laR+ Sportellate

Buenos Aires non piange soltanto Bergoglio

Poche ore prima del Pontefice, si è spento anche El Loco Gatti, il portiere più pittoresco della storia del calcio argentino

22 aprile 2025
|

Prima del decesso di Jorge Mario Bergoglio, gli argentini – almeno quelli appassionati di calcio, dunque il 98% di loro – stavano già piangendo da una manciata di ore la dipartita di Hugo Orlando Gatti, mundialmente conocido como El Loco, spentosi come il Pontefice a causa (anche) di una polmonite bilaterale che aveva contratto in ospedale dopo essere stato operato a un’anca. Per la verità, avevamo rischiato di perderlo a causa del Covid già nel 2020, a Madrid, dove aveva a lungo vissuto. Lui riuscì però a salvarsi in acrobazia, come in una delle sue miracolose uscite basse, che effettuava – suo marchio di fabbrica – in ginocchio e a braccia allargate come un crocifisso.

Con lunghi capelli lisci e un naso che certo non passava inosservato – ma soprattutto per la fascia con cui teneva a bada la chioma quando scendeva in campo – Gatti pareva il gemello di Geronimo, il celebre capo chiricahua. Calzettoni abbassati, braccia lunghissime, non molto alto, El Loco era un guardameta davvero atipico, precursore con enorme anticipo dei portieri moderni: invece del nero in voga ai quei tempi, vestiva maglioni di colori sgargianti col proprio cognome cucito sopra e, siccome era bravo coi piedi, spesso abbandonava la porta per avanzare palla al piede fin oltre la metà campo, e più di una volta chiese e ottenne di essere schierato, nelle amichevoli, da ala sinistra.

Numero 1 del River Plate dai 20 ai 24 anni e poi transitato da Gimnasia e Unión, fu con la maglia del Boca che conobbe i suoi maggiori successi: nei 13 anni trascorsi alla Bombonera, vinse tre titoli nazionali, due Libertadores e una Coppa Intercontinentale. Idolo indiscusso dei tifosi xeneizes, lasciò il club soltanto nel 1989, ormai quarantacinquenne. Acrobatico e spettacolare, quando l’azione era lontana, per divertire i tifosi, a volte si arrampicava sulla traversa e vi si sedeva sopra, per poi planare come Buster Keaton appena gli avversari ripartivano in contropiede.

Recordman di presenze nel Boca e nel massimo campionato argentino, El Loco, morto a 80 anni, è pure il miglior neutralizzatore di rigori del Paese. Fu però, soprattutto, uno spaccone. Io ero il Federer dei portieri, dichiarò infatti più di una volta. Durante una partita fra Urss e Argentina disputata nel gelo di Kiev, si portò in campo una borraccia piena di vodka, e – con la scusa del freddo da combattere – finì per scolarsela tutta già prima dell’intervallo. Ebbe sempre in antipatia Lionel Messi, e del giovane Maradona disse invece che era soltanto un ciccione a cui i chili di troppo avrebbero impedito di fare una grande carriera. Quando poco dopo si ritrovarono in campo – Diego con la maglia dell’Argentinos Juniors e Hugo già leggenda bostera – El Pibe gli disse che quel giorno gli avrebbe segnato 4 gol. E mantenne la promessa: delle 5 reti con cui il Bicho sconfisse il Boca, furono proprio 4 quelle firmate dal più grande di tutti i tempi.

Provocatore per vocazione e dotato di un’autostima hors catégorie, idolatrava Muhammad Ali (chiamò Cassius uno dei figli) e come il boxeur del Kentucky tendeva a considerarsi il numero 1, dicendo che non avrebbe mai fatto la riserva di nessuno. Nemmeno di Ubaldo Fillol, che il Ct Menotti gli preferiva: vistosi superato nelle gerarchie dal portiere del River, decise di abbandonare la Nazionale e di rinunciare in pratica al titolo mondiale che l’Albiceleste avrebbe conquistato pochi mesi più tardi.

Poche ore dopo la sua morte, il presidente argentino Javier Milei – come fanno un po’ tutti i politici, ma soprattutto quelli populisti – ha pubblicamente detto addio all’ex campione ricordando che pure lui, come Gatti, è stato portiere (giovanili del Chacarita), e lo ha chiamato collega, quasi a volersi appropriare della figura e del ricordo dell’idolo delle folle appena trapassato. Peccato. Del resto, a marchiarlo come appartenente alla propria scuderia ci aveva provato anche Raúl Alfonsín, di tendenze vagamente socialiste e primo presidente eletto dopo la dittatura di Videla e soci. Un endorsement che El Loco non aveva richiesto, e che non piacque alla maggioranza dei suoi tifosi di fede peronista.