Il presidente in pectore del Centro dopo le accuse al suo partito di adottare una tattica dilatoria. Il pedaggio al Gottardo? ‘Contrario’
Philipp Matthias Bregy, come si definirebbe con poche parole?
Sono un politico appassionato. Ma posso dire che tutto ciò che faccio, lo faccio con passione. Sono una persona socievole. Sicuramente un team player: solo in squadra si può avere successo.
Da dove viene questa passione, quella per la politica in particolare?
Già da ragazzo, a scuola, volevo sempre partecipare, contribuire a migliorare le cose. È una propensione che mi ha sempre accompagnato, dal mio comune al cantone e quindi a livello federale. Il dibattito mi piace: mi piace il confronto politico, la sfida di riuscire a trovare un denominatore comune tra opinioni diverse. I miei genitori non facevano politica in senso stretto. Entrambi però se ne sono sempre interessati. Quando avevo 14 anni, mia mamma mi portò a un evento elettorale a Naters: ‘Vieni, altrimenti crescerai apolitico’, mi disse. Oggi pensa che sia stato l’errore più grande della sua vita [ride]. Io invece le rispondo che è una delle cose più belle che potevano capitarmi.
“Si impara molto dalla sconfitta e questo ci aiuta nelle nostre battaglie future”, ha dichiarato nel 2021 a ‘Le Temps’. Da dove viene quest’umiltà?
Sicuramente dalla mia educazione. I miei genitori hanno insegnato a me e a mio fratello l’importanza del lavoro. Anche la regione dove sono cresciuto mi ha plasmato. Il Vallese da qualche anno vive un boom economico. Ma non è sempre stato così. Anzi, questa posizione se l’è dovuta guadagnare con fatica. E poi credo che se uno non si prende troppo sul serio, è più resiliente. D’altronde le sconfitte fanno parte della vita, anche di quella politica.
Anni fa, un anonimo osservatore della politica vallesana ha detto al ‘Tages-Anzeiger’ che lei fa parte della “lega dei furbacchioni”, è uno di quelli che “sanno sempre bene da che parte soffia il vento”.
Chiamo le cose con il loro nome, sono convinto che come politico occorra parlare chiaro e in modo semplice. Ma sono una persona con il senso della collegialità: la decisione presa in comune potrà anche non corrispondere al 100% alla mia opinione, ma io porterò avanti comunque la posizione del gremio.
Peter Bodenmann, Pascal Couchepin, Christophe Darbellay, Viola Amherd, Jean-Michel Cina, Sepp Blatter, Gianni Infantino. I vallesani non hanno paura del potere, a quanto pare.
I vallesani non sono paurosi, in generale. Di conseguenza, non temono di assumere responsabilità politiche e – facendolo – mettono in conto che si possa anche fallire. Il Vallese è un cantone fortemente politicizzato. Chi viene eletto a Berna, o altrove, prima si è fatto le ossa a livello locale e cantonale, nel confronto politico con moltissime persone del suo partito e degli altri partiti. Chi ha vissuto tante di queste prove, sa che una volta arrivato a Berna ha una chance solo se anche lì dimostra lo stesso coraggio. Forse è questo che spiega l’abbondanza di politici vallesani diventati famosi sul piano nazionale, benché provengano da un cantone tutto sommato periferico.
Keystone
Da Pfister a Bregy, nel segno della ‘continuità’ e della ‘stabilità’
In Parlamento a Berna spesso alcuni ‘senatori’ del Centro fanno di testa loro, non seguono la linea partitica. Come capogruppo non ha vita facile.
In un sistema bicamerale, per definizione consiglieri nazionali e consiglieri agli Stati hanno un ruolo differente. Va detto poi che spesso – in particolare nei dossier cruciali per noi, come il freno ai costi della sanità o l’imposizione fiscale dei coniugi – il gruppo del Centro vota in maniera assolutamente compatta. Le poche volte che non succede, il dibattito interno è comunque sempre aperto e costruttivo. Il fatto che alla fine non tutti la pensano sempre allo stesso modo, rientra nell’ordine delle cose.
Lei è alto-vallesano, la sua sezione è stata una delle più strenue oppositrici del cambio di nome del partito. Pochi anni dopo, si appresta a diventare il presidente del Centro. Segno che le ferite si sono ormai rimarginate?
Non parlerei di ferite. Anche perché non c’era alternativa al cambio del nome.
Non è quello che il Ppd dell’Alto Vallese pensava all’epoca.
Il ‘Cvp [Ppd, in italiano] Oberwallis’ era di fatto un partito aconfessionale, che si rivolgeva a tutti. Non è mai stato connotato come un partito ‘dei cattolici’. Abbiamo sempre avuto successo: non vedevamo perché dovessimo cambiare nome. Invece in altri cantoni, dove il vecchio Cvp non era così forte, il partito veniva identificato come ‘cattolico’. Ma la società è cambiata. Per noi era importante poter discutere con la gente e che il nostro nome non ci impedisse di farlo. Oggi, come Centro, ovunque possiamo rivolgerci a persone che cercano soluzioni, che vogliono una Svizzera non polarizzata tra destra e sinistra. Adesso possiamo constatare con piacere che il cambio di nome è stato un successo, in tutte le regioni del Paese. Persino in Vallese come Centro abbiamo guadagnato consensi.
Lei è un esponente dell’ala conservatrice di un partito che ora si vuole moderno, aperto ai giovani, più urbano e femminile. Come può essere il volto del nuovo Centro?
