Reportage

A bordo della Global Sumud Flotilla sulla rotta verso Gaza

Come messaggi in bottiglia, lo scrittore ticinese Vanni Bianconi ci ha mandato frammenti di diario che raccontano la quotidianità della flotta di pace

(© Vanni Bianconi)
21 settembre 2025
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Pubblichiamo un contributo apparso su ticino7, allegato a laRegione

Attraverso un racconto frammentario e talvolta telegrafico, seguiamo la preparazione e la partenza dell’imbarcazione della delegazione svizzera della Global Sumud Flotilla, con a bordo Vanni Bianconi, che ha lasciato Tunisi in direzione della Striscia di Gaza.

1 settembre 2025

“Incerto e spaventato mentre spirano/ tutte le furbe speranze/ di una decade disonesta e abbietta”, così inizia la poesia di Auden September 1, 1939, il giorno in cui scoppia la seconda guerra mondiale. Inizio da qui anche se sono già a Catania da giorni, a passare test e fare formazioni per imbarcarmi con la Global Sumud Flotilla, la più grande flotta di pace della storia che attraverserà il Mediterraneo fino a Gaza, per rompere il blocco navale israeliano, aprire un corridoio umanitario e portare aiuti a chi muore per fame. Una settantina di barche, perlopiù a vela, con persone da 44 nazioni, persone normalissime, come me e come te, così normali che sono pronte a rischiare la vita per portare aiuti a Gaza, e dimostrare che la società civile non è pronta ad accettare il tradimento di ogni accordo internazionale, delle leggi che regolano la società delle genti, e di cosa ci rende umani, incerti e spaventati mentre spirano le promesse di un secolo disonesto e abbietto.


© Vanni Bianconi

5 settembre 2025

Dovevamo salpare ieri, dovevamo salpare oggi. La flotta partita da Barcellona ha attraversato una tempesta da 30 nodi, ha subito gravi danni, nelle cabine il pavimento un miscuglio di vetro vomito e sangue, e ha raggiunto la flotta africana a Tunisi.

Noi continuiamo a prepararci, a conoscerci, siamo in centinaia da tutti i paesi, di tutti gli orientamenti politici e religiosi, o fedi, con una motivazione comune, ma percorsi di vita diversissimi. Io sono abituato ai contesti multiculturali, ma qui è un’altra cosa, un po’ perché nessuno è a casa sua e nessuno è ospite (e anche io che conosco la Sicilia la percepisco come un’utopia/non luogo), un po’ perché le provenienze sono da tutti i continenti e di tutte le generazioni: ci vuole un costante lavoro di sintonizzazione, per le acute sensibilità dei credenti e dei giovani, per i gerghi degli attivisti o dei marinai. E anche così le sorprese sono molteplici, non le riporto per non rivelare i miei pregiudizi (la milionaria che ha donato la sua fortuna, il tedesco simpatico!?), sono costanti: cosa ti aspetti che succeda non capita, e viceversa. Ci aspettiamo protezione dal nostro paese, la Svizzera, quando Israele minaccia di trattarci come terroristi, detenerci a lungo in carceri di massima sicurezza, perché portiamo aiuti umanitari a chi muore di fame, rispettando il diritto internazionale, e il dovere di tutti e di ognuno. Ma non arriva. Arriva invece la risposta popolare, masse enormi dal Messico a Roma, preparativi agli scioperi generali (i portuali di Genova!) e alla disubbidienza civile. In questo c’è qualcosa di così giusto, e di così ingiusto.


© Vanni Bianconi

10 settembre 2025

Con la delegazione svizzera eravamo sulla terrazza sul tetto (anche la delegazione svizzera, da sola, ha gente di 20 nazioni) quando dal vivo abbiamo visto la nave madre della flottiglia a Tunisi bombardata da un drone. Il giorno dopo l’altra barca grossa, l’Alma, un proiettile così vicino alle persone (tra queste la figlia ventenne di una mamma che sarà della mia ciurma) che hanno percepito il calore.

Ci saremo anche noi su quelle navi. Nessuno, nei giorni successivi, decide di rinunciare. Ma da Tunisi ci metteranno ancora di più ad arrivare. Noi abbiamo vite e figli a cui (speriamo di) tornare, ma siamo attraversati da una convinzione calma, quasi una certezza in mezzo all’incertezza più totale. Siamo stati chiamati, non ce n’erano di migliori? Sì, ma non sono qui. Andiamo avanti, fermi sul posto.


© Vanni Bianconi

14 settembre 2025

Finalmente salpiamo, sempre in Sicilia, ma all’estremità sud, a strapiombo sul Mediterraneo che dovremmo attraversare. Finalmente ho la mia nave, la Wahoo, così veloce e sensibile, ho la mia ciurma, anche qui da ogni continente: il giornalista di Al-Arabjia, il giovane malese che rischia fino a un anno di prigione, il meticcio australiano che Jack Sparrow gli fa un baffo, la sudafricana di ferro e di miele, la messicana per cui i piccoli problemi sono grandi, e viceversa, il giovane conchigliologo olandese che suona la tromba e canterà Sea Chanty quando salperemo per davvero. Se riusciremo a salpare per davvero, aspettando Tunisi, mentre ci aspetta la stagione delle tempeste. Ma siamo ancora pronti, con questa ciurma, con questa barca, ad andare fino in fondo.

Chissà che fondo sarà.

18 settembre 2025

Ieri sera ci ha raggiunto la flotilla da Tunisi; ieri sera la prima assemblea. Navigare come una flotilla unica o una flessibile, a più ondate, mentre ci sono barche che non possono reggere il mare, che da metà settembre si fa più agitato e imprevedibile. Da una parte la solidarietà con la coalizione, dall’altra parte la soluzione finale a Gaza. Quanto spesso nelle azioni umanitarie si tende a considerare le regole ideali al posto di quelle reali, e sono molto diverse, e se le prime sono giuste, solo le seconde permettono di arrivare a un risultato. Perché ci muoviamo nella realtà e cerchiamo di avere un impatto sulla realtà, e proprio perché è ingiusta. Dopo cinque ore la decisione è presa. Mentre parte della flottiglia da Tunisi è proceduta oltre, e un’altra parte getterà l’ancora, quella italiana si prepara a salpare. Il tempo è peggiorato. Siamo qui da settimane – si perdono lavori, permessi di soggiorno, pezzi di vita, e l’attenzione dei media e del mondo. Dobbiamo salpare oggi. Oggi – quante volte l’ho scritto e ripetuto in queste settimane – oggi salpiamo verso Gaza.

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