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Intelligenza spirituale

Con Leone XIV la Chiesa sembra aver trovato una guida in grado di accontentare tutti. Anche il suo atteggiamento all’udienza per i giornalisti lo dimostra

In sintesi:
  • La sfida all’intelligenza artificiale non si combatte né vietandola né con le preghiere, Prevost sembra averlo ben presente, opponendo alle potenziali derive un approccio che metta l’uomo al centro
  • I cardinali hanno faticato dopo Wojtyla a trovare un candidato buono per il governo e per le piazze, dopo Ratzinger e Bergoglio pare abbiano centrato il bersaglio, unendo le due anime della Chiesa
Papa Leone XIV
(Keystone)
14 maggio 2025
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“Dicono che l’applauso all’inizio non conti molto. Ma se alla fine sarete ancora svegli e vorrete ancora applaudire, grazie mille”. L’ha detto, sfoderando il suo già riconoscibilissimo sorriso a mezza bocca, papa Leone XIV dopo l’ovazione che gli hanno riservato i giornalisti all’udienza dedicata ai media. Questa verità mascherata da battuta vale per qualsiasi cosa, da un incontro di una manciata di minuti come quell’udienza, a una serata a teatro, a un pontificato lungo come si prospetta questo, con un Papa 69enne e in salute.

Per quanto Prevost non fosse il favorito alla vigilia, la scelta del Conclave non ha sorpreso chi conosce la macchina vaticana. L’americano era l’unico a piacere sia ai bergogliani che ai conservatori della dottrina, a chi voleva portare la Chiesa indietro o a guardarsi dentro, chiudendo le porte, e a chi voleva portarla avanti e guardare fuori, aprendo le finestre.


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L’udienza con oltre tremila giornalisti di tutto il mondo

La sua elezione suona, quindi, logica. Ancor più dopo le prime uscite pubbliche, in cui è riuscito a essere un interprete credibile di queste anime contrapposte della Chiesa senza sforzi apparenti, lasciandole entrambe in vista, tenendo tutto in equilibrio. Ecco quindi il recupero degli ornamenti papali che Francesco aveva cestinato e i continui richiami a Gesù Cristo e a papi recenti (Giovanni Paolo II), lontani (Paolo VI, Leone XIII) e lontanissimi (Gregorio I). È come se dopo un pontificato lunghissimo come quello di Wojtyla, accentratore e carismatico, i cardinali avessero un po’ sbandato in cerca del successore. Cercando rifugio prima nel tedesco Ratzinger: teologo, conservatore, attentissimo ai simboli, considerato poco empatico e sovrastato dalle grandi folle (oltre che dalle faide interne che lo portarono alle dimissioni) eppure ammirato dai più devoti. Poi, con Francesco, si è passati all’opposto, un argentino sanguigno e affabile cresciuto tra la gente comune, a suo agio dentro la modernità e molto amato anche (se non di più) dai laici, seppur con limitate capacità di governo.


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La folla in piazza il giorno dell’elezione

Due Conclavi più tardi, ecco la sintesi. Un Papa capace di convincere – fin dalla prima apparizione – sia i cattolici puri che chi dalla Chiesa si tiene lontano, uno che si è sporcato le mani in Perù e dentro la Curia, che sa parlare chiaro (netti i suoi richiami alla pace) e un attimo dopo mischiare le carte col Vangelo, che sa indossare con disinvoltura ogni abito, dai paramenti papali al completo da tennis. E che sembra conoscere i confini di quel che rappresenta.

Un esempio lo ha dato proprio all’udienza con la stampa, dove ha gentilmente fermato una reporter con smanie di protagonismo che ha provato a imporgli un selfie, mentre ha accettato di buon grado, indossandola – con tanto di foto ricordo – una sciarpa andina di lana d’alpaca donatagli da una giornalista peruviana. Dimostrando così di capire al volo, sotto forte pressione mediatica, la differenza tra un gesto empatico con un significato e una baracconata fine a sé stessa.

Un Papa che, pur essendo rappresentante in terra del divino, confida nell’intelligenza umana. Che ha ripescato il nome Leone dal XIX secolo per traguardare il futuro, consapevole che le rivoluzioni (industriale all’epoca, digitale oggi) non si fermano con la forza né con una preghiera, ma si governano. L’intelligenza artificiale che tanto preoccupa il Papa può funzionare solo se accompagnata a un’intelligenza spirituale. Altrimenti, così come diceva Einstein per le guerre (“Non so come si combatterà la Terza guerra mondiale, ma la Quarta sì, con le pietre”), il rischio di restarne sovrastati – cattolici e mangiapreti, credenti e atei – è già dietro l’angolo.


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Il momento della sciarpa andina