Nel ‘dopo Marco Solari’ profondi cambiamenti interni con (fra l'altro) licenziamenti e partenze indotte. Fra esse, due eccellenti che hanno fatto rumore
“Ampi margini di ottimizzazione, sia sul fronte dei costi, sia su quello dell’efficacia operativa”. Si nasconde spesso dietro questa formulazione, tanto del “non detto” nei processi di ristrutturazione o riposizionamento aziendale. Non fa eccezione il Locarno Film Festival, la cui “ristrutturazione della governance” messa in atto nel “post Marco Solari” sta portando a profondi cambiamenti interni, con conseguenze significative. Lo dimostrano gli echi di un malcontento non solo per le scelte organizzative e strategiche, ma anche per i metodi, da alcuni giudicati non all’altezza della sostenibilità sociale che dovrebbe caratterizzare il Locarno Film Festival.
Dei licenziamenti avvenuti al Festival nel ’24 il Ceo Raphaël Brunschwig e il vicepresidente Luigi Pedrazzini avevano deciso di parlare il 13 maggio, nel corso di una seduta extra-muros della Commissione della gestione del Gran Consiglio, presto chiamata a firmare il rapporto sulla richiesta di credito di 17 milioni di franchi (3,4 milioni all’anno) per il periodo 2026-2030. Inevitabilmente raggiunti dai media, i due avevano detto di «voler giocare a carte scoperte» e lo avevano fatto parlando appunto di 4 licenziamenti, avvenuti nell’ottobre scorso, a danno di persone le cui posizioni, nell’ambito della ristrutturazione, «non si giustificavano più o dovevano essere svolte con nuove competenze professionali».
In realtà, sul fronte interno, l’anno scorso le partenze registrate non si sono limitate ai 4 licenziamenti comunicati alla Gestione (e anticipati in assemblea lo scorso autunno). In totale sono state più del doppio: 10. Brunschwig, interrogato dal nostro giornale, ribadisce che «le disdette legate alla ristrutturazione sono state 4 e altre 4 le dimissioni volontarie (cifra in linea con le consuete percentuali di turnover, che dal 2016 a oggi si attestano attorno all’11% annuo), più 2 uscite avvenute per altri motivi nella prima parte dell’anno (un contratto di tirocinio arrivato a termine e un licenziamento per motivi non legati alla ristrutturazione)». In 3 dei 4 casi di disdetta si sarebbe «riusciti a esplorare insieme soluzioni consensuali, cercando, nei limiti del possibile, di favorire il reinserimento professionale o attivare misure di supporto».
Svariate testimonianze raccolte dal nostro giornale indicano tuttavia che nell’ambito della trasformazione interna sarebbe stata, in determinati casi, persa di vista la dimensione umana. Entro i paletti molto stretti di una descrizione che non permetta di individuare con eccessiva facilità i singoli profili, emergono varie fattispecie: superamenti gerarchici improvvisi e considerati ingiustificati da chi li ha subiti; licenziamenti in età avanzata dopo anni di servizio; situazioni familiari non sufficientemente considerate; e comunicazioni estemporanee dell’interruzione del rapporto di lavoro, per interposta persona, dopo anni di permanenza e senza motivazioni convincenti.
Com’è ovvio in circostanze simili, reazioni negative erano nate internamente al Festival fra i colleghi dei sacrificati, propagandosi poi rapidamente anche verso l’esterno. Questo perché licenziamenti e partenze volontarie o indotte rappresentano soltanto una parte dell’opera di ristrutturazione. L’altra parte è costituita dai contratti temporanei esterni (in “outsourcing”) non rinnovati a collaboratori attivi in alcuni settori-chiave della rassegna. Uno è la logistica, l’altro è l’“Image & Sound”, che ha visto la clamorosa decisione di uscire di scena, dopo circa 30 anni, da parte di due figure storiche del Festival come Patricia Boillat ed Elena Gugliuzza. Il motivo: negli ultimi due anni, con l’introduzione nell’organigramma del Festival di nuove figure dirigenziali, l’“Image & Sound” si è sentito progressivamente deprivato di un suo consolidato equilibrio interno, determinando così la partenza delle due responsabili. In una lettera aperta inviata ad alcune centinaia di persone “che hanno fatto parte del nostro mondo al Locarno Film Festival” – come si può leggere nella missiva stessa –, le ex responsabili di settore esprimono disagio per quella che definiscono “una rivoluzione copernicana volta più a smantellare che a preservare”.
Tale “rivoluzione” nasce da “scelte dirigenziali degli ultimi due anni, mai veramente condivise e tematizzate con noi; risoluzioni irrevocabili che hanno di fatto imposto, già nel 2024, una subordinazione e un inizio di ripartizione ‘parziale’ delle competenze del settore ‘Image & Sound’ ai nuovi dipartimenti, in un contesto in cui la nostra polivalenza e trasversalità non erano più considerate un valore aggiunto”. Ciò le ha dunque portate “a non poter più immaginare di condividere le priorità, i principi e le sfide di un Festival che non riconosciamo più come il nostro”.
Oltre che delle due responsabili, in questo modo, il Festival ha scelto di privarsi di “diverse persone chiave del nostro settore (una quindicina, ndr) che nonostante i lunghi anni di fruttuosa collaborazione non sono state contattate dal Festival che per la ricezione di un’e-mail dove hanno preso conoscenza che il loro contratto non sarà rinnovato”. Inoltre, “alcune persone non ancora ufficialmente ‘scartate’ sono sempre in attesa di risposte in merito al loro futuro prossimo”.
