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Una riforma in bilico, Paolo Pamini e Bruno Storni a confronto sul valore locativo

Siamo all’ennesimo tentativo di abolire un balzello da tempo inviso all’associazione dei proprietari fondiari e ai partiti borghesi. Il dibattito

I consiglieri nazionali Bruno Storni (Ps) e Paolo Pamini (Udc) durante il dibattito nella sede de ‘laRegione’
(Ti-Press)
9 settembre 2025
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Paolo Pamini, Bruno Storni, sul tema del valore locativo vi trovate su fronti opposti. Entrambi siete proprietari della casa in cui vivete. Pamini lei lo è da soli due anni, prima è stato a lungo inquilino.

Esatto, ed è proprio questa permeabilità molto diffusa un aspetto importante da considerare. Io non vedo la netta contrapposizione tra inquilini e proprietari che spesso viene citata, proprio perché non è detto che una persona sia o una cosa o l’altra per tutta la vita. Io ho 47 anni, e per 45 ho vissuto in affitto. Con mia moglie abbiamo abitato a Zurigo e poi a Lugano. Nel frattempo la nostra famiglia è cresciuta e l’anno scorso ci siamo trasferiti nella casa che abbiamo comprato. L’intenzione è di rimanervi almeno finché i figli non saranno fuori, e poi chissà, magari in età avanzata torneremo in un appartamento più piccolo in affitto in città. Il confine tra inquilino e proprietario è davvero permeabile, l’ho vissuto sulla mia pelle. Quante famiglie ereditano una casa frutto dei sacrifici dei genitori? Questa permeabilità è un concetto fondamentale per capire che non ci sono due categorie da opporre.

Lei ci guadagnerebbe dal cambiamento di sistema?

Pamini: È una casa degli anni Ottanta, ben costruita, a cui l’anno scorso abbiamo messo mano facendo dei lavoretti. Negli anni di manutenzione il sistema attuale è innegabilmente più interessante, perché si possono dedurre i costi. Ma se tutti i proprietari facessero i calcoli estratti fiscali alla mano si accorgerebbero che, in un arco di 10-15 anni, col sistema in vigore è più quello che si paga al fisco in termini di valore locativo che quello che si deduce. Nell’anno di un grosso investimento si può arrivare a un reddito netto negativo che riduce l’imponibile, ma in media il valore locativo eccede i costi di manutenzione. Il sistema attuale, in fondo, penalizza il proprietario sul lungo termine.

Bruno Storni, lei invece abita in una casa di proprietà da molto più tempo. Pur potendoci guadagnare con la riforma, è contrario. Perché?

Sì, ho acquistato una casa nel 1985, quando i prezzi erano molto più bassi di oggi. La manutenzione è sempre stata fatta gradualmente, nel tempo, e l’immobile è in buono stato. Se la riforma passa ci guadagno, ma sono contrario. Ritengo che l’imposizione sia corretta: anche senza più grandi deduzioni, non è poi così pesante. Infatti, la maggior parte delle abitazioni ha un valore locativo intorno ai 10-12mila franchi, al quale si possono dedurre sia gli interessi ipotecari che le spese di manutenzione. E se si fanno investimenti per il risanamento energetico, si possono suddividere su tre anni: così per tre anni avremo un imponibile più basso. Quindi non è una grossa penalità, ma serve a rendere più equa la tassazione tra inquilini e proprietari i quali oltre a essere di per sé più ricchi sono privilegiati anche dal fatto che il valore locativo si attesta tra il 60 e il 70% – quindi non il 100% – dell’importo che potrebbero ottenere affittando la propria abitazione.

Pamini: Non sono privilegiati. Il fatto di tassare un reddito fittizio è ingiusto.

Eppure la giurisprudenza del Tribunale federale e la dottrina legale sono piuttosto unanimi: sostengono che non si tratta di un reddito fittizio, ma in natura. La sua tassazione dunque garantisce maggior parità di trattamento tra inquilini e proprietari.

Pamini: È vero che la giurisprudenza del Tribunale federale lo sostiene, ma la dottrina è divisa. Stefan Oesterhelt e Andrea Opel, professoressa ordinaria di diritto tributario con cui insegno a Lucerna, non a caso sostengono la riforma.

Invece Peter Locher, tra i massimi esperti di diritto fiscale, no.

