Svizzera

Nuovi negoziati sul nucleare iraniano a Ginevra

Pressioni europee per evitare sanzioni ONU mentre l'Iran contesta la legittimità dello snapback

25 agosto 2025
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La reintroduzione delle sanzioni contro l'Iran se non si troverà una soluzione diplomatica alla questione nucleare entro fine mese. È all'ombra di questa minaccia che si terrà domani a Ginevra il nuovo round di negoziati tra i rappresentanti della Repubblica islamica e quelli di Francia, Germania e Regno Unito, i Paesi europei che nel 2015 avevano siglato l'accordo, insieme a Usa, Cina e Russia, per limitare il programma nucleare in Iran in cambio di un allentamento delle sanzioni.

I colloqui di Ginevra fanno seguito all'incontro di luglio a Istanbul in cui la troika europea, nota come gruppo E3, aveva già paventato l'attivazione del meccanismo dello snapback, una clausola contenuta nell'accordo sul nucleare che prevede il ripristino automatico delle sanzioni Onu contro l'Iran in caso di violazione dell'intesa.

La finestra temporale per l'azione diplomatica però si restringe: lo snapback potrà essere attivato fino a settembre, a un mese dalla scadenza, il 18 ottobre, della risoluzione 2231 del Consiglio di sicurezza dell'Onu che disciplina l'accordo sul nucleare. Da qui, l'accelerazione degli europei che chiedono in sostanza a Teheran di riprendere il dialogo con Washington sul nucleare e la collaborazione con l'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea), interrotte all'indomani della guerra lampo di Israele contro la Repubblica islamica e degli attacchi Usa ai siti nucleari iraniani.

Dal canto suo, l'Iran ha contestato la legittimità dell'attivazione dello snapback e ha minacciato di escludere le potenze europee da futuri negoziati sul nucleare. Una posizione ribadita dal ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi nella conversazione telefonica di venerdì scorso con i capi della diplomazia degli E3 e l'Alta rappresentante dell'Ue Kaja Kallas. Questi paesi non hanno la "competenza giuridica e morale" per ricorrere allo snapback, è stato il monito di Araghchi che ha avvertito delle "conseguenze di tale azione".

E nella partita entra anche il Cremlino, alleato della Repubblica islamica. Alla vigilia dei colloqui di Ginevra, il dossier è stato al centro di una telefonata tra il presidente iraniano, Massoud Pezeshkian, e l'omologo russo, Vladimir Putin. La presidenza iraniana ha riferito di aver ringraziato il Cremlino per il suo sostegno al "diritto di Teheran ad arricchire" l'uranio, ribadendo che l'Iran "non cerca, e non cercherà mai, di produrre armi nucleari".

L'intesa sul nucleare, nota come Piano d'azione congiunto globale (Jcpoa), aveva subito un duro contraccolpo dopo il ritiro unilaterale degli Stati Uniti dal Jcpoa deciso nel 2018 durante il primo mandato alla Casa Bianca di Donald Trump e il sostanziale fallimento del meccanismo messo in piedi dagli europei per aggirare le sanzioni Usa contro l'Iran. Teheran ha quindi fatto marcia indietro sugli impegni assunti, ampliando il suo programma nucleare e arricchendo l'uranio a un livello elevato - il 60% secondo l'Agenzia internazionale per l'energia atomica (Aiea) - ben al di sopra del limite del 3,67% previsto dall'accordo.