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Il Conclave dell’incertezza: ‘O Parolin subito o una sorpresa’

I vaticanisti convergono sul Segretario di Stato, ma con cautela. E bocciano i conservatori, che sognano lo sgambetto. Salgono le quotazioni di Aveline

Tutto pronto nella Cappella Sistina
(Keystone)
7 maggio 2025
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Undici giorni fa, la mattina del 26 aprile, in piazza San Pietro, un cardinale ha assistito al suo funerale. Ma ancora non lo sapeva. Ancora non lo sa. Oggi entrerà nella Cappella Sistina insieme agli altri 132 cardinali elettori per il Conclave più incerto di questo inizio di millennio. Ad attenderlo, nella Stanza delle lacrime, ci sono tre abiti talari di tre taglie diverse: 50, 54 e 58. Quale sarà quella giusta nessuno ancora lo sa.

Servono 89 voti (su 133 elettori)

Di sicuro c’è che alle 16.30 si chiuderà la porta della Cappella Sistina e inizierà il Conclave che dovrà eleggere il successore di Francesco. Oggi ci sarà una sola votazione. Saliranno a quattro (due alla mattina e due al pomeriggio), domani e venerdì. In caso di un nulla di fatto, sabato s’interromperebbe il voto per una giornata di preghiera e riflessione.

Per diventare il 267esimo Papa della storia serviranno 89 voti, vale a dire una maggioranza dei due terzi. Impossibile da raggiungere già oggi, dove il favorito, l’italiano Pietro Parolin, porterebbe in dote una quarantina di preferenze, forse qualcosa in più. Abbastanza per essere considerato il più papabile tra i papabili e allo stesso tempo diventare il primo degli esclusi in caso che la celebre fumata bianca non dovesse arrivare entro venerdì. “A quel punto – spiegano i vaticanisti che occupano stabilmente la Sala Stampa – vorrebbe dire che non si è trovata una convergenza su di lui e si è passati ad altro. Da quel momento potrebbe davvero essere chiunque”.


Vatican Media
Pronti gli abiti talari di diverse misure

Il tutto a conferma di una situazione nuova, almeno dall’elezione a sorpresa di Wojtyla in poi (parliamo del 1978). Ratzinger era il favorito nel 2005 così come Bergoglio (allora il secondo più votato dopo Ratzinger) lo era nel 2013. Francesco Peloso, vaticanista di Domani e Lettera43 non ha dubbi sul fatto che si arrivi al Conclave con molti dubbi: “La situazione è piuttosto confusa. Molto aperta. Non sono uscite fuori candidature forti, di rilievo, se escludiamo Parolin”. Il Segretario di Stato di Bergoglio si gioca tutto tra oggi e venerdì. “Un po’ non è amato all’interno della stessa Curia, ci sono gelosie e concorrenze interne – spiega Peloso –. E forse non ha nemmeno tutto questo sostegno interno che pensa di avere. Però certo è un personaggio molto riconosciuto, amato, un erede credibile del pontificato di Francesco perché sul piano internazionale è lui che ha seguito le questioni legate alle varie guerre e anche all’apertura alla Cina. Ma sulla riforma della Chiesa, anche economica, non sappiamo bene cosa pensa. E queste cose in un Conclave hanno un peso”.

‘Circolano troppi nomi’

Per Peloso “ci sono troppi nomi su giornali (in un rapido conto fatto controllando alcuni quotidiani disponibili nella Sala Stampa, tra favoriti e outsider emergerebbero 42 nomi, quasi uno ogni tre elettori, ndr) il che dimostra che non è emerso nessun personaggio particolare. Da quello che so le congregazioni sono andate molto bene, ci sono state discussioni vere e approfondite, ma una personalità abbastanza forte da raccogliere un largo consenso tra i cardinali è mancata. Luis Antonio Tagle è il più interessante, anche perché Asia e Oceania in questo Conclave portano ben 27 cardinali, e avranno un peso. Poi, certo, bisogna anche sapersi muovere. E non è detto che riusciranno a farlo. Sono cresciute poi le quotazioni dell’arcivescovo di Marsiglia Jean-Marc Aveline, molto in linea con Bergoglio sul fronte dell’immigrazione, delle periferie e del dialogo interreligioso (al suo arrivo a Roma per i funerali gli fu rubata la borsa con dentro, fra le altre cose, le chiavi dell’auto). Poi c’è Matteo Maria Zuppi, che rappresenta l’attenzione a poveri e migranti. Piace ai fedeli (“Ha la faccia da Papa” è la frase che si sente ripetere continuamente a piazza San Pietro e dintorni), che non contano, ma è spinto dalla Comunità di Sant’Egidio che invece qualcosa conta, eccome”.


