laR+ Calcio

Questione di tempo, ‘riusciremo a girare a pieno regime’

Dylan Tutonda si augura che il Bellinzona cambi marcia. Nel mentre dalla Colombia spuntano i nomi di Jersson Gonzalez, ex Llaneros, e Berley Villa

(Ac Bellinzona/Filippo Zanovello)
25 agosto 2025
|

Quattro giornate di campionato, un solo punto nel carniere. Nelle ultime annate simili ruolini di marcia erano quasi la norma, vero. I bassifondi erano come quel parente lontano e fastidioso che bisogna rivedere a ogni ricorrenza, ma raccogliere quattordici palloni dal sacco in meno di un mese deve risuonare come un campanello d’allarme. Che l’inizio di stagione del nuovo Bellinzona potesse (eufemismo) essere complicato, era risaputo da settimane. Questa serie di controprestazioni, però, era difficile da immaginare. Le partite disputate sono appena quattro, poche, seppur nel calcio il tempo corra. N’è consapevole la società, che ha ordinato il silenzio radio in seguito alla deficitaria trasferta nel Principato e secondo la stampa colombiana medita un cambio sul ponte di comando. Già pronti l’ex tecnico di Llaneros e America de Cali, Jersson Gonzalez, e il preparatore atletico Berley Villa. E, allora, bisogna sperare che la profezia della ‘new entry’ Dylan Tutonda – incontrato giovedì e oggi lesionatosi verosimilmente menisco e legamenti – sia corretta.

Il centrocampista era sicuro che dalla quinta giornata, domani, l’Acb avrebbe iniziato a girare a pieno regime, o quasi, e conquistare punti così da risalire la classifica. Non aveva comunque nascosto la volontà di trovare più spazio in squadra, sicché ora è «in rotazione. Questo significa che spesso entro a match in corso. Nelle ultime tre partite non ho collezionato nessun minuto, ma continuo a lavorare. Cerco di aiutare in qualsiasi modo i miei compagni, cercando di accaparrarmi magari pure un posto da titolare». Il 22enne si augurava inoltre di richiamare l’attenzione di un club di Super League. Atletico, tecnico e bravo difensivamente. Un profilo interessante, e che bazzica ormai da parecchio i nostri campionati, che avrebbe sicuramente potuto risultare utile a Benavente. Il nativo di Barcellona è ancora in cerca della sua formazione ideale. Tic tac, tic tac.

Dylan è motivato: parastinchi e calzettoni sono una passione da quando, all’età di sette anni e grazie a suo fratello maggiore, si è iscritto alla scuola calcio di Losanna. E, l’anno scorso, il tutto si è trasformato in lavoro. «Non sono mai stato arrabbiato quando mi alleno perché mi piace. Mi alzo la mattina e sono felice, impaziente di raggiungere il campo e iniziare a giocare. Non ho bisogno di chissà quali motivazioni. È naturale». Il romando ha indossato la maglia biancoblù fino a 19 anni, periodo in cui ha ricevuto una sospensione a suo dire ingiustificata. «Non ho infatti potuto disputare nessun incontro ufficiale da settembre 2022 a settembre 2023 a causa di un malinteso. Mi hanno espulso a seguito di una partita e nel rapporto dell’arbitro si affermava che la colpa di quanto accaduto fosse mia, ma era falso».

Una diffida inizialmente solo di sessanta giorni. Il centrocampista si è quindi tenuto in forma nello Stade Losanna, capendo però «che avrei dovuto passare altri dieci mesi lontano dalle competizioni. È stato veramente difficile! Ho cercato di concludere l’apprendistato, purtroppo senza riuscirci, continuando a effettuare le mie sessioni di allenamento» nel club di proprietà dell’imprenditore Vartan Sirmakes. A inizio estate il Bulle (che tuttora milita in Promotion League) ha dunque ingaggiato Dylan, che ha di nuovo potuto concentrarsi esclusivamente sul calcio e – come accennato in precedenza – firmare il suo primo contratto da professionista. Un anno, più opzione. Era la nuova promessa del Sion. Da giocatore in prova si è subito messo in evidenza, ma è stato dirottato in Prima Lega. Nelle giovanili. Una scelta che ha persuaso il 22enne ad ‘autoretrocedersi’ nella serie cadetta. «La speranza era di essere maggiormente coinvolto nella prima squadra dei biancorossi e, magari, collezionare qualche presenza nel massimo campionato».