A “curricolo”, per Gugliuzza e Boillat (spesso accompagnate da un’équipe costruita nel corso degli anni) rimangono iscritti il sistema audio in Piazza Grande (messo a punto nell’88 e poi aggiornato nel 2000, nel 2008 e nel 2017); il corrispettivo al Fevi (1988, aggiornato nel 2000 e nel 2022 e poi salvato dopo la grandine del 2023, insieme al resto delle infrastrutture danneggiate); la seconda (1990) e la terza cabina di proiezione in Piazza Grande (2007); nel 1994 l’ampliamento dello schermo originale progettato dal Vacchini nel 1971 per Piazza Grande; le sigle del Festival (2001, 2010 e 2013); lo Spazio cinema (2002); le proiezioni architettoniche di Piazza Grande e l’illuminazione del palco (2008); la clip antipirateria che dal 2006 passa prima di tutti i film in tutte le sezioni; nel 2017 la rivitalizzazione del GranRex e la pianificazione audiovisiva delle 3 sale del Palacinema; il progetto di realtà virtuale del 2019; e la messa in rete dei siti di proiezione fissi e temporanei per la distribuzione smaterializzata dei film (2022-24).
Proprio riguardo alle esternalizzazioni “internalizzate”, Brunschwig commenta che «le riflessioni sulla nuova gestione del Festival ci hanno convinti a evitare, per quanto possibile, l’esternalizzazione di attività importanti, e questo anche per evidenti motivi di sicurezza e di continuità del servizio. Con la nuova organizzazione è diventato chiaro che il Festival non può continuare a dipendere eccessivamente da risorse esterne, che potrebbero non essere garantite di anno in anno. Andavano create maggiori sinergie all’interno dell’organizzazione stessa». Stando al Ceo «le discussioni con le persone coinvolte in realtà erano iniziate già anni fa ed è possibile che ci siano stati dei malintesi con alcuni collaboratori chiave, ma esterni, riguardo al loro coinvolgimento nell’edizione attuale: ci dispiace, anche perché non è mai stata in discussione la qualità del loro lavoro, bensì l’affidabilità futura».
Alla domanda sul perché dell’ampia ristrutturazione Raphaël Brunschwig risponde che «i nostri finanziatori, e in particolare il Cantone, ci hanno chiesto di adottare al più presto misure adeguate per raggiungere il pareggio di gestione, intervenendo sia sui costi, sia nella ricerca di ulteriori fonti di finanziamento. Ma la ristrutturazione riflette anche la direzione strategica adottata dal nuovo Cda: i fondi a disposizione devono essere messi in maggior misura a disposizione delle attività artistiche. Ciò richiede un’ottimizzazione dei processi, riducendo il costo della gestione operativa. Il tutto a parità di qualità e in favore dell’offerta artistica. Per essere sostenibile il Festival deve poter presentare dei pareggi di gestione e mantenere riserve sufficienti per emergenze o situazioni inaspettate (meteo, pandemie) e per finanziare progetti di crescita. Nel 2024, dopo diversi anni di deficit, abbiamo praticamente chiuso in pari, e ora stiamo lavorando allo stesso obiettivo per il 2025. Bisognerà anche ricostituire le riserve, che attualmente ammontano al 5% del costo di un’edizione del Festival: decisamente troppo poco».
Aggiunge infine il Ceo che «il Festival deve rimanere al passo coi tempi. Servono nuove tecnologie, nuove idee, nuovi metodi. Nessuno è stato escluso da questa riflessione, e qui la riorganizzazione della struttura del Festival in sei dipartimenti ci ha permesso di analizzare ogni questione dai vari punti di vista, da quello finanziario e logistico a quello artistico. Abbiamo scelto di proseguire con chi ha saputo accogliere questa sfida con spirito costruttivo. L’obiettivo è mettere il Locarno Film Festival nelle condizioni di essere ancora più incisivo sul piano culturale perché più robusto sul piano organizzativo e finanziario».
«Quello del Gran Consiglio è da intendere quale sostegno alla manifestazione culturale, il cui enorme impatto a più livelli (culturale, sociale ed economico), per il Locarnese e non solo, giustifica l’importo. Se, oltre che di cinema, parliamo di turismo, di immagine della città e di promovimento del territorio, il Festival è qualcosa di inestimabile, un fiore all’occhiello per tutto il Ticino. Questo come indotto generale, ma anche in scala minore, come dimostrano i benefici diretti o indiretti per molte piccole realtà locali». È la premessa di Fabrizio Sirica, correlatore del rapporto gestionale sulla richiesta di credito. A proposito delle condizioni di lavoro «va innanzitutto precisato che la politica ha competenze limitate per influenzarne le scelte, perché la parte organizzativa ed esecutiva sono aspetti che competono esclusivamente al Festival. È tuttavia chiaro che v’è sempre la richiesta che i fondi erogati vengano gestiti con grande attenzione alla sostenibilità sociale».
Sirica aggiunge però che «in virtù della spiccata attenzione per le condizioni di lavoro, abbiamo approfondito la questione. Come correlatori abbiamo trovato grande collaborazione da parte della dirigenza del Festival, che con spiegazioni trasparenti e articolate ci ha rassicurato su tutti gli aspetti sollevati: dalla necessità di cambiare modello e avere nuovi profili professionali, così come rispetto ai mandati esterni. In quest’ambito posso affermare che la volontà di internalizzare aspetti strategici chiave è sicuramente legittima e coerente con il sostegno pubblico, che mira a finanziare il Festival innanzitutto per la promozione dei contenuti culturali».