Keystone
Parolin e Tagle tra i favoriti

E i nordamericani? Anche loro sono tanti. “Possono esprimere solo un candidato totalmente antitrumpiano sennò perderebbero ogni appoggio. I nomi sono due: Robert Francis Prevost, un candidato di Curia, prefetto dei vescovi, dal profilo meno noto. Ma ha grande esperienza in America Latina, il che potrebbe portare voti da una parte di mondo che per forza di cose difficilmente può aspirare a eleggere un Papa di quell’area, visto che c’è appena stato un argentino. I cardinali sudamericani sono tra i più riformisti, molto spostati politicamente a sinistra, e un vero candidato su cui potrebbero convergere ancora non c’è. L’altro nome che è emerso è quello del cardinale Blase Joseph Cupich, arcivescovo di Chicago, che è una megadiocesi molto ricca, molto potente. Lui è un antitrumpiano della prima ora, uno serio e preparato, anche se in questo momento storico un Papa americano sarebbe una scelta abbastanza anomala”.

I dubbi su Pizzaballa e gli africani

Qualche dubbio Peloso lo esprime sul Patriarca di Gerusalemme Pierbattista Pizzaballa: “Il suo nome è in auge da tempo per via della guerra in Medio Oriente. È bravo, preparato. Uno molto in gamba e sicuramente pronto per il ruolo. Però mi dicono che sia un po’ supponente. Insomma, che se la tiri un po’. Questa cosa potrebbe pagarla”. E gli africani? “Non sembra il loro momento. Conservatori sul fronte della sessualità, del celibato, delle donne, ma molto vicini a Francesco sul tema delle periferie, hanno come unico papabile il congolese Fridolin Ambongo Besungu, arcivescovo di Kinshasa”.


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Il comignolo da cui usciranno le fumate nere e quella bianca

Quindi: o Parolin subito o molta incertezza? “Le nomine del Papa, che ha creato cardinali da luoghi estremamente periferici, hanno reso più imprevedibile il tutto, ce n’è uno che arriva da Papa Nuova Guinea, ad esempio, uno da Tonga. Chi può sapere davvero cosa pensano? Anche in Sudamerica Francesco ha nominato vescovi di piccoli posti di frontiera. Una scelta non certo fatta a caso, ma perché voleva allargare il più possibile il Conclave a luoghi, persone e situazioni storicamente tenuti lontani da scelte così importanti. Voleva più rappresentanza di minoranze. Un cardinale interessante in questo senso è quello del Myanmar, Charles Maung Bo, bravo, a tal punto che magari potrebbe essere lui, se le cose andassero per le lunghe, a spuntarla. Tanti cardinali non hanno una lingua comune per comunicare, alcuni non si erano mai visti fino a questi giorni, questo dà l’idea dell’incertezza e di come le cose debbano ancora trovare una loro forma”.

Anche per Giacomo Galeazzi, vaticanista de La Stampa, Parolin è l’uomo che si giocherà tutto nelle prime votazioni: “Può mettere d’accordo tanti, ma non è detto che bastino. Altri nomi? Sicuramente Zuppi. Poi Tagle, Aveline, Prevost. Questa volta non mi stupirei se l’elezione andasse per le lunghe, vale a dire oltre venerdì, e quindi almeno alla decima votazione”. Secondo Galeazzi, altri due nomi pesanti dentro il Conclave saranno quelli dell’ungherese Peter Erdö e dell’americano Timothy Michael Dolan. Erdö, che secondo alcuni ha anche qualche chance di diventare Papa “è quello che può raccogliere e poi dirigere i voti dei conservatori. Non sono abbastanza per vincere, ma per dare una direzione al voto e sbarrare la strada ad alcuni magari sì. Dolan invece è quello che tesse la tela dei cardinali anglosassoni”. Di loro si sa che hanno organizzato incontri e lunghe cene, invitando anche porporati del Commonwealth.


