A Bellinzona ci s’interroga sullo spruzzo che non è più quello di prima. Colpa del marmo di Castione: col passare del tempo subisce gli effetti dell’acqua
Premessa: tema estivo. Svolgimento: c’era una volta lo zampillo della foca. Anzi, un signor zampillo che raggiungeva l’altezza di alcuni metri per la gioia dei passanti rassicurati dalla storica presenza artistica, così dissacrante nel serioso contesto di Piazza Governo, e dal vigoroso getto tipico di una vera fontana voluta come segno forte nel tempo. Ma proprio il trascorrere dei decenni ha più volte portato alla luce la delicatezza dell’insieme, alla faccia della pietra con la quale lo scultore Remo Rossi e gli architetti Agostino Cavadini e Mario Chiattone l’avevano realizzata nel 1945.
Dapprima, nel 2016, ci sono voluti 640mila franchi per rifare l’impianto idraulico ed elettrico originale della fontana, pena la dispersione di preziosi ettolitri nel terreno. Le tubature e il sistema di pompaggio erano marci e l’intera struttura circolare andava consolidata. Quest’anno un altro oneroso intervento di manutenzione, protrattosi quattro mesi, ha riguardato le varie parti in pietra, foca compresa, che come si sa è in realtà un’otaria. Da giugno però, tolta la schermatura e ridonata alla capitale l’opera da sei tonnellate, lo spruzzo non è più tornato quello di prima. E così il popolo turrito si ritrova a osservare un surrogato che sta suscitando un misto di compassione e rassegnazione. Non al punto da perdere il sonno o sentirsi smarriti, ma l’interrogativo è sulla bocca di molti residenti e rimane inevaso durante il mercato del sabato: cos’è successo?
Iscritta nell’elenco dei monumenti degni di protezione, la foca va paradossalmente protetta dall’elemento naturale col quale meglio dovrebbe convivere: l’acqua. L’Ufficio cantonale dei beni culturali – rivela il municipale Vito Lo Russo, capodicastero Anziani e ambiente – ha stabilito che l’acqua in uscita dalla bocca con forte pressione, e di conseguenza anche quella in fragorosa caduta da alcuni metri d’altezza, stava inesorabilmente fragilizzando l’opera d’arte. Da qui la decisione di ridurre sia la potenza del getto, sia le ore di esercizio durante la giornata. D’altronde il tema è comune a moltissime fontane in pietra sparse nel mondo, ma non a quella di Trevi, la più iconica della città eterna, dove una trentina d’anni fa un vandalo, uscendo dalla vasca con un pezzo di travertino in mano rottosi sotto il suo peso dopo essersi arrampicato, ebbe a esclamare in romanesco “È frascica!” prima di finire in manette. Vano il suo tentativo di denunciare lo stato fracico (ossia marcio, putrefatto, guasto) visto che il travertino è in realtà una pietra molto resistente nel tempo anche all’azione dell’acqua.
La domanda a questo punto s’impone: la fontana della foca è ‘frascica’? Parrebbe. Un primo segnale risale al dicembre 2003 quando un pezzo di bocca si staccò a causa di un vandalo arrampicatosi con mire di conquiste goliardiche. Fatta la riparazione, si arriva alla metà dello scorso decennio, quando il Municipio, chiedendo il credito di 640mila franchi posto al beneficio di sussidi cantonali per rifare l’impianto idraulico, elettrico e di pompaggio, spiega nel messaggio indirizzato al Consiglio comunale come stanno le cose. Si apprende che “l’intera parte monumentale (lastre di rivestimento, elementi perimetrali, statua) è realizzata con pietre naturali provenienti dalle cave di Castione”. Una garanzia di durevolezza e immortalità? Affatto. “A prescindere dai pregi e dalle peculiarità cromatiche di questo materiale, il calcefiro in questione (in gergo marmo) risulta piuttosto delicato e non sopporta troppo bene le insidie del tempo e degli agenti atmosferici, nonché l’effetto abrasivo dell’acqua. I vari elementi presentano i segni di un degrado già piuttosto marcato”. In particolare, veniva specificato, “gli agenti atmosferici e in parte forse anche le modalità di pulizia adottate negli anni, ci consegnano un monumento ben diverso rispetto a com’era nel 1945, anno dell’inaugurazione della fontana”.
La conseguenza più evidente, proseguiva il messaggio del 2015, “è che la foca si presenta ora sostanzialmente diversa da com’era in origine (nero lucido) e lo stesso discorso vale anche per le lastre di rivestimento della vasca. I cedimenti rilevati per la struttura primaria si ripercuotono anche sui rivestimenti lapidei. Si osservano stacchi e giunti aperti sia negli elementi di coronamento perimetrali, sia nelle fughe delle lastre che rivestono il fondo della vasca”. Infine veniva evidenziato che “al naturale degrado della pietra si sono aggiunti anche locali interventi dell’uomo (vandalismi, riparazioni, rattoppi) che hanno inciso sull’aspetto attuale del monumento. La statua necessita quindi di un restauro radicale che non ha comunque l’obiettivo di riportarla allo stato originale, ma di conferirle un aspetto dignitoso e soprattutto di assicurarne la conservazione nel tempo”.
A dieci anni da quella descrizione, un altro intervento profondo si è reso necessario questa primavera su iniziativa dell’Ufficio cantonale dei beni culturali. Vistisi infine costretti, obtorto collo, a tagliare l’acqua. Conclusione: se la foca non è ‘frascica’ poco ci manca e non resta che accontentarsi di un modestissimo, ma pur sempre dignitoso, fiotto.