A Ghirone e Campo sono stati ripristinati tre forni della calce ed è stata creata una nuova via tematica
Una nuova via tematica in Valle di Blenio. Si chiama percorso delle fornaci ed è appena stato inaugurato dopo l’intervento di ripristino promosso dalla parrocchia di Ghirone che due anni fa ha deciso di avviare il recupero conservativo a scopo didattico e culturale di tre forni per la calce a Ghirone (in zona Buttino e Motra di Pinadaigra) e a Campo Blenio in zona Calcarida. «È stato un lavoro molto impegnativo ma sono molto soddisfatto del risultato», afferma il presidente della parrocchia Renzo Giamboni. In collaborazione con l’Organizzazione turistica regionale Bellinzonese e alto Ticino (Otr-Bat) è stato anche sviluppato un itinerario didattico circolare che parte dalla zona Saracino.
Il percorso è segnalato con appositi cartelli, mentre ogni fornace è indicata con un tabellone esplicativo dove figurano spiegazioni in italiano e tedesco. Alla partenza, in zona Buttino, viene approfondito il tema della ricerca della roccia calcarea, cos’era e come veniva trasportata; alla fornace di Pinadaigra viene spiegato il funzionamento delle fornaci e di come venivano costruite; mentre a Calcarida come veniva impiegato il prodotto cotto, ovvero la calce viva. Su ogni tabellone sono presenti anche dei Qr code con curiosità e filmati che mostrano il funzionamento della fornace, la lavorazione della calce e la reazione chimica del monossido di calcio. Il progetto è stato avviato nel 2023 e la sua realizzazione ha richiesto più tempo del previsto a causa di una complicazione: «Anche se apparentemente il sasso vecchio delle fornaci sembrava in buone condizioni, in realtà non si poteva più usare perché era troppo ‘cotto’», spiega Giamboni. Infatti, a causa delle diverse cotture a cui è stato sottoposto per produrre la calce, si sbriciolava e non poteva essere utilizzato per ricostruire i forni. «Perciò abbiamo dovuto cercare sassi nuovi prima di procedere alla ristrutturazione vera e propria delle fornaci».
Nel progetto sono stati coinvolti gli allievi di una classe di terza elementare di Olivone che con la docente Luisella Giuliani Tabacchi hanno realizzato un tabellone posato alla partenza del percorso. Il pannello contiene i disegni dei bambini, cosa pensavano all’inizio dei forni e della calce e cos’hanno imparato anche intervistando delle persone che si occupavano della lavorazione del materiale.
Il costo del progetto è stato di circa 150mila franchi, finanziato per buona parte da Cantone, Ente regionale per lo sviluppo Bellinzonese e valli, dai Comuni di Blenio, Acquarossa e Serravalle, dal patriziato di Bottino e Olivone e dal Percento culturale Migros. È stata inoltre avviata una raccolta fondi cui hanno aderito varie fondazioni in tutta la Svizzera, associazioni e società.
In valle di Blenio la calce veniva utilizzata non solo nell’edilizia ma anche per scopi agricoli: ecco spiegato il diffondersi dei forni, soprattutto nelle località più a nord. Il ciclo della calce si compiva in quattro momenti fondamentali: il carico della fornace, la cottura dei sassi, lo spegnimento della calce e la carbonatazione. Il fornaciaio costruiva una volta di pietre calcaree in grado di sostenere il peso di tutta la massa di sassi da calcinare. Terminata la costruzione della volta, le pietre, raccolte e trasportate sul posto da buoi con il carro, venivano frantumate e introdotte nella fornace. La calcinazione durava circa una settimana: dopo il preriscaldamento, il fuoco doveva essere mantenuto costante e ininterrotto per più di una settimana, alla temperatura di circa 800-1’000 gradi. Quando la fiamma guadagnava man mano gli strati alti, uscendo infine dalla parte superiore della massa depositata, significava che la calcinazione era giunta al termine; il fuoco veniva quindi diminuito di intensità fino allo spegnimento. Una volta messa in opera, la calce spenta, attraverso il rilascio dell’acqua prima e la successiva reazione con l’anidride carbonica poi, si trasforma di nuovo in calcare.
Nella terza fase, la calce viva veniva gettata all’interno di una vasca in legno detta mortaio, in modo da raffreddarla aggiungendo dell’acqua. In questo modo, col forte calore, si sviluppava una reazione chimica che trasformava i massi in una pasta denominata calce spenta. Pronta all’uso, poteva essere adoperata sotto forma di malte o in grandi quantità per l’edilizia (come stucchi o pitture), oppure in agricoltura per il trattamento dei terreni e degli alberi o nell’allevamento per la disinfezione delle stalle, porcili e pollai. «Purtroppo gli artigiani custodi di questo piccolo ma significativo periodo di storia stanno scomparendo e con loro andrà a perdersi un importante tassello della nostra storia», rileva Giamboni. La parrocchia di Ghirone ha quindi promosso questo progetto per valorizzare e riportare alla luce «questo frammento di cultura che costituisce parte d’identità del patrimonio dell’Alta Valle di Blenio».