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Da una parte all’altra di campo e microfono

Rachel Rinast, prima donna a commentare ‘in prima’ una partita di calcio ai microfoni della Srf. ‘Da giocatrice, mi piaceva il rapporto con i media’

‘È un po’ come andare in campo per una partita’
(Srf/Gian Vaitl)
4 luglio 2025
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Mentre l’America stasera se ne starà con il naso all’insù per ammirare i fuochi d’artificio per la festa dell’Indipendenza, da questa parte dell’Atlantico, a Ginevra, i motivi d’interesse sono altri. Sollecitando stavolta più… le orecchie che gli occhi. Perché, dopo una carriera sportiva vissuta sul terreno – anche con la maglia rossocrociata – e un paio d’anni di ‘rodaggio’ nei panni di co-commentatrice, la partita tra Danimarca e Svezia in programma oggi a Ginevra segna il debutto di Rachel Rinast come commentatrice ‘in prima’ di una partita di calcio per la Srf, diventando così la prima donna a vestire questi panni per conto della televisione pubblica svizzerotedesca. Con la 34enne di Bad Segeberg, nel Nord della Germania, ci siamo intrattenuti alla vigilia del suo debutto per una lunga chiacchierata. Nervosa? «Beh, sì, non potrebbe essere altrimenti: è un po’ come andare in campo per una partita», racconta Rachel Rinast. Come ci si prepara per la cronaca di una partita? «Un paio di settimane prima dell’inizio dell’Europeo ho staccato per qualche giorno di vacanza in Italia. Ho cercato di estraniarmi da tutto. Vanamente: alla tele passavano Norvegia-Italia, per cui l’ho guardata. Adoro seguire le telecronache di altri Paesi: i cronisti italiani fanno il loro lavoro in modo assai diverso dai tedeschi». Come ci è arrivata Rachel Rinast su un campo da calcio? «Ci sono arrivata già in tenera età: a quattro anni. Sostanzialmente perché un mio compagno dell’asilo, il mio migliore amico, giocava a calcio. E così ho provato anch’io a tirare calci al pallone, anche perché mi divertivo molto con gli sport e le attività di movimento in generale. Per un po’ ho anche provato con la danza classica, perché mia madre la praticava. Ma ben presto mi sono resa conto che il balletto per bambini non faceva al caso mio. Così, un giorno, mentre giocavo a calcio con il mio amico in giardino, ho deciso che quello sarebbe stato il mio sport. Quando ho raccontato ai miei genitori della mia passione, a quell’età, hanno logicamente trovato strano che una delle mie prime parole fosse appunto ‘palla’, perché quel mondo era qualcosa di astratto per loro. Ma mi hanno assecondata… Fino a 16 anni ho giocato assieme ai ragazzi nello Schleswig Holstein, a un livello piuttosto buono, direi. A un certo punto però ho dovuto fare il grande passo, e unirmi a una squadra tutta femminile. All’inizio è stato un bel cambiamento perché, a dire il vero, non avevo mai avuto a che fare con una squadra di sole donne. Non sono mai stata presa in considerazione per la Nazionale svizzera perché nessuno sapeva che avessi il passaporto rossocrociato. A diciott’anni la Dfb sembrava intenzionata a convocarmi per vestire la maglia della Germania, ed è stato a quel punto che la mia consulente di allora ha fatto presente ai vertici della Federcalcio tedesca che ero svizzera. È successo poco prima della Coppa del mondo in Canada. Con la Svizzera di Martina Voss-Tecklenburg ho disputato diversi tornei, fra cui, appunto, il Mondiale in Canada del 2015, ma poi, alla vigilia della rassegna iridata in Nuova Zelanda di due anni fa, ho chiuso quel capitolo. L’allora selezionatrice, Inka Grings, mi aveva detto che avrei pure io avuto la mia chance, ma non mi sentivo in forma per cui ho deciso di passare la mano. In Nuova Zelanda ci sono andata comunque, perché poco dopo si è presentata la possibilità di seguire il torneo come co-commentatrice per la Srf».


