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L’autoritarismo, sdoganato, fa strame dei diritti umani

‘L’effetto Trump accelera le tendenze distruttive già in atto’, afferma l’organizzazione. Il suo ultimo rapporto annuale tratteggia cupi scenari

Campo profughi di Jabalia, Striscia di Gaza, 14 aprile 2025
(Keystone)
29 aprile 2025
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Invasione dell’Ucraina da parte della Russia, stragi a ripetizione nella Striscia di Gaza, guerra civile nel Sudan, persecuzione dei Rohingya nel Myanmar, corsa al riarmo, passi indietro nella lotta al riscaldamento globale. E potremmo continuare a lungo.

Non si può certo dire che il mondo se la cavasse bene quando Trump 2 ancora non era andato in scena. Ma il ritorno al potere, pochi mesi fa, di un presidente statunitense pregiudicato, condannato per aver comprato il silenzio di una pornostar sulle loro intime frequentazioni, lo ha reso ancor più sinistro. “Da anni assistiamo a una strisciante diffusione di pratiche autoritarie tra gli Stati di tutto il mondo”, ma “l’‘effetto Trump’ accelera le tendenze distruttive” in atto, denuncia Amnesty International (Ai) nel suo rapporto annuale ‘Stato dei diritti umani nel mondo’. Il documento – una sorta di bussola sul tema – è stato presentato lunedì in una conferenza stampa a Bruxelles.

Ai vede profilarsi “una nuova era brutale caratterizzata dalla commistione di pratiche autoritarie e avidità aziendale”. Un momento storico nel quale “gli Stati più potenti si liberano del diritto internazionale e non rispettano le istituzioni multilaterali”, dichiara la segretaria generale Agnès Callamard, citata in una nota.

‘Totale disprezzo’

Il rapporto della Ong si legge in effetti come un lungo, agghiacciante elenco di più o meno note violazioni dei diritti fondamentali commesse ai quattro angoli del mondo. “Violenta e diffusa repressione del dissenso, catastrofica escalation di conflitti armati, sforzi inadeguati per affrontare il collasso climatico, crescente contraccolpo a livello globale contro i diritti di migranti, rifugiati, donne, ragazze e persone Lgbtiqa+”: si tratta di “tendenze dannose già presenti” che “la campagna anti-diritti dell’amministrazione Trump sta accelerando vertiginosamente”. Il presidente statunitense, dichiara ancora Callamard, “ha dimostrato solo un totale disprezzo per i diritti umani universali (...). Il suo assalto a tutto campo ai concetti stessi di multilateralismo, asilo, giustizia razziale e di genere, salute globale e azione climatica salvavita sta aggravando i danni significativi che questi principi e istituzioni hanno già subito e sta ulteriormente incoraggiando altri leader e movimenti contrari ai diritti a unirsi al suo assalto”.

Ci sono le guerre più mediatizzate, come “il genocidio di Israele contro i palestinesi di Gaza”; oppure i crimini commessi dalla Russia in Ucraina, dove l’esercito di Putin – scrive sempre Ai – ha continuato a colpire le infrastrutture civili e sottoposto i detenuti a torture e sparizioni forzate. Ma ci sono anche conflitti e violazioni dei diritti umani che si verificano nel cono d’ombra mediatico, nella “quasi totale indifferenza globale”. Come le violenze sessuali inflitte in Sudan dalle Forze di supporto rapido a donne e ragazze, in quello che “equivale a crimini di guerra e possibili crimini contro l’umanità”.

Paura e museruola

E chi sapeva (o ricordava) che in Bangladesh le autorità hanno emesso l’ordine di sparare a vista contro gli studenti che protestavano, causando quasi mille morti? O che in Mozambico le forze di sicurezza hanno scatenato la peggiore repressione delle proteste negli ultimi anni in seguito a elezioni contestate, provocando la morte di almeno 277 persone? “La proliferazione di leggi, politiche e pratiche autoritarie contro la libertà di espressione, di associazione e di riunione pacifica è stata al centro del contraccolpo globale contro i diritti umani”, sottolinea Amnesty. “I governi di tutto il mondo hanno cercato di eludere le responsabilità, di rafforzare il proprio potere e di infondere la paura mettendo al bando i media, sciogliendo o sospendendo le Ong e i partiti politici, imprigionando le voci critiche sulla base di accuse infondate di ‘terrorismo’ o ‘estremismo’ e criminalizzando i difensori dei diritti umani, gli attivisti per il clima, i manifestanti per la solidarietà con Gaza e altri dissidenti”.

Strapotere della tecnopolitica

I governi inoltre “stanno abbandonando le generazioni future”. La Cop29 (la Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici svoltasi nel novembre 2024 in Azerbaigian, ndr) è stata “una catastrofe”, con “un numero record di lobbisti dei combustibili fossili che hanno ostacolato i progressi verso un’equa transizione [energetica], mentre i Paesi più ricchi hanno costretto le nazioni a basso reddito ad accettare accordi di finanziamento sul clima irrisori”.

