laR+ L’intervista

Va ora in onda Lorenzo Erroi

Due anni dopo ritroviamo l’ex vicedirettore della Regione, oggi capo del Dipartimento cultura e società Rsi, per parlare del tempo che fu, è e sarà

Dal 2014 al 2023 nel Gruppo Salvioni
(RSI/L. Daulte)
20 settembre 2025
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“Dal primo ottobre, Lorenzo Erroi sarà responsabile del Dipartimento cultura e società della Rsi. A darne l’ufficialità è la stessa Rsi”. Così, a pag. 6 dell’edizione del 28 giugno 2023, questo giornale salutava l’allora suo vicedirettore, dopo una storia – qui per sommissimi capi riassunta – nata a Cesena, passata per le università di Pisa e Washington ed esperienze nel marketing e la comunicazione per grandi aziende, fino alla newsroom di via Ghiringhelli 9. Nel comunicato che annunciava la nomina di Erroi, il direttore della Rsi Mario Timbal aveva descritto il neoassunto come “una delle penne più interessanti dell’attuale panorama della carta stampata nella Svizzera italiana”. Anche laRegione se n’era accorta.

Dopo quello che nel calcio viene definito “addio consensuale” (ma non chiedete a Erroi di parlarvi di calcio), il nostro si è preso in spalla – in quanto capo del dipartimento che li contiene – gli archivi, la musica, la Rete Due, la cultura tv e digitale, il cinema, la documentaristica, la società e l’intrattenimento della Rsi. Lo ritroviamo due anni dopo per quattro consensuali chiacchiere sul tempo che fu, su quello che è e quello che sarà. Tra il serio e il faceto, come ai tempi di ‘Generi di conforto’, un podcast della Regione.

Lorenzo Erroi, come va alla Rsi?

Il periodo è di quelli tosti, ma affrontiamo la situazione che ci aspetta, le economie in campo, nel modo più costruttivo: con nuovi programmi e nuove proposte.

Quando hai lasciato questo giornale ho pensato al tuo nuovo ruolo, al salto di livello. Poi, guardando all’iniziativa ‘200 franchi bastano!’, forse anche per via del punto esclamativo che mette ansia, nella mia mente si è fatta strada la frase di un film, ‘L’aereo più pazzo del mondo’: ‘Ho scelto il giorno sbagliato per smettere di fumare’…

Beh dai, la nostra generazione è abbastanza abituata ad affrontare certe difficoltà. Dalla crisi finanziaria a quella dei media, non ricordo un momento di acque tranquille… quanto all’iniziativa, la risposta sta nel fare meglio possibile il nostro lavoro.

Sono state date definizioni coloritissime al tuo addio alla Regione. La più affettuosa è forse “prima di andare a lavorare al servizio pubblico, l’attuale responsabile del Dipartimento cultura e società della Rsi faceva servizio pubblico”. Per dirla con internet, qualcuno ci ha visto le grandi aziende che assumono gli hacker per difendersi dagli hacker. Tu come l’hai vissuta?

Alla Rsi ci son voluto andare io, mica mi hanno rapito. E mi dispiace se qualcuno mi crede ‘disinnescato’ per il semplice fatto che faccio un altro lavoro, più manageriale e dietro le quinte. Alla fine si tratta di costruire progetti editoriali forti, poi poco importa se al microfono o davanti alla telecamera ci va qualcun altro.

Quanto al rapporto della Rsi con il territorio, non sono sempre rose e fiori. Il tiro alla Rsi, così come il tiro all’Osi, pare uno sport nazionale…

Mi pare una situazione in cui si trovano tutte le realtà percepite come istituzioni: ogni sorta di servizio pubblico diventa bersaglio di attacchi non sempre disinteressati. Dopodiché non voglio fare il Calimero: le critiche sono legittime, vanno ascoltate e capite.

Alla Rsi ti senti libero?

Sì. Ci sono responsabilità diverse e quindi è una forma diversa di libertà. Non è la libertà del franco tiratore, però è, per esempio, la libertà di prendere decisioni che possano essere il più possibile costruttive e creative.

Quanto ti manca la scrittura? Quanto ti manca toglierti i sassolini dalle scarpe o lanciare direttamente i sampietrini, come facevi due anni fa?