Keystone
All’europeo di tre anni fa in Inghilterra

Come un sogno che si avverava

Torniamo al Mondiale giocato in Canada, la prima fase finale di un grande torneo organizzato dalla Fifa a cui la Svizzera abbia mai preso parte: che sensazioni hai provato calcando quella passerella? «Arrivare fin lì era ovviamente come un grande sogno che si avverava. Da bambina avevo scritto su un foglio di carta quelli che erano i miei sogni e i miei desideri, e quello di partecipare a un Campionato del mondo o a un’Olimpiade c’era su quel pezzo di carta! Quando ho ricevuto la convocazione per il Canada ero emozionatissima: per me giocare un torneo come quello era qualcosa di incredibile. Anche se all’inizio era tutto nuovo per me ed ero logicamente spaesata…».

Poi, appunto, sei passata dall’altra parte del campo e… del microfono: come mai questa scelta? «Anche prima, quando giocavo, ero affascinata dal mondo dei media, e dunque per me è stato un passo quasi naturale entrare a farne parte. Lavorare con e per i media, tuttavia, era ciò che volevo fare per davvero, anche perché mi sento fatta per calcare un palco, o qualcosa di simile. È anche vero che l’opportunità di diventare commentatrice è nata un po’ per caso perché nemmeno immaginavo si potesse diventarlo. Se oggi mi trovo qui, sola dietro al microfono, è perché le persone che credevano in me mi hanno spronata dicendomi “sei brava come co-commentatrice: potresti farlo da sola.”, e malgrado i miei “non esiste, come faccio a farlo?”, hanno insistito. Ed eccomi qui…».

‘Da sempre un buon feeling con i media’

Nei panni di giocatrice, come vivevi il rapporto con i media? «Non capivo perché i media fossero visti da molti come il fumo negli occhi. Forse proprio questa mia predisposizione positiva verso di loro ha fatto sì che si creassero le premesse per questa mia seconda carriera. A cui lavoravo già da tempo. Anche se questa mia attività ‘accessoria’ è pure stata fonte di qualche attrito, come quando giocavo a Colonia, dove non vedevano di buon occhio questo mio coinvolgimento in qualcosa di simile ai media. E questo ha portato alla fine della mia avventura con quel club… Col senno di poi, è anche stata la scelta giusta al momento giusto, perché mi ha permesso di pianificare con ideale tempismo il mio dopo-carriera calcistica».

Veniamo a questo Europeo, che idea ti sei fatta di Pia Sundhage e della sua squadra? «Pia è chiaramente una sorta di icona del calcio femminile. Un’ottima giocatrice prima e un’ottima allenatrice ora. Con lei sulla panchina, la Svizzera può finalmente fare un salto di qualità. Dal profilo caratteriale, Pia è una persona molto calma, ma comunque espansiva».

Il torneo

‘Le squadre favorite? Spagna e Inghilterra’

Veniamo ai pronostici. Cominciando dal gruppo in cui farai il tuo esordio in solitaria al microfono (quello che oltre a Svezia e Danimarca, comprende pure Polonia e Germania)... «La Germania è sicuramente la favorita di questo quartetto, assieme alla Svezia. Se tutto va secondo i piani, dovrebbero essere queste due squadre a qualificarsi per la fase a eliminazione diretta. La Polonia non va tuttavia sottovalutata, così come la Danimarca… Quella danese è una formazione che sa fare bene nei grandi appuntamenti… La Germania dovrebbe essere un valore certo, anche se spesso il cammino delle tedesche segue una dinamica tutta sua. In più c’è anche l’incognita del nuovo allenatore, Christian Wück, che proviene dalla realtà calcistica maschile…». Chi vincerà il titolo? «L’Inghilterra, campione in carica, e la Spagna – squadre che si sono già affrontate nella finale della Coppa del mondo 2023 – sono le favorite d’obbligo. Ma anche altre nazioni hanno ottime possibilità per fare strada. Compreso il Galles, che approda per la prima volta a questa ribalta, ma lo fa in forma smagliante, o la Finlandia, altra invitata a sorpresa della rassegna continentale. Insomma, sarà un bello spettacolo, da vedere e… commentare!».