Una gran bella Svizzera per due tempi su tre strappa un solo punticino ai cechi dopo un periodo centrale da spettatrice, mentre aspetta news su Fiala
Parevano essersi rimarginate le ferite di Praga, dopo la finale per certi versi drammatica sul ghiaccio bollente dell’O2 Arena, un anno fa. Invece no. Pure stavolta i rossocrociati debbono lasciare il ghiaccio con i musi lunghi, al termine di una partita che conta sì fino a un certo punto, essendo la prima di un Mondiale appena cominciato, ma che potrebbe anche avere la sua importanza al tirar delle somme, trattandosi pur sempre di una sconfitta in uno scontro diretto, alla fine della fase preliminare. Avrebbero potuto essere tre punti o magari anche solo due, e invece la Svizzera manda agli archivi la sua prima uscita sul ghiaccio di Herning con un solo punticino in tasca. Ed è un punto amarissimo perché Hischier e compagni si debbono arrendere ai cechi all’overtime, per colpa del vecchio Roman Cervenka che a dispetto degli anni che passano dimostra di avere sempre una mira infallibile quando si fionda minaccioso nello slot, e la beffa è che fino a quel momento erano proprio gli elvetici più intraprendenti. Soprattutto, però, quel misero punticino fa male perché per ben due volte una Svizzera energica, aggressiva, determinata e persino asfissiante, oltre che bella da vedere, avrebbe avuto la partita in mano, e invece finisce per lasciarsela sfuggire sul più bello.
Quanto nell’hockey conti il famoso ‘momentum’ lo si capisce benissimo proprio assistendo al match tra Svizzera e Cechia, in cui gli elvetici sono gli assoluti padroni in un primo periodo quasi fantastico in ottica rossocrociata, condito da tre gol uno più bello e pesante dell’altro, pur se il secondo – a firma Sandro Schmid, al sesto minuto – verrà ben presto annullato, poiché le immagini tivù daranno ragione a un Radim Rulik che aveva intuito il possibile precedente fuorigioco di Baechler sull’entrata in zona. Poi, proprio sul più bello, uno sgambetto di Fora che si somma all’infrazione per bastone alto commessa da Timo Meier regala ai cechi un minuto e sei secondi a 5 contro 3, immediatamente sfruttati dagli avversari per tornare improvvisamente a galla negli ultimi secondi del primo tempo, dopo che nei primi diciannove minuti gli uomini in maglia bianca avevano concluso in porta appena due volte. Da quel momento in poi la Svizzera pimpante, dinamica e attivissima del primo tempo si trasforma improvvisamente in una comprimaria, costretta a guardare gli altri giocare: il parziale dei tiri del periodo centrale è eloquente, e con un bilancio di 15 conclusioni a 3 nei secondi venti minuti, non sorprende che Pastrnak e compagni abbiano trovato un modo per rigirare la frittata.
Tuttavia, esattamente com’era capitato in precedenza ai loro avversari, i rossocrociati si appoggeranno a loro volta su una penalità arrivata negli ultimi scampoli del tempo (il secondo, nella fattispecie), causata dall’inutile crosscheck di David Spacek ai danni di Malgin, per risorgere in avvio di terzo periodo, come per incanto, grazie all’astuto tocco col pattino di un Sandro Schmid più che encomiabile, nella sua prima partita a un Mondiale, con l’attaccante friborghese dimostra anche di possedere insospettabili doti calcistiche, regalando nuova vita a una Svizzera che torna padrona del ghiaccio, e che otto minuti più tardi, in maniera più che meritata, passerà nuovamente in testa, sfruttando l’estro (e la muscolatura del polso) di Sven Andrighetto. Non fosse stato per un maldestro puck spedito in tribuna da Malgin, a meno di 5’ dal termine, sarebbe finita probabilmente in tutt’altro modo, pur se in fondo è vero che con i ‘se’ e con i ‘ma’ la storia non si fa. Di certo, però, Fora e compagni non meritavano di uscire dal ghiaccio con un solo punto in tasca, che smuove sì la classifica, ma che più che altro alimenta i rimpianti.
Detto ciò, dopo i primi sessanta minuti sul ghiaccio di Herning il bicchiere non può essere che mezzo pieno. Per le evidenti qualità mostrate un po’ da tutti tranne forse, pensando al loro potenziale, dai due elementi più attesi, e cioè Timo Meier e Nico Hischier la cui linea ha faticato a ingranare, nonostante ‘Fischi’ abbia provato in tutti i modi a far scattare la scintilla, piazzando loro accanto prima Andrighetto, poi Moy e quindi Schmid, senza ottenere però i risultati sperati. A proposito di rinforzi Nhl: per ora tutto tace sul fronte di Los Angeles, pur se cominciano a farsi insistenti le voci secondo cui è la partenza di Rob Blake, l’ex general manager dei Kings con un glorioso passato da difensore che aveva presentato tre giorni or sono le proprie dimissioni, la causa delle lungaggini che stanno trattenendo Kevin Fiala negli States. In attesa di novità, in ogni caso, pensando ai giocatori non ancora iscritti da ‘Fischi’, l’impressione è che toccherà a Dario Rohrbach sacrificarsi, quando – e se – la star sangallese dei californiani metterà piede su suolo danese. C.S.