Pamini: Lui no. Come ho detto la dottrina è divisa.

Storni: Non c’è nulla di fittizio. Se metto 100mila franchi in un libretto di risparmio o li investo, ho un interesse o dei dividendi che sono imponibili. Se li investo in una casa perché non dovrebbe valere lo stesso discorso?

Pamini: Perché la casa perde valore col tempo. Non è come un investimento che frutta, ma si tratta di un patrimonio che deperisce. Alla fine dell’anno non si hanno più soldi, semplicemente si evita l’esborso dell’affitto.

Storni: Ma l’immobiliare cresce comunque sempre di valore.

Pamini, lei dice che l’attuale sistema è perverso: come mai?

Perché permette di dedurre gli interessi passivi, e così facendo va a punire i risparmiatori e chi salda l’ipoteca. Invece chi si indebita viene premiato fiscalmente, e questo ha delle conseguenze tangibili a livello macro: la Banca nazionale dice da anni che siamo tra le società al mondo più indebitate privatamente. Se da un lato il debito pubblico svizzero è basso, quello privato è esplosivo.

La sinistra giudica la riforma sbilanciata. Cosa replica?

Pamini: C’è stato un dibattito parlamentare molto lungo e acceso, e sono state fatte enormi concessioni. Anche all’interno di organizzazioni come quella dei proprietari fondiari alcuni non sostengono il cambiamento. Questo dimostra quanto la riforma sia equilibrata, a differenza delle precedenti che andavano maggiormente a vantaggio del proprietario immobiliare.


Ti-Press
I consiglieri nazionali Bruno Storni (Ps) e Paolo Pamini (Udc) durante il dibattito nella sede de ‘laRegione’

Storni, il suo partito ha contribuito a forgiare questa riforma in Parlamento salvo poi sfilarsi. La vostra può sembrare un’opposizione ideologica, di principio, contro i proprietari.

La sinistra ha dato il suo contributo, ma alla luce del risultato penso che ora tutto il partito sia d’accordo sulla bocciatura: perché non è il momento di far regali a chi sta già bene, ovvero la maggior parte dei proprietari, a scapito del resto della popolazione – il 70% circa, composto di inquilini – che ne dovrà pagare il prezzo.

Per giunta l’impatto della riforma sulle casse pubbliche è rilevante.

Storni: Sì, il cambiamento di sistema ridurrebbe in modo importante le entrate per l’ente pubblico. Si parla di più di un miliardo di franchi, se non due, tra Confederazione, Cantoni e Comuni, che dovranno essere recuperati con un aumento delle imposte, a meno che non si taglino i servizi. In entrambi i casi a farne maggiormente le spese saranno le persone meno facoltose, che tendenzialmente sono gli inquilini.

Pamini: Quello finanziario è un argomento da relativizzare, basterebbe che i tassi di interesse salissero al 2,8% e lo Stato non perderebbe nulla con la riforma.

Scenario poco probabile sul medio termine: da parecchi anni i tassi sono inferiori al 3%, e dall’inizio degli anni Novanta praticamente continuano a scendere quasi in modo ininterrotto.

Pamini: Mica tanto. Con tutto il debito pubblico che c’è a livello mondiale, c’è da aspettarsi fra qualche anno la crescita dell’inflazione. Con un tasso d’interesse del 2,8%, come c’era solo 15 anni fa – non dell’8% come negli anni Ottanta – l’impatto finanziario della riforma sarebbe neutro. È chiaro che essa non guarda a domani, ma ha un orizzonte di generazioni.

Storni: Non è certo auspicabile un aumento dei tassi perché comporterebbe un aumento dei debiti e anche degli affitti a discapito dei cittadini.

Se popolo e Cantoni lo approveranno, il nuovo modello entrerà in vigore tra un paio di anni, quando i tassi difficilmente saranno molto diversi da ora. A quel punto aumenteranno le imposte per tutti, per compensare le perdite di gettito?

Pamini: Non me lo aspetto, perché c’è comunque la pressione della concorrenza fiscale intercantonale. E poi se facessero i compiti, razionalizzando le proprie risorse e riducendo quelle in eccesso, invece di assumere 800 dipendenti in quattro anni come fatto in Ticino, la risoluzione del problema sarebbe a buon punto. Inoltre, sulle residenze secondarie sarà possibile introdurre un’imposta facoltativa che permetterà ai Cantoni più toccati, come il Ticino, di compensare la perdita di gettito data dall’alto numero di residenze secondarie.