Vede, già nella mia funzione attuale ho il compito di tenere assieme il gruppo parlamentare. Questo significa anche, ogni tanto, fare un passo indietro. E così, col passare degli anni, mi sono spostato un po’ verso il centro. Lo stesso accadrà da presidente. Gerhard Pfister – che non di rado, con la sua visione, era uno o due passi avanti tutti noi – ha posizionato il partito in modo chiaro: ci smarchiamo sia dalla destra che dalla sinistra, creiamo soluzioni nostre, indipendenti. Questa linea, alla cui costruzione ho partecipato a fianco di Pfister e di altri, non cambierà. La mia sarà una presidenza all’insegna della continuità e della stabilità.
Quello di presidente di un partito nazionale è un ruolo ingrato. Si deve avere la pelle dura.
So che ci metterò molta passione, una passione che spero diventi contagiosa. La pelle dura? Ce l’ho.
Già adesso è spesso in viaggio, lo sarà ancor di più da presidente del partito. Una giornata ha 24 ore, cosa sacrificherà?
Sospenderò o rinuncerò ad alcuni mandati. Inoltre, ho la fortuna di poter gestire in maniera flessibile i miei impegni professionali nello studio legale in cui lavoro [e di cui è socio assieme all’influente ‘senatore’ alto-vallesano del Centro Beat Rieder, ndr]. Vedrò comunque cammin facendo.
Un tema ha fatto discutere di recente al Consiglio nazionale: il pedaggio sui transiti alpini. Il gruppo del Centro ha votato in buona parte a favore, lei si è astenuto. Qual è la sua posizione?
Sono contrario. [Il consigliere nazionale urano] Simon Stadler [autore di una delle tre mozioni respinte per un soffio dalla Camera del popolo, ndr] ha convinto numerosi membri della commissione competente e del nostro gruppo, ragione per cui ho preferito astenermi. Penso che al Ticino un pedaggio al Gottardo – che genererebbe ulteriore traffico di aggiramento – creerebbe difficoltà supplementari. Occorre però trovare una soluzione al problema del traffico parassitario: gli abitanti, soprattutto nel canton Uri, soffrono per questa situazione.
Il Centro continua a insistere su un controprogetto all’iniziativa dell’Udc contro una Svizzera da 10 milioni di abitanti. Tutti i partiti, tranne la stessa Udc, vi accusano di avere una tattica dilatoria.
Non capisco questa reazione emotiva. L’iniziativa ha buone possibilità di essere accolta alle urne. Se dovesse andare così, a medio termine si arriverebbe alla disdetta dell’accordo sulla libera circolazione. Uno scenario che avrebbe conseguenze catastrofiche sul futuro delle nostre relazioni con l’Unione europea. Ritengo sia estremamente pericoloso il ‘treno veloce’ sul quale è salita la sinistra assieme al Plr. Occorre prendere sul serio le preoccupazioni della popolazione. Dobbiamo perciò offrire un’alternativa: un incisivo controprogetto diretto, a livello costituzionale, che sia compatibile con la libera circolazione. Di questo sono convinto al 100%, e spero di riuscire a convincere anche gli altri partiti.
Volete una clausola di salvaguardia iscritta nella Costituzione. Anche il Consiglio federale ne ha messo a punto una. A suo avviso il governo non prende sul serio le preoccupazioni della popolazione?
La clausola di salvaguardia immaginata dal Consiglio federale non basta. Abbiamo bisogno di una soluzione a livello costituzionale. In generale, sui nuovi accordi con l’Ue ci serve una discussione aperta e diretta con la popolazione: le carte vanno messe sul tavolo, una volta per tutte. Solo così potremo portare avanti con successo questo importante rapporto con l’Ue.
A causa vostra però l’alleanza pro-bilaterali torna a scricchiolare, dimostrando tutta la sua fragilità. Il vostro è un gioco rischioso.
Ci si lascia prendere troppo dalle emozioni. Il fatto che su questo singolo aspetto non abbiamo ancora potuto metterci d’accordo in una seduta di commissione, non significa che l’alleanza venga messa in discussione. Il dibattito non è che all’inizio. Ora tutti i partiti avranno la possibilità di dire la loro: li invito a ragionare in modo costruttivo su un controprogetto diretto. Per quanto ne so, anche nel gruppo del Plr qualcuno ritiene importante elaborare un buon controprogetto all’iniziativa Udc.
La sua presidenza verrà giudicata alla luce del risultato che otterrete alle elezioni federali dell’ottobre 2027. Il colpaccio – raddoppiare la presenza in Consiglio federale, sottraendo un seggio ai vostri storici rivali del Plr – sembra essere a portata di mano.
Gerhard Pfister è riuscito a invertire la tendenza: come Centro nel 2023 abbiamo guadagnato in forza elettorale e seggi. Il nostro obiettivo è quello di crescere ulteriormente in tutte le regioni della Svizzera. E quando dico tutte, intendo proprio tutte. La maggior parte dei bisogni degli abitanti di questo Paese – in città, negli agglomerati urbani o nelle zone rurali – sono identici: impiego sicuro, sufficiente spazio abitabile, costi della salute più bassi, sicurezza in senso stretto. La rigidezza ideologica non aiuta, questi sono problemi che richiedono soluzioni. E il Centro ha dimostrato di essere in grado di creare soluzioni buone e sostenibili.
Il vallesano Philipp Matthias Bregy, 47 anni a luglio, è in Consiglio nazionale dal 2019, quando è subentrato alla sua conterranea Viola Amherd, eletta in Consiglio federale. Dal 2021 presiede il gruppo del Centro alle Camere federali. In precedenza è stato in Gran Consiglio (2009-2018) e in municipio a Naters (2013-2019). Di professione è avvocato. Appassionato di calcio, è sposato e padre di due figli. Vive con la sua famiglia a Naters. Unico candidato alla successione di Gerhard Pfister, verrà eletto presidente del Centro il 28 giugno a Berna.