In occasione della Pasqua, intervista al padre responsabile della diocesi ticinese della Comunità serbo-ortodossa
Pubblichiamo un contributo apparso su Ticino7, allegato a laRegione
Nato il 3 novembre 1986 a Uzice, in Serbia, Marko Knezevic si è laureato in economia a Belgrado nel 2011. Due anni dopo ha intrapreso gli studi di teologia. Nel 2014 è stato ordinato diacono a Nis, nella cui diocesi è stato responsabile delle finanze. Nella stessa città ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 3 giugno 2017. A settembre di quello stesso anno si è trasferito in Italia per occuparsi della Comunità serbo-ortodossa di Milano, la cui chiesa si trova a Carate Brianza. Nel dicembre 2018 il vescovo della diocesi di Austria, Svizzera, Italia e Malta lo trasferisce nella parrocchia del Ticino, fondata nel 2001 e con sede a Bellinzona. Nella sua diocesi è membro del Consiglio di amministrazione e amministratore finanziario. Nel 2013 si è sposato a Gorizia con Tanja ed è padre di due figlie nate in Ticino: Justina di 5 anni e Nikolija di 4 anni.
Si afferma spesso che le chiese sono sempre più vuote. Ebbene, per averne una smentita basta recarsi una domenica mattina qualsiasi alla divina liturgia della Comunità serbo-ortodossa nella chiesa di S. Giovanni a Bellinzona. È quello che ho fatto di recente per preparare questo servizio e sono rimasto colpito non solo perché la chiesa era piena di fedeli di tutte le età, ma anche dal fervore e dall’attenzione con i quali hanno seguito la lunga funzione. Uno degli artefici di tutto questo è sicuramente il loro prete, padre Marko Knezevic. Una vocazione, la sua, nata tra le mura di casa.
“Sono cresciuto in una famiglia molto religiosa. Mia madre era tra le prime persone che in Serbia dipingevano le icone dopo la caduta del comunismo nei primi anni 90 del secolo scorso. La mia casa era regolarmente frequentata da religiosi, vescovi, sacerdoti e monaci che venivano a comperare le icone. Essendo circondato da queste persone, è nata in me l’esigenza di saperne sempre di più in materia di religione. All’inizio, però, non mi sentivo ancora pronto per la teologia, per cui decisi di studiare economia all’Università di Belgrado. Tuttavia, il mio interesse per la vita religiosa non era per nulla scomparso. Fu in occasione di un pellegrinaggio in Grecia e di un incontro con un monaco molto rispettato che capii qual era la mia vocazione e allora mi iscrissi senza più esitare alla Facoltà di teologia della capitale serba”.
Quattro anni a Nis
Dopo essere stato ordinato diacono nel 2014, Marko e sua moglie Tanja, una serbo-bosniaca cresciuta a Gorizia e che possiede anche la nazionalità italiana, trascorrono 4 anni a Nis, la città natale di Costantino I, una delle figure più importanti dell’Impero romano, quello che favorì la diffusione del cristianesimo con la promulgazione, nel 313, dell’Editto di Milano sulla libertà religiosa. “Ero davvero onorato e orgoglioso di vivere a Nis. Poi, qualche mese dopo la mia ordinazione sacerdotale il mio vescovo Andrej propose a me e a mia moglie di trasferirci a Milano per ravvivare la parrocchia serba, che copriva tutta la Lombardia e oltre e che non aveva un prete, una vera sfida perché allora non c’erano adeguate condizioni per lavorare e per vivere”.
Il giovane sacerdote si rimbocca le maniche e in un anno percorre instancabilmente 110mila km per visitare i suoi parrocchiani dispersi su un territorio grande come la Svizzera. “Per me fu un’esperienza abbastanza estenuante, per cui dopo un anno accolsi con sollievo la proposta di un trasferimento in Ticino, una terra molto più piccola, dove giunsi nel dicembre 2018 e mi trovai subito molto bene”.
