La CPS-N sostiene deroghe alla Legge sul materiale bellico per casi eccezionali, puntando a sicurezza nazionale e a una base industriale difensiva
Non solo l'esportazione di armi, ma anche la loro riesportazione, deve essere agevolata. È quanto pensa la Commissione della politica di sicurezza del Consiglio nazionale (CPS-N) che ha approvato gli allentamenti decisi dal Consiglio degli Stati nel giugno scorso nell'ambito di un progetto governativo.
Nel 2022 è entrato in vigore il controprogetto all'iniziativa popolare "Contro l'esportazione di armi in Paesi teatro di guerre civili", nota come "iniziativa correttiva". Attualmente non è possibile vendere armi all'estero se il Paese è coinvolto in un conflitto armato interno o internazionale.
Da allora, complice la guerra in Ucraina e le richieste di Stati europei (mai approvate, ndr) di poter riesportare materiale bellico acquistato in Svizzera, il Parlamento ha fatto marcia indietro e ha incaricato il Consiglio federale di rivedere la Legge federale sul materiale bellico (LMB). Nel suo messaggio, il Governo chiede di disporre di una competenza derogatoria per potersi discostare eccezionalmente dai criteri di autorizzazione. Nel giugno scorso, però, gli Stati sono andati più lontano rispetto al disegno governativo.
Le decisioni adottate dai "senatori" nel corso della sessione estiva del Parlamento hanno trovato sostenitori in seno alla CPS-N (16 voti a 9). Una minoranza, spiega un comunicato di oggi dei Servizi del Parlamento, crede invece che un allentamento delle disposizioni odierne sia nell'interesse solo della base tecnologica e industriale rilevante in materia di sicurezza (STIB) – ossia dell'industria delle armi – e non della Svizzera neutrale, che dovrebbe impegnarsi in particolare per la pace e la tutela dei diritti umani. Inoltre, l'Ucraina, che esercita il suo legittimo diritto di autodifesa ai sensi dello Statuto delle Nazioni Unite, non potrebbe beneficiare della normativa proposta (la norma non è infatti retroattiva).
La maggioranza della commissione pensa invece che, alla luce del costante peggioramento della situazione geopolitica, sia necessario garantire la sicurezza della Svizzera e rafforzare in modo sostenibile la capacità di difesa dell'esercito svizzero.
Un elemento importante a tal fine è una base tecnologica e industriale rilevante in materia di sicurezza. La revisione di legge mira ad agevolare l'esportazione di materiale bellico e quindi a promuovere lo sviluppo di questa base. Senza una STIB forte, la Svizzera rischia di essere esclusa dalle catene di approvvigionamento, dalla ricerca e dalla cooperazione internazionale nel settore degli armamenti (lo scorso giugno, nell'aula degli Stati, era stato ricordato che Germania, Paesi Bassi e Danimarca avevano chiaramente affermato che non effettueranno più ordini alla Svizzera, giudicata non abbastanza flessibile, ndr).
Stando alla commissione, in futuro il Consiglio federale potrà derogare, in circostanze eccezionali, ai criteri di autorizzazione per le transazioni con l'estero al fine di salvaguardare gli interessi di politica estera o di politica di sicurezza del Paese.
Armi potrebbero essere fornite a Paesi che hanno un regime di esportazione simile a quello della Svizzera anche se sono coinvolti in un conflitto armato. Questa eccezione non sarebbe tuttavia applicata nel caso di eventi straordinari e se gli interessi di politica estera o di politica di sicurezza della Svizzera impongono un rifiuto. La CPS-N ha voluto però precisare nella legge che le decisioni sulle domande di esportazione dovranno tenere espressamente conto anche degli interessi della Svizzera in materia di politica di neutralità.
Circa il trasferimento a terzi di materiale bellico da parte dei Paesi destinatari, la commissione propone che in futuro si rinunci, in linea di principio, alle dichiarazioni di non riesportazione. Tuttavia, il Consiglio federale potrà esigere tali dichiarazioni dai destinatari statali finali, se necessario per motivi di politica estera, di neutralità o di sicurezza.