Entro fine anno è attesa la decisione del comitato che definirà se e come proseguire l'attività della Società e in che forma
La Società protezione animali di Biasca e Valli deve decidere sul suo futuro. Una decisione è attesa entro la fine dell’anno e verrà presa dal comitato composto da sette membri. Le difficoltà ci sono e «se si proseguirà con l’attività sarà in un’altra forma. Quale? Ancora non sappiamo di preciso, al momento stiamo valutando diverse soluzioni», precisa alla ‘Regione’ Natan Vescovi, presidente della società, nonché responsabile di uno studio veterinario a Pollegio. «È ormai da diciassette anni che faccio volontariato a favore degli animali e dopo tutto questo tempo ritengo sia giunto il momento di fare le mie valutazioni», spiega.
«Dobbiamo vedere quanta energia abbiamo per andare avanti. Terminare la nostra attività e lasciare tutto l’operato, dal 1975 a oggi, all’abbandono sarebbe un peccato e anche una mancanza di rispetto nei confronti del presidente onorario Fausto Guscetti, venuto a mancare proprio alcuni giorni fa, che l’ha fondata e gestita fino al 2017». Vescovi, che anche allora faceva parte del comitato, era subentrato l’anno seguente a Guscetti come presidente e ancora oggi è lui a ricoprire questo ruolo e quello di segretario. «Ricopro questi due ruoli, che richiedono comunque impegno e tempo, perché non c’è nessun altro a disposizione», precisa.
La società conta 4,5 unità, tra cui un guardiano di animali stipendiato. Nel rifugio vivono attualmente sei cani e una ventina di gatti. «Io e mia moglie non possiamo sacrificare la nostra vita, anche perché occuparsi della Società è diventato un impegno sempre più considerevole: la gente chiama per ogni piccolezza, da una biscia in giardino al gatto sull’albero e si arrabbiano pure se non intervieni subito. Manca un po’ di buon senso».
Nel comitato ci sono membri che hanno raggiunto una certa età. «È sempre più difficile trovare persone disposte a impegnarsi e a dedicare il loro tempo. I problemi che abbiamo noi sono quelli riscontrati nelle altre Protezioni animali ticinesi: manca gente che vuole mettersi a disposizione a titolo gratuito o con degli stipendi modesti per i servizi che vengono offerti per gli animali», osserva il nostro interlocutore. «Perché oggi i volontari veri e propri non li trovi più, c’è chi si aspetta di ricevere una paga sotto forma di contributo spese, ma questo è solo un escamotage per non versare gli oneri sociali e non è corretto».
Vescovi oltre alla Protezione animali e al suo studio veterinario si occupa anche della sua azienda agricola hobbistica che gestisce in maniera amatoriale. «Dovessimo terminare con la Protezione animali sarebbe un duro colpo, anche perché sono consapevole che in questi anni abbiamo faticato tanto e abbiamo fatto del bene per molti animali bisognosi». In particolare Vescovi ricorda l’importante intervento sulle colonie di gatti selvatici presenti da anni nella zona: sono stati castrati, sterilizzati ed è stata trovata una casa ai cuccioli. «Quanto agli adulti non più addomesticabili, li abbiamo reimmessi nelle colonie castrati e sterilizzati e così il numero delle nascite è stato ridotto drasticamente. Come anche quello di gatti con Aids e leucemia felina», spiega.
Il presidente della Società sottolinea poi anche la presenza di difficoltà burocratiche. «Da un anno mi sto occupando, a mie spese, di un cervo che ha un handicap a una zampa a causa di un infortunio», spiega. Il selvatico era rimasto incastrato nella rete metallica di una piantagione. La zampa ha perso un pezzo perché è andata in necrosi e adesso appoggia su un callo osseo, di conseguenza non potrebbe essere rimesso in libertà. «La nostra Protezione animali l’ha preso, curato e nutrito. Gli abbiamo allestito un parco d’emergenza, ma all’interno della mia azienda mancando spazio a sufficienza nel rifugio. Ma si tratta di una soluzione provvisoria. Abbiamo individuato un parco adatto a lui in Italia, appena fuori confine, ma le autorità cantonali non ci consentono di esportarlo perché non abbiamo l’autorizzazione alla tenuta di cervidi. E quindi le autorità cantonali non possono allestire i documenti ufficiali per passare la dogana», sottolinea Natan Vescovi.
Come si diceva, tante complicazioni... Per ottenere l’autorizzazione alla tenuta di questi animali «dovrei apportare una serie di modifiche strutturali nella mia azienda hobbistica, dove gestisco cavalli, capre, pony, asini e mucche. Ma questo andrebbe a scapito dei miei animali e oltretutto non intendo farlo perché non voglio accogliere altri cervi in futuro». Il veterinario si dice risentito perché aveva trovato la soluzione adatta per il cervo: «È un gran peccato che l’autorità cantonale non possa venire incontro rilasciando una deroga alle condizioni per poter esportarlo e dargli così una vita degna. Purtroppo queste situazioni non invogliano a impegnarsi a proseguire in modo volontario e gratuito per il bene degli animali».