Ma lei, da convinto liberale quale si professa, sosterrebbe questa imposta (che tra l’altro dovrebbe superare il non indifferente scoglio di una votazione popolare)?

Storni: Pamini accetta che la si possa introdurre, ma da lì a votarla una volta definita è un’altra storia.

Pamini: Bisognerà vedere come la si implementa. Di principio, se viene ben pensata, sì. Per il Ticino è interessante, perché compensa in parte il minor gettito e inoltre crea un incentivo per gli svizzeri tedeschi che hanno qui una residenza secondaria a trasformarla in primaria, con un beneficio fiscale importante per il Cantone.

Il Ticino come Florida della Svizzera. Ma parliamo di un numero ridotto di persone.

Pamini: Sì, ma facoltose. Se ad esempio da Zurigo gli anziani che vengono in vacanza qui a lungo vi spostano il proprio domicilio, noi guadagniamo un interessante soggetto fiscale. Ovviamente poi bisogna fare in modo che questa imposta non vada a colpire troppo il ticinese che ha la casa di famiglia in valle, quale residenza secondaria.

Storni: Si tratta della maggior parte delle situazioni.

Pamini: Però sono immobili che valgono poco, che già oggi generano poco gettito. Quindi mi posso immaginare che chi ha il villone a Brione pagherà le imposte che paga oggi, mentre chi ha la casetta a Sonogno o a Quinto potrà venir favorito.

Però 19 cantoni su 26, tra cui il Ticino, sono risolutamente contrari alla riforma.

Pamini: È comprensibile, perché con le condizioni attuali, lo riconosco, il Ticino perderebbe gettito fiscale. Se io fossi direttore del Dipartimento finanze ed economia, o se fossi ancora in Gran Consiglio, calibrerei la nuova imposta in modo da compensare gran parte del gettito sulle vere case di vacanza, inserendo degli elementi per favorire l’elettore ticinese. Questa sarebbe una soluzione capace di passare le urne.


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Destino incerto per un progetto montato, smontato e rimontato in Parlamento

Con la riforma verrebbero a cadere le deduzioni per le spese di manutenzione. E a livello federale anche la possibilità di deduzione delle spese per misure di risparmio energetico e di protezione dell’ambiente. I fautori della riforma sostengono che i proprietari avrebbero in tasca più soldi da usare a tali fini, ciò che farà aumentare di valore gli immobili.

Storni: Storni: Gli edifici sono ancora grossi produttori di CO2. Sappiamo che la confederazione vuole tagliare i finanziamenti al Programma edifici. È vero che gli edifici consumano molto meno di un tempo, ma ce ne sono un sacco che non vengono risanati semplicemente perché i proprietari non hanno i soldi. Quindi togliere la possibilità di dedurre i costi dei lavori di risanamento, specialmente quelli energetici, creerà un grosso problema per raggiungere l’obiettivo zero CO2 nel 2050.

Pamini: I costi di miglioria rimangono deducibili ai fini dell’imposta sugli utili immobiliari. Mi aspetto che con l’abolizione del valore locativo ci sia meno manutenzione “a salame”, dove ogni anno si fa un piccolo lavoro, e piuttosto si faranno grossi lavori ogni 10-15 anni. Questo è anche più sensato per i proprietari, perché magari si va a vivere dai parenti durante uno o due mesi per mettere veramente mano alla casa. Oggi si fanno un anno i serramenti, quello dopo si pittura e quando si rompe si cambia il riscaldamento.

Storni: Non tutti possono permettersi di procedere a grossi e ingenti lavori in una volta sola. Abbiamo un sacco di edifici che dovrebbero essere risanati entro il 2050 per decarbonizzare e ridurre i consumi, e con questa riforma sarà molto più difficile che ciò accada, proprio perché fare un grosso intervento in un colpo solo non è possibile per tanti.

Pamini: Prendiamo un esempio concreto, addirittura con cifre modeste: 10mila franchi di valore locativo equivalgono a circa 2’500-3’000 franchi di imposte all’anno con un’aliquota del 25-30%. Vuol dire che oggi il proprietario paga allo Stato 25’000 franchi di imposte ogni 10 anni se non fa nessun intervento. Con la riforma, in qualche anno avrebbe risparmiato sufficienti soldi per coprire buona parte del costo per passare da una caldaia a gasolio a una pompa di calore. Inoltre l’investimento nel risanamento climatico è comunque premiato per altre vie, come ipoteche verdi e l’aumento del valore della casa.

