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Cartucce nell’armadio e prudenza in soffitta

Werner Salzmann (Udc) vuole consentire ai soldati di custodire al domicilio la munizione da tasca. Gli esperti di prevenzione mettono in guardia

Il divieto è in vigore dal 2007 (nei riquadri, Salzmann e Gmür)
(Keystone)
17 settembre 2025
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“Non sappiamo cosa potrebbe capitare, dobbiamo essere pronti ad affrontare in tempi brevi il peggiore degli scenari. Per questo bisogna riconsegnare le munizioni da tasca ai nostri soldati. Si tratta anche di una prova di fiducia nei loro confronti. Così saranno pronti a difendere il nostro Paese con il corpo e con la vita”. Il bernese Werner Salzmann, ‘senatore’ dell’Udc e colonnello dell’esercito, non lesina le parole quando si tratta di esercito e del ripristino della sua capacità di difesa, andata svanendo dalla fine della Guerra fredda. Il consigliere agli Stati sarà stamane in prima linea nel cercare di convincere i colleghi ad approvare la mozione – sottoscritta da 11 ‘senatori’ (nota bene: tutti uomini), tra cui quattro del Centro (Fabio Regazzi compreso) e due del Plr – con la quale vuole incaricare il Consiglio federale di avviare le misure necessarie per poter nuovamente consegnare ai militari la munizione da tasca. Un cambiamento di prassi dal quale gli esperti in prevenzione del suicidio mettono in guardia.

‘Situazione drasticamente cambiata’

Il Governo, in ossequio alla volontà del Parlamento, optò nel 2007 per il divieto. Salzmann ora gli chiede di mantenere la “promessa” fatta a suo tempo: riconsiderare la misura, qualora la situazione in materia di politica di sicurezza fosse cambiata. Ebbene, “dallo scoppio della guerra in Ucraina, la situazione è drasticamente cambiata: non riesco proprio a capire come si possano ancora avere dubbi al riguardo”, dice il ‘senatore’-colonnello a ‘laRegione’. I soldati, recita l’atto parlamentare, in caso di mobilitazione potranno “entrare in servizio completamente equipaggiati direttamente sul luogo d’impiego e adempiere immediatamente il proprio compito”. In particolare, i militari “devono essere in grado di sorvegliare le infrastrutture critiche, di eseguire controlli della circolazione, di appoggiare i corpi di polizia in caso di attacchi terroristici e altro ancora in tempi molto rapidi”. Grazie alla custodia al domicilio della munizione da tasca, “aumenteranno le riserve di munizioni necessarie e si rafforzerà la capacità come pure la volontà di difesa”.

Il Consiglio federale non vede ragioni di cambiare rotta. Lo aveva affermato nel 2022, in risposta a una mozione del consigliere nazionale democentrista Jean-Luc Addor. Lo ribadisce adesso. Da un lato, riconosce che “nel frattempo l’acquisto e la creazione di scorte sufficienti di munizioni sono tornati ad acquisire maggiore importanza”; pertanto, indica di voler adottare “tutti i provvedimenti necessari per acquistare e creare scorte delle munizioni necessarie”. Dall’altro, il Governo afferma che dal 2022 “non è cambiato nulla” nella sua valutazione.

Andrea Gmür-Schönenberger (Centro) presiede la Commissione della politica di sicurezza del Consiglio degli Stati (Cps-S). Il suo voto è stato decisivo perché in seno alla Cps-S, nell’ambito del Messaggio sull’esercito 2025, si raggiungesse una maggioranza a favore di un credito d’impegno aggiuntivo di un miliardo di franchi (che il Nazionale in giugno ha respinto) per l’acquisto di munizioni (anche di questo il plenum si occupa stamane). “Qui abbiamo un grande bisogno di agire: non esiste che compriamo delle armi e poi mancano le munizioni per utilizzarle”, spiega a ‘laRegione’.

‘Ogni caso è un caso di troppo’

Il discorso però è un altro per la munizione da tasca. “La situazione geopolitica internazionale è pericolosa, e dobbiamo ripristinare la capacità di difesa dell’esercito: su questi punti sono d’accordo con l’autore della mozione. Ma non ho alcun dubbio sul fatto che, in caso di necessità, le munizioni potranno essere distribuite rapidamente ai nostri soldati”. Gmür-Schönenberger voterà contro la mozione, che non sembra spacciata in partenza (anche se nei corridoi di Palazzo martedì si mormorava di un possibile rinvio in commissione): “Per me le munizioni da tasca non devono stare negli armadi di ogni soldato”, afferma. “L’esercito gode della mia piena fiducia. Ma sappiamo che ci sono state situazioni tragiche in cui sono state utilizzate armi e munizioni dell’esercito. Non saranno molte, ma è chiaro che ogni caso è un caso di troppo”.

Gli esperti in prevenzione del suicidio non nascondono i loro timori. Permettere ai soldati di custodire al domicilio la munizione da tasca sarebbe “un enorme passo indietro”, ha dichiarato dalle colonne del ‘Tages-Anzeiger’ lo psicologo e psicoterapeuta Urs Hepp, co-autore di uno studio che nel 2007 funse da base per la decisione del Consiglio federale. La conclusione all’epoca fu inequivocabile: “Abbiamo potuto mostrare in modo chiaro la correlazione tra armi da fuoco al domicilio e suicidi”. L’esperto contesta la tesi secondo cui, in assenza di armi da fuoco, le persone intenzionate a togliersi la vita ripiegherebbero semplicemente su altri metodi. “Se qualcuno non ha subito a disposizione un’arma da fuoco, ci pensa su, e spesso l’impulso suicida se ne va”. Per Hepp è indubbio che se la consegna della munizione da tasca venisse di nuovo permessa, “quasi certamente avremmo un aumento dei suicidi tra i giovani uomini”.

‘Falsa correlazione’

Werner Salzmann contesta. “Parliamo di suicidi con armi da fuoco in generale. Non è dimostrato che siano stati commessi impiegando armi o munizioni dell’esercito”. E poi “si tratta di munizioni da tasca, mica di altre armi da fuoco al domicilio. In passato non mi è noto alcun caso in cui soldati abbiano usato le munizioni per altri scopi” rispetto a quello originario. Il ‘senatore’ ritiene “falsa” la correlazione fra la netta diminuzione dei suicidi da armi da fuoco tra gli uomini sotto i 40 anni constatata in Svizzera e il divieto di consegna delle munizioni da tasca in vigore dal 2007. Ad aver avuto un peso decisivo sono piuttosto gli accertamenti che da allora vengono effettuati in sede di reclutamento. “Questi hanno fatto sì che le persone con problemi psicologici non potessero più avere a disposizione armi da fuoco delle forze armate. Loro – fa notare Salzmann – possono comunque continuare ad acquistare armi da fuoco. Ma cos’ha a che vedere questo con l’esercito?”. Questo niente, altro (altri) probabilmente sì.