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Ambrì, l’orizzonte playoff e la generazione di mezzo

Nonostante ottime premesse, l’avventura si ferma di nuovo a un soffio dal traguardo. Ma l’impressione è che sarà sempre più dura , per tutti

Gli applausi dei tifosi ricambiati, lunedì a Kloten. E sono applausi meritati
(Keystone)

Così vicini, così irraggiungibili. Di nuovo. Nonostante stavolta non sembravano poterci essere premesse migliori, dopo una regular season in crescendo, conclusa sì al decimo posto, contro l’ottavo dell’anno prima – che, a ben vedere, in mancanza dei play-in, sarebbe stato sinonimo di qualificazione diretta ai playoff –, ma con un filotto di risultati positivi nelle ultime dieci partite (sette vittorie a fronte di tre sole sconfitte) che faceva dell’Ambrì la squadra più in forma di tutte, assieme a Berna e Friborgo. Il problema, però, è che non sempre le premesse finiscono per diventare realtà. Lo si è capito nelle quattro sfide che mettevano in palio l’ottavo e ultimo posto ai playoff, contro Rapperswil prima e Kloten poi, dove – onestamente – l’impressione è che tanto i sangallesi, tanto gli zurighesi avessero qualcosa in più non solo sul piano della velocità, ma anche, apparentemente, su quello dell’energia. Alla vigilia della sfida di lunedì a Kloten, Luca Cereda diceva che quella fisica è più semplice da recuperare rispetto all’energia emotiva, tuttavia l’impressione è che al tirar delle somme elementi chiave come i due perni della difesa Tim Heed e Jesse Virtanen abbiano finito col dover abusare delle loro risorse: sarà anche vero che gli stranieri in difesa debbano tirare il collo – del resto, nella top ten dei giocatori della Lega relativa al ‘time on ice’, ben nove è gente arrivata da fuori –, ma lo svedese e il finlandese dell’Ambrì sono gli unici ad aver infranto il muro dei ventiquattro minuti effettivi a serata, in ogni singola partita dal 17 settembre in poi. Quindi non deve sorprendere troppo che il povero Virtanen abbia chiuso le quattro sfide dei play-in con un bilancio personale di -3, perché le risorse non sono infinite, e quando c’è meno fiato, va da sé, c’è anche più tendenza a speculare, e i famosi dettagli da curare vanno a farsi benedire. L’ideale per l’Ambrì sarebbe riuscire a sgravare tutto quel peso spalmandolo uniformemente sul resto del reparto, ma naturalmente la questione è legata alla qualità media di una retroguardia in cui l’arrivo di Kodie Curran sembrava costituire un terzo pilastro ideale su cui poggiare la difesa, ma la realtà delle ultime settimane ha reso meno solida tale certezza. In ogni caso, la partenza di Juvonen e l’arrivo da Berna di un Philip Wüthrich che andrà a dar man forte a Gilles Senn tra i pali, sgraveranno lo staff biancoblù dal dover sempre decidere se puntare sul portiere o sul difensore straniero. E da questo punto di vista, la scelta di un (eventuale) terzo straniero in difesa sarà (o sarebbe) di fondamentale importanza, vista la difficoltà – mettiamola così – di reperire oggi sul mercato un difensore svizzero di qualità ma soprattutto d’esperienza, siccome (assurdo o no, è un altro discorso) oggigiorno le squadre si costruiscono con una stagione d’anticipo.

Un aspetto, quest’ultimo, che interessa anche il discorso riguardo al potenziale offensivo dell’Ambrì, nel cui effettivo – e questo, a breve termine, è un po’ il problema – c’è una sorta di buco generazionale tra i giocatori svizzeri. Nel senso che i Bürgler e i Pestoni di certo non ringiovaniscono, e in attesa che ragazzi di indiscussa qualità come Miles Müller e De Luca possano definitivamente sbocciare, come ha già fatto Landry, nel mezzo si è avvertita la mancanza di attaccanti svizzeri nel pieno dello sviluppo, gente di ventisette, ventotto anni in grado di vestire con regolarità i panni del trascinatore, supportando una prima linea con i controfiocchi come quella che Paolo Duca ha saputo mettere assieme quest’anno, e che è sbocciata del tutto, pur gradualmente, quando Chris DiDomenico ha posato le proprie valigie alla Gottardo Arena. Perché da quando il focoso canadese è stato piazzato nel superblocco con Kubalik e Maillet, il trio d’attacco tutto straniero è diventato straripante, tanto da sfiorare quota 130 punti in tre. Mai, o perlomeno nel più recente passato, l’Ambrì ha potuto contare su un contingente d’importazione tanto efficace e di qualità, ed è forse questo il dato che più di tutti lasciava ben sperare in ottica playoff, ancor più della stagione precedente, nonostante i biancoblù avessero la regular-season a quota 79 punti, quindi sei in più di quest’anno.