La scrittura fa parte della mia natura, mentirei se dicessi che non mi manca. E di sicuro questo nuovo ruolo richiede più prudenza. Però si ‘scrivono’ anche i programmi, e poterne almeno accompagnare gli autori e l’incubazione – da quando arriva un’idea sul mio tavolo a quando si va ‘in scena’ – è già un bello sfogo creativo. Penso a Neo, il magazine culturale del sabato, o al programma sui libri che andrà in onda domenica sera da novembre. O ancora a Storie, che riprende domani in un nuovo formato. Tutti modi per sperimentare nuove scritture, tutto sommato.

Con ‘Generi di conforto’ ci trascorremmo la pandemia, col podcast ci avevi visto lungo. Stefano Nazzi dice che quel tipo di media sarebbe esploso comunque…

Il podcast era già esploso quando ‘Generi di conforto’ è cominciato. Ora in Rsi vogliamo consolidare l’ascolto non lineare sulla piattaforma Play Rsi: abbiamo già diversi podcast, serie e audiofiction, si sta lavorando molto per quel tipo di formato che non è quello della radio tout court, ma vi s’interseca.

Quanto ti manca il dottor Covidelli? Non rientrava in quel tipo di satira che secondo alcuni in Ticino non ha cittadinanza?

Covidelli era legato al momento della pandemia, all’idea di prendere in giro certe teorie del complotto. È stato un personaggio che mi ha divertito molto, ma credo abbia fatto il suo tempo. Quanto alla satira, in ‘Generi di conforto’ io e te la mettevamo molto sull’intrattenimento. Anche in Rsi abbiamo canali social come BarNüm che prendono in giro tic e stereotipi locali. Stesso discorso per ‘Frontaliers’, di cui a gennaio uscirà nei cinema un nuovo episodio. Dopodiché, sono d’accordo con te sul fatto che sarebbe bello riuscire a fare più satira, con buona pace di chi poi se la prende: non manca la volontà, si tratta di trovare le idee giuste per riuscirci.

Quanto ti manca la scrivania di Erminio Ferrari, dove stavi seduto?

Mi manca soprattutto Erminio Ferrari, quando ho un dubbio mi chiedo spessissimo cosa farebbe lui al mio posto.

Come va con il trasloco della Rsi? Pare che traslocare stia molto in alto nella scala dello stress, sotto la morte di una persona cara ma sopra le separazioni e i divorzi…

Un po’ di stress c’è, e anche di nostalgia. D’altronde è bello sapere che nascerà una Città della musica. Nel frattempo stiamo preparando a Comano le strutture necessarie, come gli studi radio appena inaugurati. Nella giornata di oggi, tra le altre cose, facciamo una festa di saluto alla sede di Besso, saremo lì tutto il giorno con i volti e le voci della Rsi.

E siamo alla domanda che di norma si fa ai cantanti: progetti per il futuro?

Parecchi. Accennavo a Storie, che domani sera ricomincia con la produzione di Philippe Blanc. Lì si tratta di usare il documentario per raccontare una società che in questi anni è cambiata molto, nella sua composizione e nei suoi linguaggi. Poi domenica 9 novembre con Rachele Bianchi Porro lanciamo ‘Nero su bianco’, il programma di libri che sarà in tv, ma anche in radio e sui social. Ci tengo parecchio, perché mancava da anni una trasmissione che desse spazio all’editoria. Venendo all’intrattenimento, lunedì prossimo e quello dopo in prima serata c’è Caracas, lo spin-off televisivo del successo radiofonico di Matteo Pelli e Nicolò Casolini. A fine novembre, al sabato sera, parte il nuovo quiz ‘Blackout’, con Luca Mora, basato sull’idea di spegnere il telefonino, di staccare, con un gioco di società e socievole. E nuovi progetti per bambini e ragazzi, con ‘Ci sta’ che coinvolgerà le classi delle medie e il cane Peo che il 16 di ottobre compie trent’anni. Ci sono anche i successi che sono ripartiti o stanno per ripartire, come ‘La storia infinita’, ‘Cliché’, ‘La cavia’, ‘Il giardino di Albert’.

Alcune novità peraltro sono già state introdotte coi nuovi palinsesti…

Sì, ad esempio nel drive time serale Rete Due ha inaugurato ‘Kappa’, con un lavoro piuttosto radicale sia sul tono della trasmissione che sulle scelte musicali. E in tv è partito un progetto importantissimo come ‘Prima ora’, la nuova fascia di attualità che precede Il Quotidiano e trascende non solo i formati più classici dell’informazione, ma anche le barriere tra redazioni e competenze: il progetto è trainato dal Dipartimento informazione, ma le redazioni di Cultura e Società – come quelle di Sport – sono coinvolte giornalmente per raccontare quello che accade attorno a noi, nelle piazze come al cinema. Sinergie che coinvolgono anche programmi come ‘Siamo fuori’ e il ‘Giardino’ e vanno di pari passo con la nuova veste di ‘Zerovero’.

