Locarnese

‘Le botte ci sono state. Ma non è un duplice tentato omicidio’

Al processo per la lite del 10 novembre scorso, la difesa smonta le tesi dell'accusa e chiede la scarcerazione dell'imputato 46enne

La sentenza è attesa nel tardo pomeriggio
(Ti-Press)
20 agosto 2025
|

È iniziato con l'arringa dell'avvocato difensore Stefano Stillitano il secondo giorno del processo a carico del 46enne che lo scorso 10 novembre aveva aggredito gli anziani genitori a Losone, prima con le mani poi con un coltello.

Ieri alle Assise criminali di Locarno la procuratrice pubblica Chiara Buzzi non aveva esitato a chiedere una condanna a cinque anni di reclusione per tentato omicidio intenzionale ripetuto. Oggi, dinnanzi alla stessa Corte, presieduta dal giudice Curzio Guscetti (affiancato dai giudici a latere Giovanna Canepa Meuli e Luca Zorzi), ha preso la parola la difesa, che ha tracciato i contorni di uno scenario ben diverso, arrivando a proporre la scarcerazione immediata dell'accusato: «Questo dramma famigliare ha radici profonde ed è stato alimentato dal complesso rapporto con i genitori, quasi mai presenti nella vita dei figli. Il padre trattava con disprezzo l'imputato, lo annichiliva e usava le maniere forti – ha ricordato Stillitano –. Non solo botte, ma anche assenza emotiva. Lo denigrava in pubblico». Stando all'avvocato, anche da parte della madre era mancato il necessario supporto. Tanto che il suo assistito, quando era ventenne, si è rivolto a uno psicologo; una scelta che ha fatto arrabbiare suo padre che non ha esitato a sminuirne le fragilità. Il figlio è rimasto in terapia per 26 anni, con ben cinque ricoveri in clinica.

«Un'escalation durata anni, come è emerso in fase d'inchiesta dalle dichiarazioni delle sorelle dell'imputato, che hanno ribadito come il fratello sia rimasto incastrato in questa situazione. Umiliazioni e maltrattamenti in casa che si aggiungevano al bullismo che subiva a scuola. L'imputato ha covato la rabbia per lungo tempo; prima dello scorso 10 novembre, tuttavia, non era mai arrivato alle vie di fatto». Ma l'ira, con la complicità di un tasso alcolemico del 2 per mille, è esplosa. «Quella mattina si è presentato dai genitori: era ubriaco e aveva assunto psicofarmaci. Ma era calmo. Voleva parlare della sua dipendenza dall'alcol e spiegare il suo stato d'animo. Pretendeva delle scuse dal padre per tutto quello che gli aveva fatto subire. Cercava un abbraccio ed è stato nuovamente svilito e ridicolizzato dal genitore».

Stillitano, citando il rapporto di un perito, ha segnalato che se non fosse stato sotto l'influsso dell'alcol, il suo assistito non avrebbe reagito con la violenza. Riallacciandosi agli eventi ha sottolineato che l'intervento del vicino, seppur provvidenziale, è arrivato diverso tempo dopo l'inizio dell'alterco. «Ha visto l'imputato chino sulla madre con il braccio sollevato e con un coltello in mano: era una situazione di minaccia. Non ha sferrato il colpo, nonostante ne avesse avuto il tempo. Non voleva uccidere. Il padre ha ricevuto pugni in faccia e un calcio al costato, ma le pedate al torace non sono state provate e la perizia medica non ha riscontrato lesioni gravi. In sostanza non è stato colpito nessun punto vitale. Qualche giorno sotto controllo e antidolorifici sono bastati per guarirlo. Non si può certo parlare di tentato omicidio, ma semmai di lesioni semplici, punibili solo su querela di parte».

Per la madre il discorso è simile: ci sono state lesioni (frattura del naso e leggere lacerazioni da arma da taglio sul collo) e la ferita da coltello a un dito della mano, che però non ha spiegazioni certe: ha afferrato lei stessa la lama o ha alzato il braccio per schermarsi ed è stata colpita? Un aspetto che l'inchiesta non ha chiarito. E non si sa neppure se il coltello in cucina lo abbia preso il 46enne per l'aggressione o la donna per difendersi. Neppure lei è mai stata in pericolo di morte e non ha subìto colpi in zone vitali del corpo. «La dinamica esatta non la conosciamo. Non possiamo condannarlo senza sapere come si sono svolti i fatti. Se voleva uccidere i genitori avrebbe avuto il tempo per farlo e la forza necessaria. La sua unica intenzione era quella di punirli».

In caso di lesioni semplici qualificate, l'avvocato ha chiesto una condanna di nove mesi, sospesa con la condizionale e un trattamento ambulatoriale. In caso di lesioni gravi 20 mesi, pure sospesi. «Il carcere non è il posto giusto per il mio assistito: si è isolato e in pochi mesi ha perso 30 chili. Deve essere seguito». Infine, pure se la pena sarà superiore ai tre anni, è stata chiesta la sospensione a favore di un trattamento ambulatoriale.

Il giudice, infine, ha dato la parola al 46enne: «Sono pentito per quello che ho fatto. Chiedo pubblicamente scusa ai genitori e nonostante tutto gli voglio bene». La sentenza è attesa nel tardo pomeriggio.

Leggi anche: