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Aggregare tutta la Calanca? ‘Ci vuole una forte convinzione collettiva’

A Selma si è festeggiato il decennale della prima fusione. Il Cantone gradirebbe la riattivazione del tema, come auspicato dalla vicesindaca di Buseno

Amarcord: ottobre 2014, venivano eletti nel Municipio del nuovo Comune Fiorenzo Daldini, Anton Theus, il sindaco Rodolfo Keller, Manuela Tommasi e Andrea Marghitola
(Archivio Ti-Press)

Giornata di festa collettiva oggi a Selma per degnamente sottolineare il decennale dell'aggregazione fra gli ex Comuni di Arvigo, Braggio, Cauco e appunto Selma che a partire dal gennaio 2015 diedero vita al Comune di Calanca. Che a dispetto del nome assunto non riunisce tutti i Comuni della valle, mancando all'appello Rossa, Buseno, Castaneda e Santa Maria. A tre giorni dalle riflessioni che la granconsigliera e vicesindaca di Buseno, Rosanna Spagnolatti, ha dedicato al tema su queste colonne avanzando l'auspicio che l'aggregazione torni nei prossimi mesi nell'agenda della politica locale e cantonale, il tema è echeggiato sia sabato durante la Giornata Grigionitaliana tenutasi proprio a Buseno in contemporanea all'evento Calanca Biennale, sia domenica appunto a Selma dove la ricorrenza è stata ufficialmente sottolineata alla presenza del consigliere di Stato Martin Bühler, direttore del Dipartimento finanze e dei Comuni. E le parole di Spagnolatti non sembrano essere cadute nel vuoto, anzi. Questo a tre anni dagli ultimi nostri articoli dedicati al tema (riflessioni fatte in ordine un po' sparso da Buseno, Castaneda e Santa Maria), dopo i quali è tornato dormiente.

Nell'aprile 2014, ricordiamo, gli abitanti votarono l'aggregazione con un netto 80% di ‘sì’. Se non è un record, poco di manca. Ma sono tre i primati che rendono unica quell'aggregazione. Li elenca Simon Theus, sostituto del capo dell'Ufficio cantonale dei comuni, intervistato da Keystone-Ats. «È stato uno dei progetti più veloci che abbiamo seguito. Non abbiamo fatto molte riunioni. È l'unico a non aver avuto voci contrarie nei quattro ex-comuni», intese come prese di posizioni ufficiali critiche prima della chiamata alle urne, che come si è visto ha comunque raccolto il 20% di scettici. «Ed è una delle aggregazioni più economiche, considerato il sostegno cantonale pari a 1,2 milioni di franchi».

Secondo il funzionario è anche interessante, come si accennava prima, il nome scelto: Calanca. Già allora c'era l'idea di creare un Comune unico di valle. Ma da un decennio a questa parte poco si è mosso in questa direzione, auspicata a chiare lettere anche da Coira. «Non è che sia successo nulla. Discutiamo in modo intenso con le autorità della valle. Purtroppo però siamo rimasti al livello delle discussioni, senza procedere con passi concreti», si rammarica Theus. Ma la speranza che dai Comuni di Castaneda, Santa Maria, Buseno, Calanca e Rossa nasca un giorno un'unica località non è ancora persa. Theus cita l'esempio di un altro Comune nel Grigioni italiano: «In Bregaglia già negli anni 70 si parlava di aggregazione. Ma ci sono voluti ben trent'anni finché non si è affrontato il tema in modo concreto. La fusione è poi avvenuta nel 2010».

Gli elementi necessari per una fusione

Ma come si spiega Theus questo decennio di stallo? «Ci sono diverse visioni su come dovrebbe svilupparsi strutturalmente la Val Calanca. C’è chi ritiene che un comune di 800 abitanti sarebbe troppo debole e si dovrebbe fusionare con parte della Mesolcina». E in effetti Castaneda, che si affaccia sulla vallata esterna, già da anni accenna a una possibile fusione con Grono. Secondo Theus quest'unione potrebbe creare seri problemi: «Il resto della valle verrebbe indebolito fortemente. Anche solo se pensiamo all'unica scuola della Calanca, che ha proprio sede a Castaneda, metterebbe in difficoltà gli altri paesi». Ecco perché, per evitare una frammentazione, il Cantone ritiene necessaria una fusione collettiva della valle.

Ma per questo serve tempo e pazienza. Sono due degli ingredienti necessari per portare avanti un'aggregazione. «Ci vuole la convinzione che assieme si dà vita a una struttura migliore, più efficiente anche in termini finanziari. E sono necessarie anche le persone influenti, che vedano le opportunità in una fusione», spiega Theus. Il funzionario prende come esempio il primo sindaco di Calanca, Rodolfo Keller. Un decennio fa era riuscito a convincere i circa 200 abitanti di Arvigo, Braggio, Cauco e Selma a unirsi. La spinta deve quindi avvenire in loco. L'unione, ricorda Theus, è importante anche per affrontare e gestire le crisi. Basti pensare alla frana del Pizzo Cengalo in Bregaglia o alla frana di Brienz/Brinzauls nel cuore dei Grigioni. In entrambi i casi sono stati colpiti due comuni che 10 e 15 anni fa si sono uniti, ovvero Albula/Alvra e Bregaglia. «È impossibile gestire catastrofi simili in un piccolo comune», afferma Theus.

La situazione nel resto del Cantone

Non solo in Val Calanca, ma anche nel resto dei Grigioni il movimento delle fusioni ha perso dinamicità. Un fatto normale secondo Theus. «Nel 2001 c'erano ancora 212 comuni. In poco più di vent'anni il numero si è dimezzato e sono nati dei comuni più forti». Fra questi ci sono ad esempio Surses nella Val Sursette, Lumnezia in Surselva o Scuol in Bassa Engadina. Quest'ultimo è il più grande a livello nazionale in termini di superficie. Il tema rimane attuale in diverse regioni, come ad esempio in Alta Engadina o in Prettigovia. Ma la prossima fusione avverrà probabilmente nei Grigioni centrali. «Il prossimo progetto concreto è quello che riguarda Schmitten nella Valle dell'Albula, che vorrebbe fusionare con Davos». Mancano ancora diversi passi per far sì che ciò diventi realtà. Se tutto filerà liscio, il funzionario spera di riuscirci entro il primo gennaio 2027. I Comuni grigionesi arriverebbero così a quota 99.

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