L'Irb festeggia un quarto di secolo di vita e guarda avanti a nuovi progetti, tra cui quello di diventare un centro di competenza sull'invecchiamento
Spirava aria di festa, questa mattina, nella hall dell’Istituto di ricerca in biomedicina (Irb), in occasione della celebrazione dei 25 anni di esistenza di un polo scientifico di eccellenza, con i suoi oltre 160 collaboratori. Da quel 24 giugno 1997, quando il professor Giorgio Noseda, a nome di un gruppo formato da Marco Baggiolini, Franco Cavalli, Carlo Maggini, Claudio Marone e Jean-Claude Piffaretti, aveva sottoscritto con l’allora sindaco di Bellinzona Paolo Agustoni, l’atto di costituzione della fondazione per l’Istituto di ricerca in biomedicina, di acqua sotto i ponti ne è passata a fiumi. E, come ha sottolineato Gabriele Gendotti, attuale presidente del consiglio di fondazione (con lui e con il direttore Davide Robbiani, laRegione ha pubblicato un'intervista il 29 agosto), in questo quarto di secolo «grazie alla costituzione dell’Università della Svizzera italiana, della Supsi e degli istituti di ricerca Irb, Ior e Eoc, il Ticino della ricerca nel campo delle scienze della vita ha fatto passi da gigante».
E, visto che di materie scientifiche si sta parlando, per farsi un’idea dello sviluppo dell’Irb nei primi 25 anni di vita ci si può affidare ai numeri: i gruppi di ricerca sono passati da 4 a 13, i collaboratori da 20 a 164, sono stati formati 135 dottorandi e sono apparse su riviste scientifiche 960 pubblicazioni di ricercatori Irb, sono stati registrati 46 brevetti e costituite 3 spin-off. «In questi anni sono stati centrati tutti gli obiettivi che i promotori si erano prefissati – ha aggiunto Gendotti –: quello di contribuire all’avanzamento della ricerca in settori scientifici di particolare attualità, quello di stimolare e rafforzare la ricerca biomedica in Ticino e quello di contribuire all’insegnamento e alla formazione continua nei campi della biologia e della medicina. E in quest’ultimo settore, particolarmente importante è risultata l’affiliazione all’Usi, la quale può ora offrire a studenti svizzeri e stranieri un master in medicina umana e una facoltà di scienze biomediche, con l’auspicio di poter realizzare a partire dal 2027, in collaborazione con Irb e Ior, un master nel campo della biomedicina».
In 25 anni è stato fatto molto, ma assai di più può essere ottenuto in futuro. Ancora Gendotti: «Un istituto come il nostro deve continuare ad avere ambizioni di crescita. Ma questo significa individuare nuovi strumenti di raccolta fondi e nuovi partner per ottenere maggiori risorse. Perché se l’attività di ricerca continua a crescere, i finanziamenti di base da parte degli enti pubblici (Confederazione e Cantone) stagnano e non tengono conto dell’evoluzione dei costi».
Per quanto attiene ai progetti futuri, sono due quelli su cui mettere l’accento: uno scientifico, l’altro strutturale. Infatti, oltre alla costruzione di una Guesthouse con 24 monolocali e due piccoli appartamenti per studenti, dottorandi e ricercatori (apertura, si spera, a metà 2027), spicca «l’ambizioso progetto di ottenere un cosiddetto Nccr e diventare un centro di competenza di ricerca nazionale sul tema dell’invecchiamento (aging) e delle malattie a esso connesse», ha concluso Gendotti.