La verità, emersa impietosa guardando all’ultima classifica dopo 52 giornate, è che d’ora in poi sarà sempre più difficile chiudere tra le prime sei o otto squadre del campionato, e se fino a qualche anno fa era prassi che ogni volta c’era una squadra che ‘toppava’ clamorosamente, quest’anno – al netto di infortuni e problemi vari – sono ben tre le squadre finite oltre la decima posizione, e cioè Bienne, Ginevra e Lugano. Da quand’è cresciuto il numero di stranieri, non passa anno che il livello del campionato non cresca, e se ciò complica le cose anche alle società che tendenzialmente hanno più soldi (se un Bienne può contare su un budget di venti milioni di franchi, Ginevra e Lugano non sono senz’altro da meno), figuriamoci gli altri. Insomma, quando Lombardi, Cereda e Duca in sede di presentazione indicano nel decimo posto l’obiettivo sportivo, una ragione ci sarà pure. Poi ci sarà sempre qualche sorpresa – e quest’anno il pensiero non può non andare al Langnau –, ma per puntare sempre a chiudere nei playoff serve qualità, tantissima qualità specialmente nel caso dei giocatori svizzeri, e quelli buoni sul serio sono merce rara, e o costano troppo, oppure – appunto – non hanno più ventisei o ventotto anni. L’alternativa, obbligata, è quella di compensare non sbagliando un colpo sul mercato degli stranieri, proprio com’è riuscito a fare Paolo Duca. A proposito: ora come ora, l’Ambrì ha sotto contratto tre stranieri su sei, e cioè Heed, Virtanen e DiDomenico, e nell’attesa di sapere quale sarà il destino di un Kubalik che avrà suscitato l’interesse un po’ di tutti, bisognerà capire cosa ne sarà di Maillet, a dipendenza ovviamente da quali saranno le strategie sul mercato dei biancoblù. Insomma, per Paolo Duca i prossimi saranno mesi fondamentali oltre che intensi, per permettere all’Ambrì di restare al passo in un contesto sempre più equilibrato oltre che agguerrito, nuovo marchio di qualità del nostro hockey.

IL DIRETTORE SPORTIVO

‘In un campionato così può succedere di tutto’

di Moreno Invernizzi

Ancora una volta accarezzati, ma ancora una volta l’Ambrì i playoff dovrà seguirli da spettatore, escluso dalle otto ‘elette’ e bocciato all’ultimissimo. «Il campionato è diventato talmente equilibrato che sempre più sono i dettagli a fare la differenza, nella stagione regolare come nelle sfide dei play-in – analizza a caldo Paolo Duca –. Contro il Kloten, del resto, ci è mancato davvero pochissimo: con un gol in più in casa o uno in trasferta, e un paio di gol in meno incassati, oggi non saremmo qui a tirare le somme nostra stagione… D’altro canto, alla stessa stregua, sarebbe bastato qualche gol o qualche punto in meno nella stagione regolare e non ci saremmo nemmeno qualificati per i play-in, chiudendo anche diverse posizioni più in basso nella classifica finale di regular season. È logico e umano sperare che il nostro cammino alla realtà dei fatti si rivelasse più lungo, fa parte della natura dello sport, ma in un torneo che si è fatto così equilibrato può succedere veramente di tutto. Paradossalmente, poi, quest’anno abbiamo avuto forse un pizzico di fortuna in più con le squadre più forti che con le altre… Fosse capitato il contrario, chissà come sarebbe andata a finire».

Nelle parole del direttore sportivo dei biancoblù non manca, ovviamente, un pizzico di amarezza: «Ora come ora a prevalere è la delusione per com’è finita. Del resto è normale che sia così: ci abbiamo creduto, tutti noi, dai giocatori al pubblico, passando per la dirigenza, abbiamo creduto di poter riuscire a staccare un biglietto per i playoff. Purtroppo alla fine a passare è stato il Kloten, che ha comunque meritato il suo posto nella volata per il titolo, affrontando la serie decisiva del play-in in modo giusto. Del resto, quella di Marjamäki è una squadra che si è ben comportata sull’arco dell’intera stagione. Noi, per contro, abbiamo perso un po’ di solidità in questa doppia sfida. In compenso, e questo è un aspetto assai positivo, non ci è mai mancata, né nella sfida decisiva contro il Kloten, né nelle altre partite che abbiamo disputato sull’arco dell’intera stagione, la voglia di lottare su ogni disco per cercare il risultato. Forse in alcune occasioni abbiamo gestito in maniera non ottimale qualche vantaggio, mostrandoci non ancora maturi sotto questo punto di vista, ma quando ci siamo trovati nella condizione di dover inseguire l’avversario, l’atteggiamento è sempre stato quello giusto, malgrado tutte le difficoltà. Penso alle parecchie partite che siamo riusciti in extremis a portare all’overtime, magari vincendolo pure. A riprova che la combattività è sempre stata un nostro tratto distintivo, pure a Kloten, lunedì, sotto di tre reti, siamo riusciti a colmare il disavanzo».

Nella sua analisi, Duca si sofferma anche su alcuni aspetti tecnici: «In diversi momenti durante la prima parte della stagione abbiamo un po’ peccato nella solidità difensiva. Un aspetto che quando siamo riusciti a migliorare, ha dato i suoi frutti, e i risultati sono arrivati con una certa regolarità. Purtroppo però, ancora una volta, nella decisiva doppia sfida contro il Kloten siamo tornati a fare troppe concessioni ai nostri avversari».

Il capitano: ‘Capiterà di prendere altre bastonate, ma ci riproveremo’

«Negli ultimi anni abbiamo compiuto dei bei passi avanti, ma anche stavolta non siamo riusciti a mettere le mani su un biglietto per i playoff. Perdendo, come un anno fa, all’ultima decisiva partita – si rammarica il capitano biancoblù, Daniele Grassi –… Cosa ci manca? Francamente non saprei: nello sport ci sono cose che non puoi controllare. Ci riproveremo: sono persuaso che dobbiamo continuare a insistere su questa strada: capiterà di prendere altre bastonate sulle dita, come un anno fa e pure questa stagione, ma nonostante ciò dobbiamo continuare a spingere. È solo così che prima o poi avremo la nostra occasione. Ora come ora, logicamente, prevale l’amarezza per il finale, perché volevamo fortemente questi playoff e ci abbiamo pure creduto fino in fondo, ma una volta voltata pagina, riprenderemo a lavorare su queste basi per la prossima stagione».