laR+ Bellinzonese

Migranti al Centro polivalente di Camorino, tra timori e accoglienza

Durante una serata pubblica sono emerse perplessità, ma anche una comunità pronta ad aiutare per integrare nella società persone con un passato difficile

I lavori termineranno in estate
(Ti-Press/Golay)
5 giugno 2025
|

«Se c’è integrazione, è un successo». Lo ha affermato Norman Gobbi, presidente del Consiglio di Stato, nonché direttore del Dipartimento delle istituzioni (Di), mercoledì durante la serata pubblica dedicata al nuovo Centro cantonale polivalente (Ccp) di Camorino che dal prossimo ottobre ospiterà persone con un passato migratorio, sottolineando che si tratta «del primo centro dedicato ai migranti in Ticino gestito direttamente dal Cantone». E proprio la parola ‘integrazione’ è stato il concetto chiave attorno al quale si è sviluppata la serata che ha visto presente una quarantina di cittadini: alcuni hanno espresso timori e preoccupazioni, mentre altri si sono mostrati fiduciosi sul fatto che questo progetto possa rappresentare un’opportunità di crescita per tutti. Infatti il centro ospiterà anche famiglie e quindi bambini, i quali andranno a scuola nelle vicine Elementari del quartiere di Bellinzona.

Primi ospiti da ottobre

Ricordiamo che è dal 2017 che si parla del centro polivalente: nel frattempo il Gran Consiglio ha approvato l’investimento da parte del Cantone di oltre 13,5 milioni di franchi per realizzare una struttura dedicata in particolare a richiedenti l’asilo assegnati al Ticino a seguito della decisione della Segreteria di Stato della migrazione (Sem). Dopo ben 8 anni, i lavori dovrebbero terminare in estate e la struttura sarà pronta per accogliere i suoi ospiti in ottobre. Struttura che si trova in Zona Ala Munda e che è stata costruita sopra il famigerato ‘bunker’, ovvero il rifugio della Protezione civile dove venivano ospitati i cosiddetti Nem, persone con una decisione di non entrata nel merito della loro domanda d’asilo e che devono quindi lasciare il Paese. Bunker che aveva fatto parecchio discutere, con proteste in merito alle condizioni in cui vivevano queste persone. E anche mercoledì una decina di persone presenti al di fuori delle scuole elementari – ovvero il luogo della serata pubblica – hanno espresso il loro disappunto: “Nessuna accoglienza possibile se a ‘gestirla’ sono militari”, recitava uno striscione, riferendosi al fatto che il centro sarà gestito da un ufficio cantonale apposito, subordinato alla Sezione del militare e della protezione della popolazione del Di. Persone che hanno inoltre proferito parole poco gentili (eufemismo) a Norman Gobbi, quando è arrivato sul posto.

Non saranno Nem, né minori non accompagnati

A capo dell’ufficio del Centro cantonale polivalente vi sarà Federico Chiesa che durante la serata ha precisato che gli ospiti della struttura non saranno i cosiddetti Nem – che, dovendo lasciare la Svizzera, non hanno alcun accesso a piani di integrazione –, né minori non accompagnati, ma persone con permessi B (rifugiati con quindi una domanda d’asilo accolta), F (domanda respinta, ma ammessi provvisoriamente, visto che non possono essere rimpatriati per motivi ad esempio di sicurezza personale) o N (persone che hanno richiesto l’asilo, la cui procedura è in corso). Insomma «il contesto sarà completamente diverso», ha indicato Chiesa, rispondendo a chi teme ad esempio un aumento della microcriminalità nel quartiere come avvenuto con i Nem. E il ‘bunker’? «Si tratta di un centro sanitario protetto che sarà rinnovato e sarà utilizzato solamente in caso di necessità (ad esempio in un contesto di forte pressione migratoria), per una durata limitata», ha risposto il direttore del Centro.

