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Il Conclave, le gaffe in latino, le figurine e l’uomo con il saio

Lunga attesa per una scontata fumata nera. Giornata decisiva per le chance di Parolin, con quattro votazioni. E in piazza c’è chi critica Francesco

Dentro il Conclave
(Keystone)

Fumata nera doveva essere e fumata nera è stata. Nessuno dei nomi scritti, bruciati nella stufa della Cappella Sistina e poi portati via dal vento è stato scritto per almeno 89 volte. Il numero che avrebbe portato all’elezione, al primo scrutinio, del nuovo Papa.

Tutto come da previsione tranne l’orario. Il cielo sopra San Pietro si è colorato di fumo nero solamente alle 21, ben due ore dopo l’ora prevista. Resta da capire perché. Se per l’alto numero di cardinali al voto (133, mai così tanti) o per qualche intoppo, tecnico o – forse peggio – diplomatico. Pare che in realtà il ritardo sia dovuto in parte a una lunga e inattesa meditazione pre-voto (durata 45 minuti), in parte ai problemi di comunicazione legati alla poca dimestichezza di alcuni cardinali con l’italiano e il latino.


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La fumata nera

Speculazioni e strategie

Dai due nomi più votati – che fuori dal Conclave nessuno è tenuto a sapere, pena la scomunica – si ripartirà questa mattina quando i cardinali torneranno nella Cappella Sistina per un totale di quattro votazioni (due al mattino e due al pomeriggio), sempre che non si arrivi nel frattempo alla fumata bianca. In caso di doppia fumata nera (ne è prevista una ogni due elezioni senza vincitore) quest’oggi verrebbe superato il numero di giorni (due) e di scrutini serviti per eleggere Ratzinger (quattro) e Bergoglio (cinque).

I beninformati – o presunti tali, vista la situazione – sostengono che la nottata sia passata con vari conciliaboli tra i due cardinali più votati (presumibilmente l’italiano Parolin e il filippino Tagle) e i due detentori dei pacchetti di voti più pesanti, ma senza vere speranze di elezione, il conservatore ungherese Erdö e l’altro italiano Zuppi, nome forte della Comunità di Sant’Egidio. Tutto quello che è successo dalle 17.43 – momento in cui il maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie, monsignor Diego Ravelli, ha pronunciato l’“extra omnes” (“Fuori tutti”) – è pura speculazione.


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L’Extra Omnes e la chiusura delle porte

Le mani, le litanie

Prima, grazie a una regia televisiva degna di Hollywood, la piazza e il mondo intero hanno potuto sbirciare nella Cappella Sistina fino nei dettagli, comprese le mani dei cardinali che si poggiavano sul leggio durante la ripetizione – per 133 volte, una per ciascuno – della parte finale del giuramento: “Et ego (nome) Cardinalis (cognome) spondeo, voveo ac iuro. Sic me Deus adiuvet et haec Sancta Dei Evangelia, quae manu mea tango”. Ovvero: “E io cardinale prometto, mi obbligo e giuro. Che mi aiutino Dio e questi Santi Evangeli che tocco con la mia mano”.

Curiosamente, tra i primissimi a giurare compaiono proprio tre dei favoriti della vigilia, Parolin, Tagle e l’americano Prevost. La formula – arrivata poco dopo un’altra infinita litania, quella dei santi (“Ora pro nobis”) – per quanto breve e arcinota ha creato non pochi problemi di pronuncia ad alcuni cardinali. C’è chi ha sbagliato tutti gli accenti, chi (americani in primis) l’ha rimasticata come se fosse una battuta di un western e chi si è inceppato, compreso un insospettabile, Zuppi, che ha letto Evangelia all’inglese, “Evanghelia”, per poi correggersi immediatamente.


