L'ultima tappa della Vuelta è stata interrotta (a circa 56 chilometri dalla fine) a causa dei manifestanti pro-Palestina.
La ventunesima e ultima tappa della Vuelta è stata definitivamente interrotta a circa 56 chilometri dalla conclusione. Come mai? Le proteste di più di 100mila manifestanti pro-Palestina, che hanno ‘invaso’ il circuito finale a Madrid. La corsa, più volte disturbata (complice, in primis, la presenza della Israel-Premier Tech), non ha superato il traguardo ma Jonas Vingegaard è comunque stato consacrato re di questa ottantesima edizione.
Fin dalla mattina una folla di persone (con bandiere palestinesi) si è radunata lungo il tracciato intonando cori e sfoggiando cartelli di protesta nei confronti del “genocidio” tuttora in corso a Gaza. Non sono mancate bordate di fischi a ogni passaggio della carovana, mentre nel cuore turistico della città e pure a Plaza de Colon i manifestanti hanno fatto cadere le barriere di protezione invadendo la strada che avrebbero dovuto percorrere i ciclisti. La polizia ha dunque risposto caricando la folla e lanciando bombe lacrimogene. Dal canto loro i corridori hanno messo piede a terra per valutare la situazione, prima di ripartire a rilento scortati dalle ammiraglie. E, in seguito, fermarsi di nuovo in maniera definitiva.
A inizio giornata il Primo ministro spagnolo, Pedro Sanchez, aveva ribadito la propria “ammirazione” per i manifestanti ricordando comunque più volte di avere rispetto dei ciclisti. “Che triste spettacolo”, ha lamentato invece su X il leader del Partito popolare Alberto Nunez Feijoo. “La violenza ha vinto sui valori dello sport e ritengo il Primo ministro responsabile”, l’atto di accusa del sindaco di Madrid, José Luis Martínez-Almeida. Cancellate tutte le premiazioni. La faccia del vincitore, Vingegaard, un poema di tristezza.