Storni: Bello, ma il problema è che i prezzi delle termopompe si aggirano su cifre che facilmente arrivano anche ai 40-50mila franchi. Ribadisco: togliere il valore locativo e a livello di imposta federale diretta la deducibilità dei costi per lavori di risanamento energetici crea problemi per raggiungere gli obiettivi climatici.

C’è d’altra parte il rischio che i proprietari ricorrano più facilmente al lavoro nero in caso di abolizione del valore locativo, visto che non potendo più dedurre non devono presentare le fatture giustificative.

Pamini: È un argomento pretestuoso che vale forse per i piccoli lavoretti. Se per esempio si fa un risanamento energetico servono le fatture anche per eventuali sussidi e certificazioni. Tra l’altro, un ulteriore vantaggio della riforma è la semplificazione procedurale. Parlando con qualsiasi tassatore o rappresentante del fisco diranno “benvenga”, perché non si dovrà più litigare sulle deducibilità delle spese: se questa è una miglioria, se quest’altra invece è solo manutenzione.

Tiriamo le somme: chi sarebbero i vincitori e chi i perdenti della riforma?

Pamini: A trarne beneficio sarebbero persone come molte coppie di anziani che hanno risparmiato per una vita e magari hanno usato il secondo pilastro per abbattere l’ipoteca. Ora vivono solo dell’Avs, hanno poche possibilità di deduzioni perché non fanno più manutenzione e non hanno più interessi, ma sono strozzate da un’imposta su un reddito che di fatto non percepiscono. Addirittura oggi non ricevono le prestazioni complementari a causa del valore locativo, cosa che cambierà esplicitamente con la riforma. Ecco uno degli aspetti sociali.

Storni: Della riforma beneficerebbero quelli come me, proprietari da tanti anni, che hanno la casa risanata e pochi debiti, ma soprattutto sarebbe un regalo a quei proprietari più benestanti che hanno una casa nuova e possono permettersi di restituire i debiti grazie al fatto di percepire lauti stipendi. In tutti i casi parliamo di una minoranza della popolazione, che globalmente sta già molto meglio rispetto a quella degli inquilini, su cui graverebbe tutto il peso della riforma.

Pamini: Attenzione, se la riforma non passa c’è anche il rischio che il valore locativo venga alzato nei prossimi 10-20 anni. È il modo più semplice di aumentare il gettito fiscale senza toccare le aliquote.

Storni: Siamo nel campo delle speculazioni. Quel che è certo è che sareste proprio voi della maggioranza di centrodestra a opporvi.

Di cosa parliamo

Dopo sette anni di dibattiti, il Parlamento nel dicembre 2024 ha deciso di modificare il sistema di tassazione della proprietà. La riforma prevede che il valore locativo sia abolito per le residenze principali e secondarie. Allo stesso tempo, la deduzione delle spese di manutenzione e degli interessi passivi, nonché – a livello federale – la deduzione delle spese per misure di risparmio energetico e di protezione dell’ambiente sarebbero abolite per le abitazioni ad uso personale. Chi acquista per la prima volta un immobile potrà continuare a far valere determinate deduzioni per un periodo di 10 anni. Inoltre, i Cantoni avrebbero la possibilità di introdurre un’imposta speciale sulle residenze secondarie, in modo da compensare almeno in parte il calo degli introiti fiscali derivanti dalla riforma e stimati (con un tasso d’interesse dell’1,5%) in 1,8 miliardi di franchi all’anno per Confederazione, Cantoni e Comuni.

Chi sono

Paolo Pamini

Classe 1977, di Lugano, dell’Unione democratica di centro. Dal 2023 consigliere nazionale dell’Udc. Già deputato al Gran Consiglio (2015-2023). Consulente fiscale e professore al Politecnico federale di Zurigo. Sposato, due figli.

Bruno Storni

Classe 1954, di Gordola, del Partito socialista. In Consiglio nazionale dal 2019. Già deputato al Gran Consiglio (2011-2019). Presidente della sezione della Svizzera italiana dell’Associazione traffico e ambiente (Ata). Sposato, tre figli.