Ti-Press / Samuel Golay
In Ticino vi sono tra 6’000 e 8’000 ortodossi serbi. Metà di loro proviene dalla Bosnia ed Erzegovina e metà dalla Serbia. “Sono persone molto intraprendenti, che hanno un forte legame con la Chiesa. I serbi che risiedono in Ticino sono già giunti alla terza e quarta generazione. Con le loro conoscenze, il loro impegno e il loro carattere si sono integrati molto bene e nel contempo sono rimasti fedeli alle loro tradizioni, come lo testimonia la presenza di varie associazioni serbe. Con il presidente Milenko Spasojevic e gli altri membri della parrocchia, partecipano all’organizzazione della vita spirituale, per cui posso dire che si è creata una magnifica atmosfera”.
La Comunità serbo-ortodossa del Ticino non ha un proprio luogo di culto. Le liturgie si tengono in due chiese cattoliche: principalmente, come detto, in quella di S. Giovanni a Bellinzona, dove è stata allestita una bellissima iconostasi, che verrà completata prossimamente, ma anche nella chiesa di S. Rocco a Lugano. Per quanto riguarda l’usufrutto della chiesa di S. Giovanni, è stato addirittura firmato un contratto con la parrocchia cattolica, un unicum nel cantone. “I nostri rapporti con la comunità cattolica sono ottimi. Lo erano già con l’arciprete don Pierangelo Regazzi e lo sono tuttora con il suo successore, don Maurizio Silini. Posso dire altrettanto per la comunità evangelica e il suo pastore, Stefano D’Archino. Quindi il clima ecumenico a Bellinzona è veramente ottimo e l’ecumenismo viene vissuto concretamente”.
Come è noto, la Chiesa ortodossa ammette al sacerdozio anche uomini sposati (mentre i vescovi vengono scelti solo tra i monaci, che sono celibi). “Le mogli dei sacerdoti rappresentano il loro braccio destro e partecipano molto attivamente alla vita della comunità. Noi come famiglia cerchiamo sempre di aiutare i nostri parrocchiani e di essere da esempio per loro. Inoltre, il fatto di avere noi stessi una famiglia ci aiuta a capire meglio i loro problemi”.
La Chiesa ortodossa serba segue il calendario giuliano, che è in ritardo di 13 giorni rispetto a quello gregoriano. Questo significa che il Natale viene celebrato il 7 gennaio e che il più delle volte la Pasqua ortodossa cade o una o 5 settimane più tardi rispetto a quella delle Chiese d’Occidente. Quest’anno, però – proprio nel 1700° anniversario del primo Concilio ecumenico, quello di Nicea, che fissò i criteri per stabilire la data della Pasqua –, per una felice coincidenza Pasqua cade lo stesso giorno per tutti i cristiani.
“Da tempo si discute per fare in modo che tutte le Chiese celebrino sempre Pasqua alla stessa data. Sarebbe una bella occasione per dimostrare alla società secolarizzata in cui viviamo che il cristianesimo è vivo e presente. Quest’anno le Chiese hanno la possibilità di dare il meglio di sé, di farlo in maniera unitaria e di essere così più credibili nella loro testimonianza. Per noi ortodossi poi, e per me come sacerdote, Pasqua – la risurrezione di Cristo - è la festa di tutte le feste e ha un grandissimo valore spirituale che cerco di trasmettere ai miei parrocchiani. Dobbiamo ricordarci che a tutti quelli che credono in Lui, Cristo ha promesso la vita eterna. Se ne rimaniamo consapevoli, la secolarizzazione che è sempre più presente nella nostra società non scalfirà per niente la nostra fede”.
Ti-Press / Samuel Golay
Il religioso nella chiesa San Giovanni di Bellinzona
‘Strada regina’ dedicherà la puntata di oggi, su RSI La 1 alle 18.35, alla Comunità serbo-ortodossa del Ticino.