L’ottenimento della licenza sarebbe fondamentale anche in vista di una vendita del club, ma se si scenderà di categoria sarà difficile trovare acquirenti
Se Bentancur – ormai stufo per vari motivi della sua avventura nella Turrita – riuscirà davvero a vendere il club, sarà un bene per tutti quanti. Ad esempio per i supporter, che col manager uruguagio non sono mai entrati in sintonia. E non parlo solo dei Boys, che il patron l’hanno proprio in odio: in realtà, a non esser mai stata contenta che al timone dell’Acb ci fosse Pablo è pure gran parte degli altri appassionati. Costoro non lo hanno mai contestato troppo apertamente, è vero, ma è innegabile che sarebbero (stati) più felici se alla tolda ci fosse (stato) qualcun altro. Preferibilmente un ticinese, meglio ancora se proprio bellinzonese.
Forse dipende dal fatto che, scottati da alcune gestioni del passato – scellerate e alloctone – i tifosi ora si mostrano scettici verso chi viene da fuori a gestire un giocattolo che ritengono invece sia di loro proprietà, e che dunque deve restare in mani locali. Trattasi di primanostrismo applicato al mondo del pallone, fenomeno che – un po’ come tutto – si porta appresso sia pregi che difetti. Il problema, e lo diciamo a questa fetta significativa di tifosi, è che se Bentancur è diventato padrone dell’Acb, è perché di autoctoni interessati al club (invocati di continuo) in realtà non c’erano. E pare che non ce ne siano nemmeno ora: i potenziali acquirenti menzionati dallo stesso patron in questi giorni vengono infatti tutti dall’estero, o da oltre San Gottardo.
Quindi, anche nel caso in cui la società cambiasse davvero di mano, ci si prepari a dare il benvenuto a un altro forestiero, possibilmente meglio di quanto si fece con Don Pablo, che venne accolto con molti pregiudizi. Avessi un franchetto, scommetterei che a gioire se Bentancur vendesse il club sarebbe ad ogni modo anche la Swiss football league, che spera tanto di avere a che fare in futuro con una dirigenza meno problematica di quella attuale, che ogni anno commette irregolarità di ogni genere, e dunque un po’ davvero dà fastidio.
Infine, in caso subentrassero nuovi proprietari, a trarne vantaggio sarebbe anche la stampa, che indubbiamente con Pablo perderebbe un personaggione di cui è sempre interessante scrivere, ma d’altra parte è praticamente certo che – chiunque dovesse arrivare – i rapporti con la dirigenza ne guadagnerebbero sensibilmente. Il club si doterebbe infatti di un autentico addetto stampa, come fanno tutte le squadre che si rispettino.
Vero è che Bentancur è riuscito a restare a galla pur avendo il budget di gran lunga più esiguo del campionato, ma forse ha potuto farlo anche perché ha risparmiato in troppi settori, compreso quello delle comunicazioni, delle relazioni pubbliche e degli assai ondivaghi contatti coi media, dettagli molto più importanti di quanto si possa immaginare.
Ora, che Bentancur in questi anni ne abbia combinate più di Bertoldo è sotto gli occhi di tutti, ma è altrettanto vero che ci ha messo un bel po’ di soldi ed è riuscito a riportare la squadra nel calcio professionistico – e a farcela restare – almeno stando ai risultati del campo. Per fortuna o purtroppo, però, a contare nel football d’alto livello non è soltanto ciò che accade nei novanta minuti di gioco, ma pure quanto avviene negli uffici. E se i granata davvero finiranno per perdere il loro posto in Challenge League – eventualità che pare sempre più probabile –, sarà proprio a causa di problemi a livello gestionale.
Ad ogni modo, come si dice a Roma, le chiacchiere stanno a zero: se l’Acb non riceverà la licenza, non ci sarà verosimilmente alcuna compravendita, perché nessun investitore con un minimo di senno è disposto a sborsare cifre nell’ordine di milioni per una squadra che perde lo status di professionistica. Chi ha autentiche grandi ambizioni, infatti, difficilmente decide di partire dalla Prima Lega, categoria dalla quale risalire è davvero difficile: non dimentichiamo che, l’ultima volta che lo fece, l’Acb vi riuscì soltanto perché il Breitenrain non ottenne la licenza in prima istanza e dunque rinunciò alla promozione, senza nemmeno fare ricorso.