Nella prossima sessione di Gran Consiglio al voto. La maggioranza commissionale è netta. Ma Mirante: ‘Serve eccome, anche da esempio per il privato’
Nell’Amministrazione cantonale gli apprendisti rappresentano il 4,2% del personale (180 contro i 147 registrati cinque anni prima), con il governo stesso che – numeri e considerazioni risalgono al 2022 – formulava anche la previsione di raggiungere la soglia del 5% a breve. Nel concreto, si tratta di 26 percorsi formativi contro i 21 del 2017, e “sono già in corso iniziative per ridurre gli stereotipi di genere, tra cui il progetto ‘ProApp’ che mira a diversificare la rappresentanza di genere nelle professioni e a sensibilizzare contro la discriminazione”.
Sono fondamentalmente questi – in un messaggio che come si diceva risale al 2022 – i motivi con cui il Consiglio di Stato chiede di ritenere evasa la mozione dell’Mps che chiede di arrivare al 5% di apprendisti in seno all’Amministrazione cantonale, di estendere il ventaglio di posti di formazione e di “elaborare e mettere in pratica una politica di discriminazione positiva che permetta alle giovani donne di intraprendere formazioni in professioni tradizionalmente ‘maschili’”.
Tre anni dopo, i tempi della politica sono questi, l’auspicio del Consiglio di Stato verosimilmente verrà tradotto in realtà dal momento che il tema approderà in Gran Consiglio nella sessione che si inaugurerà lunedì prossimo, e il rapporto di maggioranza che chiede, appunto, di ritenere evasa la mozione e stilato da Raide Bassi (Udc) in commissione Economia e lavoro ha raccolto l’adesione di Plr, Lega, Centro (tranne il deputato e sindacalista Ocst Claudio Isabella) e, appunto, democentristi.
Nello stringatissimo rapporto, tre pagine scarse, Bassi spiega in sintesi perché questa mozione sia di fatto inutile. In via principale, “sebbene l’obiettivo del 5% sia condivisibile nelle intenzioni, si ritiene più opportuno evitare un limite quantitativo rigido, preferendo un incremento che si sviluppi in armonia con le reali necessità e capacità formative dell’Amministrazione”. Inoltre, con 26 percorsi attivi, la maggioranza commissionale sostiene che “ci sia una notevole varietà di opportunità formative”.
Per quanto concerne la discriminazione positiva, a mente della maggioranza della commissione “l’Amministrazione cantonale ha già implementato misure di sensibilizzazione contro gli stereotipi di genere e dedica particolare attenzione alle candidature femminili. In tal senso – si legge ancora nel rapporto di Bassi – piuttosto che introdurre misure che potrebbero risultare forzate, è più efficace promuovere pari opportunità attraverso campagne informative mirate e un adeguato supporto all’orientamento professionale”.
Più in generale, per Plr, Centro, Lega e Udc “l’Amministrazione cantonale ha svolto un ruolo significativo nell’incrementare il numero di apprendisti, ma è fondamentale riconoscere che lo Stato, pur rivestendo un ruolo importante nel garantire la formazione dei giovani, non dovrebbe sostituirsi all’economia nella creazione di opportunità di apprendistato”. Invece, rimarca Bassi, “il suo compito dovrebbe essere quello di fornire gli strumenti necessari per sostenere il settore privato, permettendo alle imprese di formare apprendisti in linea con le reali esigenze del mercato del lavoro”. Insomma, “è necessario che l’offerta formativa sia sempre più orientata a rispondere alle effettive necessità del mercato, evitando di introdurre professioni che non trovano riscontro nella domanda lavorativa”. Di conseguenza, secondo il rapporto di maggioranza “è essenziale che lo Stato, nell’ambito della sua azione, alleggerisca il carico burocratico che grava sulle imprese formatrici”.
Molte più pagine – diciassette – e più argomenti tirati fuori, ma meno firme per il rapporto di minoranza che invece chiede di accogliere la mozione ritenendola solo parzialmente evasa. A sostenere le tesi redatte da Amalia Mirante (Avanti con Ticino&Lavoro) sono solo i Verdi con Marco Noi e, però con riserva, il Ps e Claudio Isabella. Tesi che partono da altri numeri, sempre forniti dal governo, che attestano come “il Cantone Ticino nel 2022 è al penultimo posto rispetto alla graduatoria con gli altri Cantoni per quanto attiene al tasso di posti di apprendistato in percentuale al numero dei posti di lavoro in equivalenti a tempo pieno”. Da qui, a cascata, tutto il resto. Parlando degli obiettivi posti dal governo, “a distanza di sei anni dal progetto ‘Più duale’ dobbiamo a malincuore constatare che gli obiettivi quantitativi posti non sono stati raggiunti”. Nel senso che, spiega Mirante, “nel 2019 contavamo 2’449 nuovi contratti nel duale che sarebbero dovuti divenire 3’249 nel 2023”. Ma, a oggi, nel 2025, “ne contiamo 2’617. L’incremento è stato di 168 nuovi contratti rispetto agli 800 previsti, solo il 21% di quanto preventivato”. Inoltre, il rapporto di minoranza segnala pure che “il progetto ‘Obiettivo 95%’, che puntava a raggiungere un tasso di diplomati del secondario II appunto al 95%, ha ottenuto risultati sostanzialmente invariati dal 2019 (90,3% contro 90,2%)”.
Tutti esempi dove, però, si parla di apprendistati generalmente, non in seno all’Amministrazione cantonale. Ma è per questo che secondo Mirante un settore pubblico “che incrementa i posti di apprendistato dimostra coerenza con le politiche promosse verso il settore privato. In Svizzera, circa i due terzi dei giovani intraprendono una formazione professionale di base dopo la scuola dell’obbligo, iniziando l’apprendistato a 15 anni e terminando generalmente a 18 o 19 anni. Un impegno concreto del settore pubblico nel fornire opportunità di formazione rafforza la credibilità delle istituzioni e funge da esempio per le imprese private”. L’apprendistato “riduce significativamente la disoccupazione giovanile, fornendo competenze direttamente applicabili alle esigenze del mercato” e, va da sé, investire nella formazione dei giovani residenti “rappresenta una strategia efficace per ridurre la dipendenza dalla manodopera estera e affrontare la crescente carenza di personale qualificato. Formare localmente la forza lavoro non solo garantisce una maggiore stabilità occupazionale, ma contribuisce anche allo sviluppo sostenibile delle comunità, preservando le specificità culturali e professionali del territorio”.
Riguardo la terza richiesta della mozione dell’Mps, per il rapporto di minoranza “promuovere politiche attive per l’inclusione delle donne nelle professioni tecniche e artigianali è essenziale per raggiungere una reale parità di genere”. Anche qui, l’Amministrazione pubblica “adottando tali misure può fungere da modello, incoraggiando il settore privato a seguire l’esempio e creando un ambiente lavorativo più inclusivo e diversificato”. Di più: “Gli interventi proposti dalla mozione che intendono sostenere l’inserimento delle giovani donne nelle professioni tradizionalmente maschili, rappresentano un intervento efficace per contrastare concretamente le disuguaglianze di genere presenti sul mercato del lavoro”.
Quindi, ritenendo parzialmente evasa la mozione, la richiesta è di spingere sull’aumento al 5% dei posti e di chiedere al governo “di raggiungere entro due anni gli obiettivi stabiliti da ‘Più duale plus’”.