Cronaca giudiziaria

‘Colpendo in quel modo sapeva di poter uccidere’

Condannata a tre anni e otto mesi la giovane colpevole di aver sferrato due coltellate al 32enne che aveva malmenato il suo fidanzato

I fatti sono avvenuti in un bar di Bellinzona e risalgono all’11 novembre 2024
(Ti-Press)
20 maggio 2025
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Tre anni e otto mesi di carcere è la pena inflitta a una giovane del Comasco riconosciuta colpevole di tentato omicidio intenzionale per dolo eventuale, avendo messo in conto il rischio di poter uccidere la vittima.

I fatti risalgono al tardo pomeriggio dell’11 novembre 2024, quando all’esterno di un bar di Bellinzona la 21enne ha inflitto due coltellate ai danni di un 32enne della regione: colpito da posizione arretrata nella zona della spalla, l’uomo ha riportato ferite medio-gravi ed è stato dimesso dall’ospedale dopo una settimana. Tuttavia, secondo la Corte delle assise criminali le conseguenze potevano risultate ben più gravi, fino anche a comportare il peggio, avendo la 21enne colpito in prossimità del collo e quindi di vasi sanguigni che, se lesionati, potevano portare a un rapido decesso. Ciò che non si è verificato solo «per circostanze fortuite», ha affermato oggi il giudice Paolo Bordoli prima di pronunciare la sentenza, evidenziando inoltre come la vittima non fosse ferma quando ha ricevuto le coltellate. Per la Corte – che aveva a sua disposizione il filmato della scena ripreso dalle telecamere di videosorveglianza del locale – la giovane ha «colpito a caso in rapidissima sequenza» e non certo in una zona delimitata scientemente. E non poteva dunque «non rendersi conto che le conseguenze potevano essere letali».

‘Due fendenti senza alcun controllo’

«Nel corso di un’azione dinamica – ha detto durante la sua requisitoria il procuratore pubblico Roberto Ruggeri – si perde totalmente il controllo della situazione, e qualsiasi parte del corpo può essere colpita. E di ciò l’imputata era consapevole. Ha sferrato due fendenti senza alcun controllo della lama», accettando dunque il rischio di uccidere il 32enne. E non si trattava del «classico coltellino svizzero, ma di un solido coltello multifunzionale con lama tagliente».

Non ha agito per difendersi

Se la colpa oggettiva della 21enne – in carcere dalla sera dei fatti – è stata ritenuta di gravita media, più grave è invece quella soggettiva a causa «dell’inutilità e della facilità del suo gesto». La giovane non ha infatti agito per difendersi. La sua – secondo la Corte – è stata una reazione alla violenta lite avvenuta poco prima, sempre sulla terrazza del bar, che ha coinvolto il 32enne e il 29enne ticinese che si trovava in compagnia della giovane (stando alle dichiarazioni fornite in aula, in quel periodo i due stavano provando a rilanciare la loro relazione sentimentale). Rimasto ferito al volto, il 29enne e l’imputata si sono allontanati per qualche istante dal locale, salvo poi farvi ritorno. È quindi nato una nuova discussione tra i due uomini, culminato con l’intervento della 20enne. Il pp Ruggeri ha parlato di una «reazione insensata, mossa dalla voglia di vendicarsi per preservare l’onorabilità del fidanzato», «colpendo alle spalle in maniera vigliacca quando le acque si erano già calmate».

«Ci sono vari elementi di questa vicenda che lasciano sgomenti, uno su tutti la freddezza dell’imputata», che è rimasta passiva per poi «piazzarsi in un angolo morto e colpire quasi alle spalle», ha dal canto suo sottolineato l’avvocato Giuseppe Gianella, patrocinatore della vittima che si è vista riconoscere un risarcimento di 10mila franchi.

Non ha fatto breccia la tesi difensiva secondo cui la giovane non ha preso in considerazione la possibilità di comportare la morte del 32enne. «Non ha mai avuto l’intenzione di uccidere, né ha mai accettato tale rischio – ha detto l’avvocata Felicita Soldati, patrocinatrice dell’imputata –. Era visibilmente scioccata per le botte ricevute dalla persona che amava». Per la difesa il chiaro intento della giovane «era di prenderlo sul braccio per ferirlo, convinta che mirando in quel punto non avrebbe causato lesioni letali». L’avvocata Soldati si è battuta per una pena detentiva di 8 mesi, ritenendo corretta una condanna per il reato di lesioni semplici qualificate.

Nella commisurazione della pena, la Corte ha tenuto conto delle attenuanti rappresentate dalla parziale collaborazione in sede d’inchiesta da parte dell’imputata, dalla sua giovane eta e dal suo trascorso difficile.