‘Troppo duro nei miei confronti’

Fra le mura della capitale ora il romando è felice. «Mi sono ambientato senza grandi difficoltà, pure alle richieste del mister. La rosa è munita di buoni elementi, ma è ancora in costruzione, bisogna trovare ogni automatismo. Non posso che ringraziare i nostri tifosi... Ci raggiungono dovunque, anche in Coppa (di cui a Bellinzona conservano tutti un piacevole ricordo). Mi permetto solo loro di chiedere di avere pazienza e di continuare a concederci un pizzico di fiducia». Traspare lucidità, e serietà, anche nell’ammettere di avere margini di miglioramento. Ad esempio la conclusione, che dev’essere maggiormente precisa e pericolosa, e la componente mentale. Il mantenere la soglia dell’attenzione alta e il non perdere la concentrazione, appena commesso un errore. «Nelle ore antecedenti la partita non percepisco in modo eccessivo la pressione sicché gioco a calcio da quando sono bambino. Se durante il match comincio a sbagliare qualche passaggio, però, incontro più difficoltà. Cerco allora di ripetermi che tutto si risolverà, che riuscirò a fare la differenza. È solo una questione di testa, devo lavorarci. Non dovrei essere così duro nei miei confronti».

Un’analisi da cui traspare grande maturità: se intende realizzare il sogno di calcare l’erba della Premier League – suo campionato preferito – difendendo i colori del Chelsea, sono accorgimenti necessari. Il 22enne fa sì affidamento sulle proprie qualità, ma pure sulla religione. «Sono una persona molto credente; prego quasi ogni giorno affinché non m’infortuni e possa ben comportarmi sul terreno da gioco, che sia in partita o in allenamento. Non ho altri rituali o scaramanzie», come singoli giocatori di cui spera di ripercorrere la carriera. Ogni storia è differente, «apprezzo in particolar modo quella di Abou Diaby, Paul Pogba e Zinedine Zidane. Fra i confini nazionali mi hanno invece colpito le capacità di Alvyn Sanches, Adrien Llukes e Seko Fofana».

Brunell e le radici angolane

Una carriera definitivamente cominciata sul palcoscenico della Coppa. Croce, e delizia. «Era il primo incontro ufficiale in cui dovevo affrontare una squadra professionistica, il Servette. C’era tutta la mia famiglia in tribuna, ero contento di entrare in campo». Il risultato, 3-0, ma il 22enne si è messo subito in evidenza fornendo l’assist a Yanis Lahiouel. Era il punto della bandiera del Bulle, sciupato qualche minuto più tardi da un cartellino rosso. Dalle stelle alle stalle in men che non si dica. Un duro colpo, «che mi ha comunque permesso di relazionarmi e mantenere sotto controllo differenti emozioni senza reprimerle. Niente facili euforie, bensì lucidità». Il sostegno di mamma e papà, entrambi pastori (in ambito ecclesiastico), «è stato fondamentale. Ho inoltre cinque fratelli e una sorella, che non risparmiano consigli. Un punto a mio favore».

Le palestre ticinesi ben conoscono Brunell Tutonda, che ha militato anche nella Spinelli Massagno. «Mi ha sostenuto giorno e notte, specialmente durante la sospensione: bazzica da quasi un decennio il mondo del professionismo, conosce il circuito e le dinamiche interne a cui badare più attenzione». L’oggi 34enne ha iniziato a districarsi sui campi da calcio e in ‘tarda’ età si è innamorato del parquet, indossando pure la maglia della Nazionale rossocrociata. Non ha comunque mai dimenticato parastinchi e calzettoni, come le sue origini. Già, perché «coadiuvato da nostro fratello Gaylord ha fondato una squadra non ufficiale di giocatori angolani che abitano in Svizzera. L’intento è di organizzare delle amichevoli, ad esempio domenica hanno sfidato Capo Verde a Friborgo. Era un’idea piuttosto folle, ma che si è trasformata in realtà». Culture differenti, anzi plurali, come Bellinzona e Losanna. Dylan era tuttavia «in cerca di maggiore libertà, indipendenza. Sono il piccolo della famiglia, rimanere lontano da casa mi permetterà di crescere».