‘Dare ritmo alla loro giornata’

Un altro aspetto affrontato e che genera qualche timore è dunque quello della sicurezza. A questo proposito Chiesa ha precisato che nel centro, essa sarà garantita da personale appositamente formato (ad esempio anche in ambito sanitario) non in divisa, ma «in abiti civili» che «garantirà una convivenza serena e pacifica». Concretamente la struttura avrà 175 posti letto, distribuiti su tre livelli. A disposizione vi saranno sia camere singole (predisposte anche per portatori di handicap), sia più spaziose, sia appartamenti pensati in particolare per le famiglie, così come per chi si troverà nella fase finale del suo percorso integrativo che sarà gestito in collaborazione con la Croce Rossa. Non mancheranno gli spazi comuni e quelli amministrativi. «Sarà un centro aperto, che invita gli ospiti a uscire, a vivere il territorio», rafforzando così la loro indipendenza. Un altro obiettivo sarà quello di «dare ritmo alla loro giornata», con programmi occupazionali anche di pubblica utilità. Ma perché si chiama Centro polivalente? «Sono previsti spazi anche per la protezione della popolazione, ad esempio per donne che hanno subito violenze e che quindi necessitano una struttura sicura dove vivere».

‘L'integrazione dei bambini è fondamentale’

La grande maggioranza degli ospiti saranno però persone che hanno diritto a piani di integrazione personalizzati, con l’obiettivo primario da parte del Cantone di poi permettere loro di inserirsi nella società, lavorando e portando benefici all’intera comunità. In questo contesto «l’integrazione dei bambini è fondamentale», ha sottolineato Chiesa. A questo proposito Alma Pedretti, aggiunta capo della sezione Scuole comunali del Cantone, ha spiegato che a Camorino sarà costituita una cosiddetta classe di accoglienza per una dozzina di allievi, gestita da docenti con esperienza in ambito migratorio, che avrà a disposizione un’aula dedicata. L’obiettivo rimane in ogni caso quello di «inserirli nelle classi regolari il prima possibile», ma per accelerare l’integrazione è dapprima necessario «conoscere il vissuto di ogni bambino». Resta il fatto che «la scuola rappresenta un motore di integrazione per tutta la famiglia», ha sottolineato Pedretti.

‘I problemi ci saranno, ma li affronteremo assieme’

Il tema della scolarizzazione dei bambini con passato migratorio desta però anche qualche preoccupazione. Qualcuno in sala ha infatti espresso il timore che potrebbero, ad esempio, rallentare il processo formativo degli altri allievi. A questo proposito, da esperienze passate, è emerso che solitamente i bambini imparano molto velocemente, anche una nuova lingua. E questo permette loro di integrarsi velocemente nelle classi regolari. Altri cittadini presenti vedono però questo processo di integrazione come un’occasione di arricchimento, sia per gli alunni, sia per i docenti. Questo progetto permette infatti di «confrontarsi con realtà diverse», con la speranza che con il tempo questa diversità diventi normalità, ha affermato il direttore dell’istituto comunale di Camorino Mauro Valli. Certo, «i problemi ci saranno, come ci sono già oggi. Ma affrontarli assieme, permetterà di far crescere l’intera comunità». Anche altri cittadini hanno sottolineato che per un’integrazione efficace serve l’aiuto di tutti: della scuola, del Cantone, del Comune, ma anche della popolazione del quartiere e, ovviamente, delle persone migranti stesse.

Città di Bellinzona aperta al dialogo

Pure il sindaco di Bellinzona Mario Branda ha messo l’accento sull’importanza dell’integrazione, ricordando che nel Comune risiedono quasi 13mila cittadini stranieri, di 116 nazionalità diverse. Integrazione che «in altri paesi non funziona così bene», riferendosi ad esempio alla formazione di cosiddetti ‘ghetti’. Da noi, invece, queste persone «abitano insieme a noi». E questo anche grazie alle diverse iniziative promosse dalla Città come il centro di socializzazione interculturale Scuola Daro. Il sindaco è consapevole che possano emergere timori o domande. E in questi casi «la Città è a disposizione per cercare di superare queste perplessità assieme» grazie, quindi, al dialogo.