Allora finge un cambio di livello, si abbassa leggermente sulle gambe come se volesse provare il takedown e quando Kopylov scende un po’ con la postura Alessio schizza verso l’alto per stampargli una ginocchiata in fronte. Forse lo tocca con la tibia mentre indietreggia, forse non lo tocca affatto, in ogni caso è una questione di centimetri (a volte il combattimento tra due uomini si riduce a un paio di centimetri più in qua o un paio di centimetri più in là). Di Chirico è più appiccicoso di prima, ha aumentato la propria viscosità e quando Kopylov lo colpisce anche di striscio poi fatica ad allontanarsi. Alessio gli va incontro con ganci corti, gli va dentro e arriva fino ad afferrarlo con entrambe le mani per tirargli di nuovo la testa verso il basso. Tenta ancora una ginocchiata e stavolta non è questione di centimetri, ma di millimetri.
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Un combattimento nella classica gabbia
I primi giorni a Parigi, senza sapere come passare il tempo mentre stava ancora tagliando il peso, Di Chirico ha deciso di andare al Louvre. Insieme al suo allenatore si perde nel museo, e quando arrivano nella sala della Monna Lisa Alessio è stanchissimo. Non ha voglia di fare la fila dietro gli altri turisti e, girandosi di novanta gradi, si trova di fronte le Nozze di Cana del Veronese. Un quadro impressionante, largo quasi dieci metri, con molti personaggi stretti intorno a una tavola imbandita. Gesù, al centro della tavola, è l’unico che guarda dritto verso lo spettatore. Non è uno sguardo compassionevole, né sereno, questo Gesù è leggermente strabico e guarda nel vuoto come se fosse a disagio, come se volesse alzarsi da tavola e uscire dalla tela. Forse Alessio ci si rivede, o forse sono gli splendidi rossi delle vesti e l’azzurro di quel cielo italiano che già gli mancava, fatto sta che ci rimane davanti come ipnotizzato. Guardando quel quadro sente qualcosa che gli si muove dentro, ma non era ancora il momento di far uscire niente.
Kopylov si libera dalla presa delle mani di Di Chirico giusto in tempo, deve aver percepito in qualche modo quanto gli è andato vicino il ginocchio dell’avversario e quando si riporta in posizione eretta ha l’aria leggermente corrucciata, come se cercasse di capire cosa è cambiato esattamente in Di Chirico; come se gli avessero cambiato i pezzi sulla scacchiera senza che se ne fosse accorto: dove ricordava ci fosse un pedone adesso c’è un alfiere, dove prima non c’era niente ora è comparsa una torre. Kopylov riprende a scavargli la guardia con jab e diretti. Alessio resiste alla grandine che si abbatte a ritmi irregolari sulle sue mani unite a formare un casco naturale e si dice: «Devo menarlo. Qualche colpo deve entrare per forza». Quando si muovono in giro per l’ottagono Di Chirico cammina ondeggiando da una parte all’altra col tipico movimento a U dei pugili ma la sua faccia è sempre più segnata e i commentatori lo sottolineano.
Al microfono c’è l’ex campione dei pesi medi Michael Bisping, un fighter capace di combattere per metà carriera con un occhio solo, dopo aver perso la vista da quello destro in seguito a un calcio subìto in un incontro. Bisping dice che gli piace il modo di combattere di Di Chirico: «Live by the sword, die by the sword», chi di spada ferisce, di spada perisce, più o meno.
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Un incontro con Trump a bordo ring
Bisping forse fraintende lo stile di Alessio, scambiandolo per uno di quei fighter tutto cuore e zero tecnica, ma intercetta in lui quelle vibrazioni da eroe cavalleresco, senza macchia e senza paura, che effettivamente ha. Bisping racconta di averlo incontrato in ascensore prima dell’incontro e che Di Chirico era serissimo, sembrava incazzato, anzi, lo fissava come se fosse stato pronto a combattere con lui proprio dentro quell’ascensore. Sì, Alessio lo ha guardato male, dice, ma solo perché qualche giorno prima Bisping aveva rifiutato una foto a Verginelli, il suo allenatore. E poi non gli piacciono i suoi commenti, troppo critici con i fighter, poco rispettosi.
«Alessio è frustrato» dice ora Bisping, dopo che ha provato un single leg difeso ancora una volta egregiamente da Kopylov. Sta sprecando energie provando takedown che Kopylov difende ogni volta, vero, in compenso però la distanza in questo secondo round è quella che preferisce Alessio, quella da cui può lasciarsi andare. Quando mancano tre minuti alla fine colpisce Kopylov con due diretti secchi e decisi, il secondo dei quali fa rimbalzare indietro la testa all’avversario.
Poi, di nuovo, arriva al bersaglio con un terzo diretto. Kopylov va a vuoto col suo diretto mancino e Alessio rientra incrociandolo con un gancio sinistro. In questo tipo di scambi meno controllati è Di Chirico a sembrare più reattivo. Si protegge con i gomiti deviando i colpi dritti di Kopylov, poi va a segno con i ganci corti di rimessa. Sul naso di Kopylov si è aperta una ferita. «Questo è stato un bel round, uno dei migliori della mia carriera. Quasi un capolavoro».