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Il cardinale Müller in mezzo alla folla

Le regole

Da oggi, però, ogni cardinale avrà la sua stanza e verrà privato del telefono (la copertura della rete cellulare vaticana verrà disattivata dalle 15, a eccezione di piazza San Pietro) e di qualsiasi tipo di comunicazione con il mondo esterno. Pena la scomunica “latae sententiae”, come previsto dalla Costituzione apostolica Universi Dominici Gregis che impone il divieto di comunicare l’esito delle votazioni, di parlare con l’esterno, leggere i giornali, ascoltare la radio o guardare la tv. Una regola a cui dovranno sottostare non solo i cardinali elettori, ma anche chi entrerà in contatto con loro. Segreto assoluto, quindi, anche per gli addetti ai pasti e alle pulizie, ai medici, ma anche per gli autisti che trasporteranno i porporati dalle loro stanze alla cappella Sistina. Alloggeranno a Santa Marta, dove viveva Francesco (la sua stanza, la 201, rimarrà sigillata) ma non essendoci abbastanza posti per tutti, alcuni – previo sorteggio – dormiranno nell’adiacente Santa Marta Vecchia.

Tra di loro anche il cardinale francese Jean-Paul Vesco, che in piazza San Pietro si è intrattenuto con giornalisti e fedeli, benedicendo donne, uomini, bambini e statue di Madonne colorate: “Ho una mia cinquina. Ognuno avrà la sua a questo punto. Se non convergeremo sugli stessi nomi, capiremo cosa fare. Volete tutti un conclave breve, io lo vorrei lungo. Tre settimane”. Ride. “Scherzo. Con lungo intendo magari fino a venerdì. Di più mi pare difficile. Ma una cosa la so, non ci sarà un Francesco II, anche se credo che il prescelto dovrà continuare sul cammino che lui ha intrapreso. Io Papa? Lo escludo”. E ride ancora mentre una donna e un ragazzo si avvicinano per un selfie di cui Vesco farebbe volentieri a meno.


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Il cardinal Vesco tra i giornalisti

Speranze e scommesse

Intanto le tv, piazzate davanti al sagrato, continuano le loro dirette. Ognuna ha il suo esperto di turno. Il brasiliano di Globo News Gerson Camarotti lancia l’americano Prevost come alternativa agli italiani. Per la spagnola Canal Sur c’è il sacerdote Antonio Pelayo, storico corrispondente vaticano, che nomi non ne fa, ma dice che “lo stile di vita proposto da Francesco è ormai irreversibile per chiunque arriverà” e che “i conservatori faranno fatica a trovare un candidato da proporre”, e che “quelli usciti finora sono impresentabili”.

Il vaticanista spagnolo José Ramon Navarro Pareja fa invece un nome che non fa quasi nessuno, ma che assicura sarebbe stato il più gradito a Francesco: si tratterebbe del cileno Fernando Chomali. I bookmaker lo quotano – nel gruppone degli altamente improbabili, ma non impossibili – a 51 (se si punta un franco se ne vincono 51). Il favorito, anche lì, è Parolin (quota tra 2 e 2.75). Seguono Tagle, Pizzaballa, Zuppi, Turkson, il guineano Sarah, Erdö e il maltese Grech, mentre i due cardinali svizzeri Tscherrig e Koch non vengono nemmeno presi in considerazione. Mentre dal Kenya arriva l’ultima polemica, firmata dal cardinale John Njue, lo stesso che è riuscito due anni fa a far cambiare la sua data di nascita, risultando così più giovane e quindi in età per votare (oltre gli 80 anni non si entra in Conclave): ufficialmente dato per malato, fa sapere di stare bene, ma che nessuno l’ha invitato. Dal Vaticano, increduli, gli hanno risposto che bastava prendere un volo e presentarsi. Insomma, per il Conclave è tutto pronto. Magari non tutto perfetto, ma pronto sì.


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133, come i cardinali elettori