Dopo la serie di risultati negativi del Lugano sarebbe comprensibile – ma profondamente sbagliato – se il club pensasse di sostituire il suo coach
Chi non è più proprio di primo pelo ricorderà certamente il leggendario Tafazzi, folle maschera nata una trentina d’anni fa in quell’inesauribile fucina di talenti comici che fu ‘Mai dire gol’. A impersonarlo era Giacomo Poretti – sodale di Aldo Baglio e Giovanni Storti – e tutto ciò che faceva era irrompere all’improvviso – senza attinenza alcuna con ciò che stava succedendo in scena – dandosi poderose bastonate sui genitali, lanciando urla belluine per l’ingiustificata gioia ricavatane. Ebbe un successo clamoroso e in brevissimo tempo, nel linguaggio comune, assurse a eponimo di tutti coloro che – paradossalmente prendendoci gusto – adottavano comportamenti autolesionistici.
Altamente controproducente, appunto tafazziana, sarebbe l’eventuale decisione della dirigenza dell’Fc Lugano, vista l’innegabile crisi attraversata dalla squadra, di privarsi – anzitempo e in un momento così delicato – dei servigi del tecnico Mattia Croci-Torti. Intendiamoci, nessuno intende qui spacciare alcun tipo di ingenua verginità: l’ipotesi di un siluramento del coach, fra stampa e tifosi, è cominciata ad aleggiare ormai da qualche giorno, e dopo il disastro di Thun dell’altroieri – coi sottocenerini umiliati 5-0 dagli sloveni dello Celje – sta ulteriormente guadagnando quota.
Del resto, nel mondo del sport, e in particolare nel calcio, è proprio ciò che si è sempre fatto: non potendo cambiare venti giocatori, si sostituisce l’allenatore, sperando nella miracolosa scossa che un simile intervento potrebbe infondere al gruppo. Mossa senz’altro comoda, ma solo di rado vincente. E, nel caso dovesse davvero riguardare il Crus, si rivelerebbe ancor meno azzeccata, perché il 43enne tecnico momò di questa squadra divenuta ormai irriconoscibile è davvero l’unica autentica anima.
Nell’andirivieni tipico di ogni porto di mare – questo e nient’altro sono oggi le squadre di calcio – negli ultimi quattro anni Croci-Torti, insieme a capitan Bottani, d’accordo (il cui ruolo per motivi anagrafici si è però fatto viepiù marginale), è stato infatti il solo punto fermo, il nord della bussola, l’indiscutibile caposaldo, la garanzia di una certa continuità. E sottrarlo all’impalcatura rischierebbe di far sbriciolare l’intero stabile, spingendo di fatto i bianconeri in un abisso ancor più profondo, dal quale diventerebbe difficilissimo riemergere.
Al contrario di tanti suoi giocatori, che magari brillavano per mezza stagione e poi venivano immediatamente venduti – oppure si spegnevano, o si infortunavano, e non combinavano più nulla per i successivi quindici mesi, lasciando che la loro (presunta) classe diventasse solo un vago ricordo – il Crus il suo fondamentale contributo l’ha fornito con una costanza pressoché assoluta, cogliendo ottimi risultati e, quando non è stato il caso, mettendoci sempre la faccia e accollandosi perfino colpe e responsabilità non sue. Considerate le peculiarità del calcio svizzero, in cui il mercato più importante non è più quello estivo bensì quello invernale – con compravendite capaci di stravolgere le sorti di un torneo nel bel mezzo del suo svolgimento – il tecnico ticinese è riuscito a fare miracoli, ogni volta ricompattando il gruppo dopo gli infiniti rimpasti a cui il roster è dovuto sottostare.
Quando ha riscontrato qualche esigenza, leggasi urgenze di mercato, l’ha discretamente fatto notare alla dirigenza, ma non si è mai lamentato se i suoi desideri non sono poi stati esauditi, o se ha dovuto accettare innesti non graditi, magari provenienti dalla casa-madre di Chicago. E ciò è successo ad esempio durante il fatidico mercato estivo del 2024, che ha lasciato la rosa clamorosamente sprovvista – per numero e qualità – di attaccanti capaci di garantire una buona resa su tutti i molteplici fronti in cui il Lugano era impegnato. E infatti, poco dopo il giro di boa, la squadra è scoppiata, vedendo sfumare ogni obiettivo e scivolando in un baratro da cui ancora non ha saputo risalire.
Per tutti questi motivi, ma potrei elencarne altri – come ad esempio il fatto che conosce la piazza come nessun altro e che in generale i tifosi lo apprezzano – ritengo che silurare il Crus a questo punto della stagione sarebbe un provvedimento ad alto potenziale di rischio. E continuerò a sostenerlo anche se domani, a Cornaredo contro il Basilea campione in carica, il Lugano dovesse incappare in una nuova sconfitta.