Il futuro si prospetta “molto più cupo” anche per molte donne, ragazze e persone Lgbtiqa+. Lo dimostrano le strette operate nei loro confronti dalle autorità in Afghanistan, in Iran, in Africa (dove Malawi, Mali e Uganda hanno adottato misure che criminalizzano o mantengono i divieti delle relazioni omosessuali) e persino in Europa (dove Georgia e Bulgaria hanno seguito l’esempio della Russia nel reprimere la presunta ‘propaganda Lgbtiqa+’). L’amministrazione Trump, dal canto suo, sta smantellando le misure anti-discriminazione, “attaccando senza sosta i diritti delle persone transgender e ponendo fine ai finanziamenti per la salute, l’istruzione e altri programmi che sostenevano donne e ragazze in tutto il mondo”.

La tecnologia, infine. “I governi stanno danneggiando ulteriormente le generazioni presenti e future non regolando adeguatamente le nuove tecnologie, abusando degli strumenti di sorveglianza e rafforzando la discriminazione e le disuguaglianze attraverso un maggiore uso dell’intelligenza artificiale”, denuncia Ai. Anche in quest’ambito Trump e la sua amministrazione hanno “esacerbato” una tendenza già affermata. Lo hanno fatto ad esempio incoraggiando le aziende di social media a ridurre le protezioni (vedi la rimozione da parte di Meta del fact-checking di terze parti) e a raddoppiare il modello di business che consente la diffusione di contenuti odiosi e violenti. “L’allineamento tra l’amministrazione Trump e i miliardari del settore tecnologico rischia inoltre di aprire le porte a un’era di corruzione dilagante, disinformazione, impunità e acquisizione del potere statale da parte delle aziende”, afferma Amnesty.

La Svizzera

Due macchie e altri punti dolenti

La Svizzera non è esente da rimproveri. Nel suo rapporto annuale, Amnesty International (Ai) traccia un bilancio in chiaroscuro per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani nella Confederazione. In evidenza, due “decisioni controverse”: la sospensione del sostegno finanziario all’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa dei profughi palestinesi; e la “reticenza” a conformarsi alla storica sentenza emessa dalla Corte europea dei diritti umani (Cedu) nel caso delle ‘Anziane per il clima’.

“Queste prese di posizione indeboliscono la tradizione umanitaria della Svizzera e mettono in questione il suo impegno a favore del diritto internazionale”, afferma – citata in una nota – Alexandra Karle, direttrice della sezione elvetica di Ai. Il giudizio però va sfumato. Lo stop ai fondi all’Unrwa era stato deciso lo scorso settembre dal Consiglio nazionale. Ma un mese fa il Consiglio degli Stati ha evitato il peggio, respingendo la mozione Udc che chiedeva una sospensione immediata del sostegno finanziario svizzero all’agenzia dell’Onu.

Il peggio è stato evitato anche sull’altro fronte. Parlamento e governo hanno sì criticato con fermezza la sentenza della Cedu, sostenendo che la Svizzera ha già implementato misure sufficienti e obiettando che la Corte nel caso specifico ha oltrepassato le sue competenze. Tuttavia, le mozioni presentate in Parlamento per ritirarsi dalla Convenzione europea dei diritti umani non hanno fatto breccia. E nonostante tutte le obiezioni, la Svizzera qualche progresso lo ha compiuto nell’attuazione del verdetto, in particolare a livello legislativo. Così almeno ha riconosciuto il mese scorso il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, che però non ha mancato di sottolineare come resti del lavoro da fare, soprattutto per quanto attiene alla “quantificazione, attraverso un bilancio di carbonio o in altro modo, delle limitazioni delle emissioni nazionali di gas serra”.

‘Erosione del diritto di manifestare’

Anche altre questioni preoccupano Amnesty. Come “l’erosione del diritto di manifestare”, limitato in diversi cantoni. A Zurigo, osserva Ai, una nuova legge sottopone ormai le manifestazioni a un’autorizzazione preventiva e permette di fatturare le spese di polizia a chi le organizza. A Ginevra, un progetto di legge intende vietare determinate manifestazioni nel centro città. Anche i gruppi di studenti che si sono mobilitati nelle università a favore della causa palestinese hanno subito interventi di polizia, minacce di sanzioni e rischiano procedure penali. “La libertà di espressione e la libertà di riunione pacifica costituiscono un pilastro essenziale di una società democratica – e sono un test cruciale dell’impegno reale della Svizzera a favore dei diritti umani”, ha dichiarato Alexandra Karle.

Nel capitolo dedicato alla Svizzera, Amnesty ricorda inoltre la sentenza con cui la Cedu ha condannato la Confederazione per profilazione razziale nel caso della perquisizione e dell’imposizione di una multa nei confronti di Mohamed Wa Baile, 49enne svizzero di origini keniane. Sempre in tema, ma sul versante positivo, viene citata la decisione del parlamento federale di incaricare il Consiglio federale di elaborare un piano d’azione per combattere il razzismo e l’antisemitismo.

Altri sviluppi accolti con favore da Ai: l’entrata in vigore, il 1° luglio 2024, della modifica del Codice penale che riconosce quale stupro il sesso “contro la volontà di una persona”, mettendo fine alla vecchia definizione di stupro che richiedeva l’uso di forza fisica, minaccia o coercizione e considerava solo le donne come vittime; la modifica di legge voluta sempre dal parlamento federale per meglio tutelare le vittime straniere di violenza domestica; oppure ancora la riuscita dell’iniziativa popolare ‘per l’inclusione’, che mira a sancire nella Costituzione federale l’uguaglianza per le persone con disabilità.