R. Scarcella
La mano di un cardinale durante il giuramento ripresa sul maxischermo

Alle 18.05, mentre il cardinale Cantalamessa si dirige verso le porte del Conclave per chiuderle, dalla piazza si alza un “ooooohh” come se stesse per calciare un rigore, chiuso con un applauso. Altri applausi, isolati, si sono sentiti mentre venivano inquadrati alcuni cardinali (Zuppi e Tagle su tutti) con diversi fedeli e curiosi che tenevano tra le mani le doppie pagine di quei giornali che hanno pubblicato – con tanto di date di nascita, nazionalità e biografia essenziale – le foto di tutti i partecipanti al Conclave, in una sorta di album Panini vaticano.

Canzoni e statue sbagliate

La giornata, conclusa con un cielo senza nuvole, era cominciata sotto una pioggerella intermittente e fastidiosa e una piazza pigra e ancora mezza vuota in attesa della Messa “pro eligendo romano pontifice”, iniziata alle 10.

Accanto al colonnato di San Pietro, in mezzo agli ombrelli, spiccava la figura di un uomo inginocchiato vestito solo con un saio e un bastone tra le mani. Arriva da una comunità a pochi chilometri da Assisi, si chiama Maurizio ed è un cattolico laico che era già venuto – sempre indossando il saio – per il Conclave del 2013, quello che scelse Bergoglio. “Mi fermarono in molti all’epoca e una mia foto divenne simbolo di quell’elezione, perché un uomo vestito come San Francesco era presente all’elezione di un Papa chiamato Francesco. Ma Bergoglio poi ha deluso noi veri cattolici, dicendo cose sulle donne, sul sesso e sull’inferno vuoto che nei Vangeli non ci sono”.

Maurizio non ha un candidato preferito e si affida allo Spirito Santo. “Solo spero che prenda una linea completamente diversa da Bergoglio, e che non prenda il nome di Francesco per poi disattendere i suoi insegnamenti. Qua si è perso il valore più grande, quello della penitenza”. Vicino a lui c’è Magdalena, una donna keniana che ora vive in Germania. Voleva venire per il funerale, ma non ha fatto in tempo. Tra le braccia tiene una statuetta della Madonna comprata a Medjugorje. L’ha fatta benedire da nove cardinali, dice. E spera di farla benedire anche dal nuovo Papa.


R. Scarcella
Fedeli in piazza

Tutt’intorno si animano anche i negozi di articoli religiosi. Dal più vicino al colonnato di San Pietro arriva una musica, è “Hallelujah” di Leonard Cohen (che molti conoscono per la versione di Jeff Buckley). Viene messa in loop e non finisce mai: ennesima litania. A peggiorare le cose è la versione, non certo la migliore tra tante, fatta da un gruppo chiamato Pentatonix.

Nella vetrina principale del negozio c’è una statuetta con scritto sulla base “Giovanni Paolo II”, ma il volto non c’entra granché con il Papa polacco. Anzi, somiglia molto più a Parolin. Nel caso, gli basterà cambiare nome alla base, e possono rivenderla all’istante. Anche se i più superstiziosi cominciano a dire che Parolin è bruciato dopo che il 91enne cardinale Re, l’officiante della Messa mattutina, gli ha detto “Auguri… e doppi”, prima di salutarlo per l’entrata in conclave. Secondo chi conosce i canoni vaticani, Re intendeva dire auguri per il Conclave e per il fatto che sia proprio Parolin a presiederlo. Chissà.

Il Controconclave

Pochi chilometri più in là, all’Hotel Ergife, in quello che sembra uno scherzo del destino, si sta tenendo una specie di Controconclave di chi, storicamente, nella Cappella Sistina a eleggere il Papa non può entrare: le donne. Si tratta dell’assemblea plenaria dell’Uisg, l’Unione internazionale delle superiore generali: 1’900 suore di 75 Paesi diversi. Un evento indetto tempo fa, ben prima che le condizioni di Francesco peggiorassero. Terminerà domani. Nel frattempo, in Vaticano, potrebbe esserci un nuovo Papa.


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Un gruppo di suore