A dicembre arriva la nuova fiction, segno che ‘Alter Ego’ non era un fuoco fatuo…

Vedremo ‘La linea della palma’, regia di Fulvio Bernasconi, che parte dalla storia vera di un Caravaggio trafugato a Palermo nel ’69 per imbastire un racconto che arriva fino a Lugano, tra giornalisti tormentati, mafiosi e vecchi notabili locali. Sei episodi, un lavoro davvero grosso che ha coinvolto molte forze creative e produttive qui nella Svizzera italiana.

Negli scorsi giorni sulla Regione abbiamo scritto di rapper e di skater, parlando rispettivamente di ‘Sulla mappa’ e ‘Skate Borders’, due documentari che paiono un segno di vicinanza a culture non solo del territorio, ma che forse mai prima d’ora erano state sondate così in profondità…

Ecco, anche questi sono begli esempi di nuovi stili e linguaggi per raccontare come è cambiata la Svizzera italiana. ‘Sulla mappa’ e ‘Skate Borders’, sviluppati da Pablo Creti e Nick Rusconi insieme alla cellula Idee di Lorenzo Buccella, sono diffusi sulla piattaforma Play Rsi dove si rivolgono a pubblici diversi, potenzialmente più giovani. Si inseriscono nel gran lavoro iniziato ben prima che arrivassi io dalla Young Unit e dal web Cultura, la cui offerta su web e social sta vivendo una crescita di visite enorme.

Vedo ancora gli showcase in cartellone, deduco che la Rsi non abbandonerà la musica dal vivo…

La musica dal vivo non andrà persa, c’è un piano già strutturato. Ovviamente, Besso era una sede storica per gli showcase, quindi ci affideremo al territorio, a teatri e strutture che ci consentono di raggiungere tutta la Svizzera italiana.

Gli archivi Rsi contengono tesori musicali. Per i nomi transitati da Lugano, l’archivio di Estival non è inferiore a quello di Montreux. È immaginabile un modo per valorizzarlo?

Una parte della riforma del dipartimento ha riguardato proprio il settore Archivi, con l’intenzione di potenziare la loro valorizzazione. Vale per l’online, musica inclusa diritti permettendo, ma anche per radio e tv. Un progetto importante che vedremo all’inizio dell’anno prossimo è ‘L’elefante’: Paolo Guglielmoni andrà a ripescare negli archivi in una funzione che non sia esclusivamente nostalgica, per capire meglio non solo come eravamo e come ci raccontavamo, ma anche e soprattutto come siamo diventati.

Quando sei arrivato alla Rsi ti sarai dato tempi e obiettivi. Due anni quanto tempo sono per capire a che punto sei del progetto?

Due anni sono un tempo breve per progetti complessi, che cominciano con la ristrutturazione del dipartimento, sono investiti dai tagli imposti dal Consiglio federale e al contempo devono condurre a nuovi programmi. Ma sono un tempo sufficiente per cominciare a vedere i primi risultati.

Ne abbiamo parlato all’inizio. Alla fine, la questione dei 200 franchi, come finirà?

Intanto, la prevista riduzione del canone a 300 franchi ci ha già spinti ad avviare la ristrutturazione chiamata Enavant, per ripensare la Ssr in modo più coordinato e organico. Già questo comporta tagli dolorosi, tanto al personale, quanto al sostegno alle diverse realtà sul territorio, incluse quelle culturali e artistiche. Un’ulteriore riduzione dimezzerebbe di fatto le nostre risorse. Senza contare i programmi, oggi investiamo circa 7 milioni all’anno per il sostegno alla vita culturale nella Svizzera italiana. Produciamo concerti, film, documentari: è facile immaginare le conseguenze dell’iniziativa non solo per la Rsi, ma anche per molti attori del settore e soprattutto per chi di quell’offerta sul territorio è abituato a godere. Persone cui magari non interessa tutto quel che si fa insieme, ma qualcosa sì, che sia più il cinema o la musica o l’approfondimento culturale. Spero che alla fine si comprendano certi rischi.