Ai festeggiamenti avrebbe dovuto presenziare anche il Consigliere federale Guy Parmelin, responsabile del dipartimento dell’economia, della formazione e della ricerca, il quale ha però dovuto declinare l’invito per volare a Washington nel quadro delle trattative sui dazi imposti dall’amministrazione statunitense. A portare il saluto della Confederazione ci ha pensato Laetitia Philippe, vice-direttrice della Segreteria di stato per la formazione, la ricerca e l’innovazione. La quale ha tenuto a ricordare quanto la Berna federale «sia convinta della qualità dell’Irb. Per questo lo sostiene, dal 2008, come istituto di ricerca d’importanza nazionale. La crescita registrata negli ultimi anni, così come la creazione di nuovi gruppi di ricerca, testimoniano la sua attrattiva. Tengo a sottolineare in particolare l’impegno nella formazione delle nuove generazioni nella ricerca biomedica. State investendo nel futuro in un settore importante sul piano scientifico, sociale ed economico».
La mattinata di festeggiamenti è trascorsa sotto il segno del bambù. E quale sia la relazione che lega l’Irb al bambù lo hanno sottolineato i numerosi oratori saliti al palco: «Trovo che il simbolo scelto per questo anniversario, il bambù, sia particolarmente evocativo – ha ricordato la professoressa Luisa Lambertini, rettrice dell’Usi –: una pianta che cresce lentamente all’inizio, sviluppando radici solide e invisibili, per poi slanciarsi con forza e rapidità verso l’alto. L’Irb ha seguito un percorso simile: un lavoro paziente e lungimirante, fatto di dedizione e visione, che ha permesso di costruire basi solide e che oggi è un’ottima base per proiettarsi con vigore verso nuove altezze. Nel futuro immediato mi auguro che l’intenso lavoro preparatorio per l’ottenimento di un Nccr nel campo delle scienze della vita porti i risultati attesi. Ottenere un centro di competenza nazionale dedicato all’invecchiamento e alle malattie correlate rappresenterebbe un passo significativo: consentirebbe di rafforzare la massa critica di ricercatori, attrarre talenti internazionali, potenziare le infrastrutture e creare nuove sinergie tra ricerca di base, clinica e innovazione tecnologica. Al tempo stesso, indipendentemente dall’esito di questo progetto, l’Irb e l’Usi hanno già messo in campo nuove iniziative nei settori dell’aging, dell’oncologia e dell’immunologia. Tra queste spicca la creazione (nel prossimo futuro) di un nuovo master in immuno- onco-biomedicina (la denominazione esatta non è ancora stata scelta), pensato per formare le future generazioni di specialisti in ambiti cruciali per la medicina del domani. Queste iniziative rappresentano non un punto d’arrivo, ma il preludio a un progetto ancora più ambizioso, da affrontare sul lungo periodo: la creazione di un ospedale universitario ticinese, da sviluppare insieme all’Ente ospedaliero cantonale secondo un modello innovativo, sostenibile e calibrato sulla nostra realtà regionale».
Il professor Giorgio Noseda, presidente onorario Irb, ha voluto tracciare l’istoriato dell’Istituto, ricordando l’immediato successo, certificato dalle parole del premio Nobel per la medicina Werner Arber, il quale, chiamato dalla Confederazione a esprimere un parere per l’ottenimento dei sussidi federali, aveva sostenuto la causa dell’Irb. Giudizio condiviso da un altro premio Nobel, Renato Dulbecco, poi entrato a far parte del consiglio scientifico dell’Istituto.
Come ha ricordato Laetitia Philippe, l’Irb è nato come singola cellula e si è poi sviluppato in un organismo pluricellulare e ramificato. A livello nazionale come internazionale. Con lo Ior (Istituto di ricerca oncologica), la collaborazione è strettissima, al di là degli spazi condivisi nello stabilimento di via Chiesa, tanto che per il suo fondatore e presidente Franco Cavalli «in futuro una fusione tra i due istituti non è più una parola vuota, ma potrà diventare una realtà». Per il momento, lo Ior ha deciso l’edificazione di un nuovo centro di ricerca adiacente all’edificio attuale Irb, «in modo che la nuova struttura possa compensare le mancanze di quella attuale, con la creazione di un auditorium da 300 posti, nuove aule e una mensa. Sono ottimista per natura, per cui spero possa entrare in funzione a inizio 2029».